La tregua a Gaza si avvicina: cosa prevede la bozza di accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas

Le trattative in corso a Doha per un cessate il fuoco temporaneo tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza sono in fase talmente avanzata che, per la prima volta dall’inizio del conflitto dopo gli attentati del 7 ottobre 2023, i mediatori di Usa, Qatar ed Egitto hanno fatto circolare una bozza di accordo dettagliata.
Il piano segue le linee guida della proposta presentata a maggio scorso dal presidente uscente degli Stati Uniti, Joe Biden, e prevede un accordo in tre fasi: la liberazione di circa un terzo degli ostaggi israeliani ancora trattenuti nella Striscia, nuovi negoziati per il ritiro delle truppe israeliane da Gaza e quindi una serie di colloqui sul governo e sulla ricostruzione del territorio costiero. Inoltre, secondo l’emittente televisiva saudita al-Hadath, sarebbe stata anche fissata una data per l’entrata in vigore dell’accordo, che dovrebbe essere valido dal prossimo mercoledì 22 gennaio.
La bozza è già stata discussa dalle parti. Secondo il quotidiano qatariota al-Araby al-Jadeed infatti, in serata Hamas si riunirà per approvarla, mentre, per l’edizione online del quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha convocato una riunione con i vertici delle forze di sicurezza in cui ha discusso, tra l’altro, quando presentare l’intesa a tutti i membri del governo.
La proposta inoltre, secondo l’ufficio dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, che oggi ha avuto un colloquio telefonico con il presidente uscente degli Stati Uniti, è stata anche discussa a Doha tra il sovrano e gli inviati in Medio Oriente di Joe Biden e Donald Trump, Brett McGurk e Steve Witkoff. Tuttavia, esistono ancora alcune divergenze tra le parti.
Cosa prevede la bozza di accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hamas a Gaza
L’accordo si articola in tre fasi: la prima, che secondo l’emittente saudita al-Arabiya dovrebbe durare 42 giorni, prevede la liberazione di 33 ostaggi ancora in vita, tra cui minori, donne civili, soldatesse, anziani e malati, in cambio del ritiro delle truppe di Israele da diverse aree della Striscia, dove agli sfollati sarà permesso di tornare, aumentando al contempo il volume degli aiuti umanitari verso Gaza.
Se questa prima fase dell’intesa dovesse essere portata a termine, allora, nel 16esimo giorno dall’entrata in vigore dell’accordo, Tel Aviv inizierà i negoziati per la liberazione degli altri ostaggi rimasti, una sessantina tra militari, uomini in età di leva e persone già morte, e per il ritiro delle proprie truppe dal resto della Striscia.
In questo periodo tra la prima e la seconda fase, Israele dovrebbe continuare a mantenere il controllo del cosiddetto “Corridoio di Filadelfi”, lungo il confine tra Gaza e l’Egitto, e ad adottare una serie di “misure di sicurezza” per i civili residenti nella parte meridionale della Striscia che proveranno a tornare nel nord del territorio costiero palestinese.
Nella fase finale dell’accordo invece, lo Stato ebraico dovrebbe ritirare le proprie truppe dalla maggior parte della Striscia di Gaza e rilasciare centinaia di detenuti palestinesi, compresi, secondo l’emittente televisiva saudita al-Hadath, un numero imprecisato di condannati all’ergastolo, tra cui però non figura Marwan Barghouti. I soldati dell’Idf poi andranno a occupare una zona cuscinetto al confine tra il territorio costiero palestinese e Israele, sulle cui dimensioni si sta ancora discutendo.
Le divergenze tra Israele e Hamas sulla tregua a Gaza
L’accordo però non è stato ancora “finalizzato”. Domani mattina infatti è previsto un nuovo round di negoziati a Doha, in Qatar, per per definire gli ultimi dettagli, a cui parteciperanno anche gli inviati in Medio Oriente dell’amministrazione uscente e del presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump, Brett McGurk e Steve Witkoff, e i direttori del Mossad e dello Shin Bet, David Barnea e Ronen Bar.
Ma quali sono i punti dell’accordo ancora in ballo? Secondo il consigliere uscente per la sicurezza nazionale della Casa bianca, Jake Sullivan, le “formule” usate nella proposta di tregua riguardanti il rilascio dei detenuti palestinesi e il ritiro delle truppe israeliane da Gaza restano le principali fonti di disaccordo tra le parti.
“Le divergenze si sono sostanzialmente ridotte alle questioni chiave: le formule usate per lo scambio dei prigionieri e per definire i dettagli di come le forze israeliane saranno posizionate durante il loro ritiro dalla Striscia di Gaza e su come aumentare gli aiuti umanitari dopo aver sospeso le ostilità: questi sono i temi attualmente sulla carta”, ha dichiarato oggi Sullivan in conferenza stampa. “Siamo vicini a un accordo, e può essere concluso questa settimana”, ha aggiunto il consigliere uscente per la sicurezza nazionale della Casa bianca. “Non posso prevedere che accadrà e se tra cinque giorni non sarà successo, sarò la persona che probabilmente ne rimarrà meno scioccata”.