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Reportage TPI – Parigi e la Francia si ribellano: “Vogliamo lavorare per vivere. Ma non fino alla morte”

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Protestano da quasi tre mesi contro la riforma delle pensioni di Macron. Spesso fanno mestieri fisicamente impegnativi e hanno iniziato prestissimo. Ma in piazza ci sono anche i giovani, preoccupati di non trovare più un’occupazione: perché il prezzo più alto della nuova legge lo pagheranno i poveri

Da ormai più di due mesi centinaia di migliaia di manifestanti riempiono le piazze di tutta la Francia. Un movimento popolare di portata storica, che si oppone alla riforma pensionistica proposta da Macron e dalla prima ministra Èlisabeth Borne. Osteggiata dalla maggioranza della popolazione francese, la norma prevede l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni e l’aumento a 43 anni di versamenti richiesti rispetto agli attuali 42. Un’altra misura molto controversa è l’abolizione dei cosiddetti “regimi speciali” previsti per alcune categorie professionali (tra cui i lavoratori del settore energetico e dei trasporti pubblici), che al momento possono andare in pensione prima dell’età prescritta dalla legge.

Finora sono state undici le giornate di mobilitazione generale contro la riforma, l’ultima giovedì 6 aprile. Nonostante il governo francese abbia approvato la riforma, grazie all’utilizzo dell’articolo 49.3 della Costituzione che ha permesso a Borne di bypassare il voto dell’Assemblea Nazionale, le manifestazioni e gli scioperi non danno segno di indebolirsi. Al contrario, la tensione nelle strade francesi continua a salire, con il dispiegamento di decine di migliaia di agenti delle forze dell’ordine, e scontri sempre più violenti tra questi e i manifestanti.

Speranza di (quale) vita
Stéphanie, 50 anni, è impiegata dell’azienda Ratp, responsabile dei trasporti pubblici a Parigi e nell’Ile-de-France. «Ho iniziato a lavorare a 25 anni», racconta a TPI. «E quando ho cominciato avrei avuto diritto ad andare in pensione a 50 anni, con 25 anni di contributi versati». Le riforme che aumentano l’età pensionabile colpiscono soprattutto chi inizia a lavorare presto, quindi tendenzialmente colletti blu con impieghi spesso fisicamente impegnativi. «Dopo la prima riforma pensionistica di Sarkozy del 2010, l’età a cui sarei potuta andare in pensione è passata da 50 a 52 anni», continua Stéphanie. «Adesso, che mi mancherebbero solo due anni, con la nuova riforma sono obbligata a lavorare fino a 54 anni».

L’età pensionabile per Stéphanie è minore rispetto a quella prescritta dalla legge francese proprio perché la Ratp beneficia di uno dei regimi pensionistici speciali che la riforma abolirebbe. «Mentre chi già lavora qui manterrà il regime speciale, i nuovi dipendenti che la Ratp assumerà da adesso in poi dovranno anche loro aspettare i 64 anni per andare in pensione», ci spiega la donna, che è sindacalista per l’azienda e ha supportato tutte le manifestazioni e gli scioperi contro la riforma. Dal momento che i lavoratori della Ratp sono tra i più colpiti dall’abolizione dei regimi speciali, l’impresa è stata tra gli attori principali a opporsi alla riforma, con una serie di scioperi che hanno bloccato la capitale francese.

Un’altra professione particolarmente colpita dalla nuova legge è quella dei netturbini. A causa della gravosità del loro lavoro, possono al momento andare in pensione a 57 anni. La riforma di Macron aumenterebbe l’età pensionabile a 59 anni, e soprattutto innalzerebbe a 43 gli anni di contributi richiesti per il trattamento pensionistico completo. «Con le nuove misure previste dalla riforma, raggiungerei la pensione completa a 67 anni», spiega Nicolas a TPI. Decisamente contrario alla riforma, il netturbino di 42 anni ha partecipato a tutte le manifestazioni e si è unito allo sciopero che ha riempito le strade francesi di tonnellate di rifiuti.

