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Intervista a Fauci: “L’Italia è un modello ma fate attenzione, il virus può tornare soprattutto al nord col freddo. Vaccino? A inizio 2021”

Immagine di copertina
Illustrazione di Emanuele Fucecchi

Luca Telese e David Parenzo hanno intervistato per "In Onda" Anthony Fauci, l'immunologo a capo della task force Usa sul Covid: "Negli Stati Uniti siamo ancora nella prima ondata. La colpa non è dei politici, ma della cittadinanza che ha un rapporto combattuto con le misure di sanità pubblica. Mascherine e distanziamento serviranno ancora per almeno sei mesi. Il vaccino potrebbe arrivare all'inizio del 2021. L'Italia si è comportata in maniera molto virtuosa, ma un ritorno del virus è un'eventualità concreta. Soprattutto al nord con il freddo"

Professor Fauci, negli Stati Uniti il virus corre a ritmo di 55.000 nuovi casi al giorno, in India siamo attorno ai 50.000 e in America Latina anche la situazione è molto grave. Per quale motivo secondo lei il virus colpisce ancora così duramente in queste zone?
Il virus colpisce duramente in quanto si diffonde in maniera spettacolare e molti cittadini non stanno rispettando il distanziamento fisico. Ovviamente se non si indossano le mascherine cresce il contagio. Gli Stati Uniti sono molto in difficoltà: assistiamo ad assembramenti e la cittadinanza non è molto disciplinata. Questo è un vero peccato in quanto vediamo talvolta anche 60.000 casi ogni giorno.

S&D

In Europa la situazione in questo momento sembra differenziata, ci sono nazioni come la Spagna, la Bulgaria e la Romania in cui il contagio cresce ed altre come l’Italia in cui invece si è ridotto o è stabile. Lei che spiegazione dà di questa doppio voltaggio del virus?
Ritengo che questo fenomeno possa essere spiegato in maniera relativamente agevole. Dipende dall’adesione alle misure preventive da parte dei cittadini: per esempio in molti paesi asiatici (Taiwan, Singapore, Hong Kong) abbiamo visto misure draconiane, la cittadinanza è stata molto disciplinata. Invece in alcuni stati degli USA (Texas, Florida) abbiamo visto immagini di assembramenti, persone senza mascherine e quindi il virus si diffonde più facilmente. La differenza è dovuta alle pratiche attuate a livello della cittadinanza.

Lei al Corriere della Sera qualche tempo fa aveva detto che siamo soltanto all’inizio della pandemia globale. Significa che una seconda ondata di contagi in autunno è ormai inevitabile?
Non penso che occorra parlare di una seconda ondata. Per esempio negli Stati Uniti ci troviamo ancora nel bel mezzo della prima, la curva non si è mai veramente abbassata. Quando si parla della seconda ondata, si parla di una seconda crescita: noi non ci troviamo in questa situazione, noi non siamo neppure usciti dalla prima ondata. Noi siamo veramente nei guai.

Mi dispiace. Secondo lei nei paesi in cui invece la curva è scesa, è possibile che ci sia un ritorno a una nuova crescita? E per esempio negli Stati Uniti, se scendesse, potrebbe crescere di nuovo?
È possibile. Sicuramente questo è uno scenario verosimile, soprattutto quando il clima cambierà, in autunno e in inverno la situazione potrebbe complicarsi. Inevitabilmente potrebbe sovrapporsi la stagione dell’influenza, potremmo assistere a una recrudescenza di casi e questo potrebbe complicare il quadro. Con il freddo, negli Stati Uniti oppure anche in Italia, in inverno, soprattutto nel nord d’Italia, ci sarà la possibilità, non l’inevitabilità, bensì la possibilità di una seconda ondata.

In Italia stiamo ormai assistendo da tempo a una sorta di guerra tra virologi: da una parte gli aperturisti e dall’altra quelli che invece vorrebbero chiudere, i cosiddetti catastrofisti. In America il mondo scientifico è più compatto e la guerra invece la fanno i politici, democratici e repubblicani?
Guardi, sono molto pochi a ritenere che il virus si stia contraendo, che stia sparendo. Esaminando i dati è seriamente impossibile affermare che il virus sta sparendo: 70.000 contagi ogni giorno, 1.000 decessi ogni giorno. Chiunque dica che il virus stia sparendo dalla circolazione non sta esaminando le cifre. Il virus non sta sparendo assolutamente.

