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    Guerra in Siria, Diario dal Rojava: i presentimenti non sono buoni. “Ci sarà una nuova ondata di violenza incontrollata”

    Il racconto del conflitto dall'inviata sul campo di TPI, Benedetta Argentieri

    Di Benedetta Argentieri
    Pubblicato il 26 Ott. 2019 alle 07:32 Aggiornato il 18 Nov. 2019 alle 14:08

    Guerra Turchia-curdi: diario dalla Siria – 26 ottobre

    Di Benedetta Argentieri, inviata per TPI nel Rojava

    Ci sono dei giorni in cui i presentimenti sono davvero negativi. Una sensazione molto difficile da scrollarsi di dosso, soprattutto di questi tempi. Oggi è uno dei quelli. “Ci sarà una nuova ondata di violenza incontrollata, ci prepariamo a un nuovo attacco. E allora sarà guerra totale”, si mormora in alcuni ambienti militari.

     

    La guerra è già nel nordest della Siria, ma la percezione è quella che la situazione potrebbe precipitare da un momento all’altro. Ancora una volta la Turchia non si ferma e continua gli attacchi al di fuori della “zona di sicurezza”. I negoziati con la Russia non hanno dato gli effetti sperati, e nonostante le Forze Democratiche Siriane abbiano rispettato il cessate il fuoco, continuano a essere attaccate.

    > Il bollettino di TPI sulla guerra in Siria, con le ultime notizie

    Il loro appoggio a milizie islamiche radicali non aiuta, infatti una volta dato il via libera sono molto difficili da controllare. E Ankara lo sa molto bene, vista l’esperienza ad Afrin. Il Rojava Information Center ha messo insieme una lista di 29 milizie che oggi attaccano, saccheggiano, perseguitano la popolazione civile. Non attaccano solo i militari.

    Si va dalle più famose come Ahrar al-Sharqiya, uno spin off dello Stato Islamico, ad Ahrar al-Sham, attivo in altre parti della Siria e legato ad Al Qaida. Poi ci sono i meno i noti come la brigata Faith Sultan Mehmet, fondata nel 2012 e finanziata dalla Turchia. Molte di queste hanno partecipato agli incontri ad Astana e a Ginevra. E oggi si fanno i video mentre commettono crimini di guerra, mentre Ankara appoggia l’avanzata con armi a lungo raggio e copertura aerea. Tanto che diverse indagini puntano il dito contro la Turchia che nonostante tutto le usa come “proxy” per la guerra contro i curdi.

    Intanto il presidente turco Raceep Erdogan, in un’intervista televisiva, e davanti a una cartina, ha spiegato il piano. Cioè liberare tutta l’area a prevalenza curda per ospitare i rifugiati siriani. “I più adatti a questa zona sono gli arabi. Queste aree non sono adatte allo stile di vita dei curdi”, ha spiegato a TRT. La ragione: “C’è solo deserto”.

    Dall’inizio dell’offensiva, quasi 500 persone sono morte, migliaia sono rimaste ferite. Altre 300.000 sono dovute scappare da casa. E ogni giorno i curdi sembrano essere solo delle pedine in uno scacchiere mondiale di cui non importa veramente niente a nessuno. Le alleanze cambiano, e tutte le potenze occidentali tentennano quando c’è da prendere delle decisioni concrete rispetto al conflitto.

    “Chiediamo solo una nofly zone”, ha detto mercoledì Ilham Ahmed, la co-presidente del consiglio democratico siriano, al Congresso americano dove è stata ascoltata in un’audizione. Tutti sanno che sul terreno le Forze Democratiche Siriane sono imbattibili, o quasi. Ma non se vengono bombardate a tappeto. Forse è proprio questa reticenza ad ascoltare questo appello che fa pensare il peggio. Nonostante l’arrivo della polizia militare russa sul confine che dovrebbe servire da deterrente a un nuovo attacco su tutto il confine. Ma nessuno si fida di Mosca, né tantomeno del regime. E forse è per questo che oggi i presentimenti non sono buoni.

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