«Fisicamente, per noi è impossibile lavorare fino a quell’età: già adesso sono pochi i netturbini che arrivano in buona salute alla pensione», spiega Nicolas, aggiungendo che passare la giornata a salire e scendere dal camion, sollevando e svuotando i cassonetti dell’immondizia, porta a gravi problemi di salute, soprattutto alle articolazioni, motivo per cui molti netturbini smettono di lavorare prima di raggiungere la pensione. «È un lavoro molto duro, già a 50 anni inizia a diventare difficile sollevare i cassonetti». Quella dei netturbini è infatti una professione caratterizzata da un’alta incidenza di infortuni sul lavoro e una speranza di vita più bassa rispetto alla media nazionale.

La questione della gravosità del lavoro è percepita come centrale rispetto alla riforma di Macron. Il sindacato nazionale dei professionisti della medicina del lavoro (Snpst), che riunisce i medici del lavoro francesi, ha espresso una forte opposizione alla riforma, invitando i suoi membri ad aderire alle giornate di sciopero e manifestazione. In una lettera aperta alla premier Èlisabeth Borne, il sindacato ha infatti espresso preoccupazione per quanto riguarda «il rischio medico rappresentato dall’innalzamento dell’età pensionabile», aggiungendo che «l’invecchiamento non è uguale per tutti, come non lo è la salute nel corso della vita». Il segretario generale del sindacato Jean-Michel Sterdyniak ha inoltre aggiunto che, basandosi sulla sua esperienza come medico del lavoro, sono molti i problemi di salute che colpiscono gli operai di oltre 55 anni, soprattutto nelle professioni più faticose, e questo implica che molti perdano il lavoro e rimangano disoccupati prima di raggiungere la pensione.

Generazione tradita
Ma nelle strade francesi non c’è solo chi è vicino alla pensione: sono tantissimi infatti i giovani in prima linea contro la riforma. «I media continuano a ripetere che noi giovani non abbiamo motivo di interessarci alla riforma delle pensioni», ci racconta François, uno studente universitario di 21 anni. «Quando in realtà siamo noi i primi ad esserne colpiti». Il ragazzo, che ha partecipato a tutte le giornate di mobilitazione svoltesi fino ad ora e ha organizzato varie conferenze nella sua università sull’argomento, spiega: «Prima di tutto, è chiaro che se non fermiamo questa tendenza finiremo per lavorare quasi fino alla morte: adesso vogliono fissare l’età pensionabile a 64 anni, ma una volta approvata questa riforma vorranno spingerla a 65 anni, poi a 67 e, perché no, a 70 anni».

Inoltre, François è preoccupato dalla questione occupazionale: «Tutte le persone che verranno costrette a rimanere al lavoro per due anni in più, corrispondono ad altrettanti posti di lavoro a cui noi giovani non potremo accedere». In Francia, secondo gli ultimi dati Eurostat, il tasso di disoccupazione tra i giovani di meno di 25 anni ha raggiunto il 17,6 per cento nel febbraio scorso. La preoccupazione che la riforma provochi ancora maggiori difficoltà per i giovani che cercano di entrare nel mondo del lavoro è quindi sempre più sentita. «Per noi giovani si tratta di un problema che ci riguarda da oggi stesso, non solo tra 40 anni».

Tra il 67 per cento dei cittadini francesi che si oppongono alla riforma ci sono quindi diverse categorie socio-professionali e fasce d’età. Tutti però sono d’accordo su una cosa: che a differenza di ciò che dice Macron, il piano pensionistico proposto dalla riforma non è più equo e più giusto di quello attuale. Al contrario, la riforma colpisce soprattutto i ceti meno abbienti e gli operai con mansioni gravose. L’effetto a lungo termine, avvertono molti ricercatori, è un aumento delle disuguaglianze.

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