Noi in Italia, scusi se la interrogo sul nostro paese, siamo passati da un picco di 1.000 morti al giorno ai dati di questi giorni, tre, quattro o cinque vittime in un paese di 60 milioni. Questo vuol dire che il virus è virtualmente quasi scomparso? Sarebbe soddisfatto se anche l’America arrivasse a questo risultato?
Ma certamente. Magari gli Stati Uniti si trovassero nella stessa situazione. È importante sottolineare che l’Italia e l’Europa in generale sono stati virtuosi. Mesi fa abbiamo visto che la situazione era drammatica al nord Italia, i casi si sono impennati in Italia e poi siamo arrivati a un livello molto basso. Quindi lei ha ragione, ora ci sono solo una manciata di casi ogni giorno e pochissimi morti, la situazione è analoga nel resto dell’Unione europea. Noi negli Stati Uniti siamo arrivati a un livello molto alto e siamo arrivati soltanto a un contagio di 10.000 casi ogni giorno, che è una soglia molto alta. Avendo riaperto il paese, abbiamo assistito a una recrudescenza di infezioni, la vediamo adesso in Florida, in Texas, in California. Siamo partiti da 20.000 per arrivare a 70.000 casi ogni giorno, quindi non siamo mai arrivati al livello bassissimo dell’Italia. Magari avessimo agito come voi.

E quindi ci sono delle responsabilità politiche evidentemente negli Usa?
Non penso si possa affermare una cosa del genere, non è proprio così. La colpa non è dei politici, il problema è che la cittadinanza negli Stati Uniti ha un rapporto combattuto con le misure di sanità pubblica. In molti hanno ignorato il distanziamento sociale oppure non hanno indossato le mascherine, in altri luoghi del paese invece c’è stata molta più attenzione. È mancata l’uniformità nella reazione al virus, la situazione è a macchia di leopardo e penso che la colpa non sia dei politici, la colpa più che altro è della configurazione del paese. Alla gente non piace ascoltare che cosa deve fare da parte delle autorità sanitarie ed è un problema.

Ha spiegato molto bene che il freddo in inverno, soprattutto nel nord Italia, potrebbe produrre una recrudescenza del virus, viceversa pensa che sia stato il caldo o i raggi ultravioletti o il mare o il clima asciutto dell’estate a produrre un abbattimento della carica di viralità che tutti i virologi italiani riscontrano?
Noi speravamo che le cose sarebbero andate così, cioè che con il caldo estivo si sarebbe verificata una diminuzione dei casi negli Stati Uniti. In questo momento io mi trovo nel Maryland, la temperatura è molto elevata, più di 30 gradi. In Florida addirittura la temperatura è oltre i 40. Tuttavia il virus sembra essere molto diffuso, pertanto la teoria del clima sembra non poter essere verificata.

Entriamo nel merito di alcune singole questioni che riguardano il virus: secondo lei è cambiato? Abbiamo delle evidenze scientifiche in merito che lo possono in qualche modo dimostrare?
C’è stato un cambiamento nel virus, una mutazione a un certo punto. Sembra che il virus abbia più facilità ad attaccarsi ai recettori del corpo e quindi in questo modo la trasmissione potrebbe essere più rapida, però la risposta ancora non è certa. Questo studio non è stato ancora verificato insomma. Potrebbe anche condurre a buone notizie perché in questo caso il virus sarebbe più reattivo. Purtroppo il virus non è cambiato e quindi in questo momento dobbiamo continuare con la ricerca sui vaccini. Tra un paio d’ore negli USA inizieremo un grande Trial-fase tre sul vaccino.

Lei ci ha spiegato che sono state molto utili, dove sono state usate, le misure di distanziamento sociale e le mascherine. La domanda che le faccio è: quand’è il momento in cui questa distanza sociale, l’uso delle mascherine, può essere attenuato? Perché per esempio molti piccoli locali e ristoranti in Italia non possono ancora riaprire perché c’è la raccomandazione di mantenere le distanze di sicurezza.
Penso sia davvero difficile formulare una previsione, è davvero difficile dire quando potremo liberarci delle mascherine e potremo fare a meno del distanziamento. Credo che saranno necessari almeno sei mesi. Questo virus ha una capacità di diffusione molto efficace, dobbiamo arrivare a un livello di diffusione bassissima oppure dovremmo arrivare a un vaccino efficace e sicuro e poi dovremo vaccinare gran parte della popolazione mondiale. Solo a quel punto potremo sentirci in una condizione tale da poter mettere da parte le mascherine ed evitare il distanziamento fisico.

A proposito sempre di mascherine e di distanziamento, quanto ha dovuto faticare per convincere il presidente Donald Trump a metterla anche in pubblico? Diciamo che l’esempio è molto importante, tutto quello che facciamo noi, quello che fa il mondo dei media, quello che fa il presidente della più grande nazione libera al mondo…
Lei ha assolutamente ragione, l’esempio è fondamentale. Recentemente, nell’ultima settimana, il presidente ha promosso e raccomandato l’uso della mascherina. Egli stesso, nonché il vicepresidente, stanno indossando la mascherina in pubblico. Non alla Casa Bianca però, ma durante gli eventi pubblici.

Il tema importante in Italia nel dibattito è quello di coloro che finiscono in trattamento, in cura. Ecco, stanno calando sempre di più e nell’ultima settimana per fare un esempio da noi c’è stato un solo malato grave. Calano anche il numero di coloro che si trovano in terapia intensiva. Lei pensa che questo sia un segnale decisivo per osservare l’abbattimento della pericolosità del virus?
Sono molto lieto di sentire che in Italia la situazione sia così positiva, che sia stato ridotto drasticamente il numero di pazienti in terapia intensiva però dobbiamo stare attenti. Il virus non è sparito dalla circolazione e potrebbe tornare, bisogna mantenere alta la guardia. Non dichiarerei vittoria ancora, fin quando non saremo assolutamente certi che in tutto il mondo il virus sarà debellato e non sarà più una minaccia.

Lei dice che l’Italia si è comportata in modo molto molto virtuoso: l’Italia da questo punto di vista è un modello?
Certo, l’Italia è un modello, è stata un’eccellenza per quanto concerne la reazione al virus.

Quando arriverà realisticamente il vaccino anti Covid?
Non sappiamo esattamente quando arriverà il vaccino, dobbiamo verificarne la sicurezza e l’efficacia e poi deve essere distribuito in tutto il mondo. Il trial del quale ho parlato prima verrà proprio inaugurato oggi negli Stati Uniti, nei prossimi mesi ci saranno altri trials clinici, uno a settembre, uno a ottobre, siamo moderatamente ottimisti. Entro la fine dell’anno solare e l’inizio del 2021 potrebbe arrivare un vaccino e potremmo essere in grado di distribuirlo. Non c’è alcuna garanzia, tuttavia siamo ottimisti sulla base delle analisi precoci delle fasi precedenti. Potrebbe arrivare il vaccino all’inizio del 2021.

Professore, non so se lo sa, ma in questo momento c’è un dibattito drammatico nel nostro paese sul tema della scuola: le famiglie chiedono a gran voce che riapra, le autorità l’hanno tenuta chiusa. Siamo l’unico paese d’Europa che non ha riaperto la scuola. Ecco, sulla base dei dati che lei conosce, dei meccanismi di contagio, è giusto essere così prudenti anche con i minori e anche con gli studenti delle scuole secondarie?
Negli Stati Uniti il dibattito è molto simile: stiamo cercando di riaprire le scuole, la posizione ufficiale è quella di fare del nostro meglio per riaprire i battenti degli istituti scolastici. Tuttavia occorre prestare attenzione all’attività virale, soprattutto in alcuni territori del paese. Gli Stati Uniti sono un paese assai vasto, molto eterogeneo geograficamente, demograficamente, nonché per quanto concerne il punto di vista epidemiologico. In alcuni paesi l’infezione è minima, in altre è molto elevata quindi la decisione relativa alle scuole deve essere duttile e deve poggiare sulla base del grado di attività virale a livello locale. Se le attività del virus è molto bassa allora noi faremo del nostro meglio per riaprire le scuole. In Italia, pertanto, tenendo conto che la diffusione del virus è molto bassa, come ha affermato lei precedentemente, occorrerebbe considerare seriamente la prospettiva di riaprire i battenti delle scuole.

Il mondo No Vax è molto molto attivo in diverse parti del globo, in Italia così come negli Stati Uniti. Secondo lei il vaccino anti Covid andrebbe reso obbligatorio per legge?
Penso che sarebbe una decisione molto difficile da attuare, mi riferisco alla vaccinazione obbligatoria. L’alternativa sarebbe quella di coinvolgere la popolazione, svolgere un’opera di convincimento, bisogna far capire ai cittadini perché è così importante il vaccino, quali sono gli effetti positivi su tutta la società. Penso che sia difficile attuare una vaccinazione obbligatoria, invece dovremmo cercare alacremente di convincere la popolazione a vaccinarsi.

Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo quando è finito il lockdown della Fase 1, adesso abbiamo il terrore che riprenda. Lei pensa che potrebbe esserci una chiusura differenziata per fasce anagrafiche, ad esempio per proteggere solo gli anziani o particolarmente gli anziani rispetto alla chiusura di tutti indistinta e generalizzata?
Spero che non si torni al confinamento, al lockdown, perché ha provocato comunque grossi problemi alla società. Ma se l’Italia manterrà livelli molto bassi di diffusione virale non vedo alcuna ragione per la quale occorra tornare al lockdown. Se manterrete un numero di casi molto bassi questa eventualità non si porrà neppure.

Quindi un tasso R sotto l’1% è quello che lei definisce “numero di casi molto bassi”?
Assolutamente sì, magari anche noi avessimo il vostro livello di diffusione del virus. Saremmo veramente molto lieti di trovarci nel vostro scenario.

Grazie mille e buona fortuna, speriamo di vederla presto, visto che lei comunque ha origini italiana: ha in programma nei prossimi mesi un viaggio in Italia?
Grazie, con piacere. Spero di poter venire quando potremo tornare a prendere l’aereo.

Leggi anche: 1. Il New York Times scrive che l’Italia è un modello nella gestione del Covid / 2. Usa 2020, nei sondaggi Biden avanti su Trump di 15 punti

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