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Anticipazione TPI – Il razzismo verso afroamericani e minoranze negli Usa raccontato da “Il fattore umano”

Non tutti i cittadini americani riescono a produrre ricchezza allo stesso modo: nell'inchiesta "Non abito più qui", primo di otto reportage del programma "Il fattore umano", al via stasera su Rai 3 alle ore 23.15, si racconta il razzismo economico, più sottile e invisibile rispetto a quello delle violenze delle forze di polizia, ma non meno pericoloso. L'anticipazione su TPI

“Amazon ha appena comprato tutti quegli edifici lì dietro, vogliono farci dei magazzini” – racconta arrabbiato un cittadino di San Francisco. Ai suoi occhi quello è solo l’ultimo esempio di una vera e propria colonizzazione in atto, ad opera dei vari Google, Apple, Facebook, Twitter: negli ultimi 15 anni la Silicon Valley è diventata la capitale mondiale dell’industria tecnologica e dei social media, ma ad un prezzo salatissimo per la comunità residente. La fortuna dei giganti del web è coincisa con l’invasione di centinaia di migliaia di lavoratori.

Tutti giovani, con stipendi molto alti e soprattutto in prevalenza bianchi. “L’età media dei residenti è diventata dai 38 ai 45 anni. È uno scontro culturale. Si scontra con i movimenti di qui, la nostra cultura, la nostra storia e tende a cancellarla.” racconta Erik Arguello, presidente del Latino Cultural District, un’associazione che si batte per preservare l’identità latina dello storico quartiere di Mission e denuncia il fallimento dell’industria tecnologica nel sostenere i bisogni di una comunità che ha largamente impattato con la sua presenza.

Secondo l’ultimo report dell’organizzazione NCRC (National Community Reinvestment Council) pubblicato nel 2020, San Francisco è la città che negli ultimi anni ha subito il più intenso processo di gentrificazione in tutti gli Stati Uniti. Gli stipendi alti dei lavoratori IT hanno fatto salire alle stelle il mercato immobiliare dei quartieri centrali di San Francisco e di conseguenza anche di beni e servizi. Costi insostenibili per la popolazione residente che progressivamente ha abbandonato la città per spostarsi nelle periferie più povere o addirittura in altri stati. “Quando parli di diversità qui, significa soltanto: meno di noi” – conclude amaramente Arguello.

È quanto emerge da “Non abito più qui“, uno degli otto reportage de Il Fattore Umano, il programma che racconta le violazione dei diritti umani nel mondo in onda su Rai 3 a partire da stasera, lunedì 4 luglio, alle ore 23.15, che in questa prima puntata affronta il problema mai risolto del razzismo nel Stati Uniti verso gli afroamericani e le minoranze.

L’inchiesta, di cui TPI fornisce una clip in anteprima con il reportage completo che sarà disponibile dopo la messa in onda sul sito di Raiplay, è realizzata da Luigi Montebello, con la collaborazione di Davide Rinaldi e Marco Raffaele Della Monica.

Il racconto viene declinato in maniera del tutto originale attraverso la verifica delle opportunità di vivere dignitosamente negli Stati Uniti se si è black o latinos. Da Washington DC a San Francisco, il fenomeno galoppante della gentrificazione innesca un circuito di nuova marginalità: non tutti i cittadini americani riescono a produrre ricchezza allo stesso modo.

Una delle discriminanti è l’etnia: per la popolazione afro-americana e le altre minoranze, le possibilità di raggiungere il benessere economico sono, in media, sette volte inferiori a quelle dei bianchi. Questo, in parte, è dovuto alla controversa storia di segregazione razziale americana, le cui politiche federali hanno spesso usato proprio la casa come centro delle discriminazioni. Le classi benestanti, quasi esclusivamente bianche, comprano infatti interi quartieri, relegando le persone di colore nelle periferie o costringendole al trasferimento in altre città. Il quartiere perde la sua anima culturale e diventa molto più caro con costi della vita insostenibili: è il razzismo economico, più sottile e invisibile rispetto a quello delle violenze delle forze di polizia, ma non meno pericoloso.

Protagonista dell’intervista cornice è la poetessa e performer Alyesha Wise, che trasforma in rime rap le lotte, le difficoltà e le sensazioni dell’essere afroamericano e col progetto “Street Poets”, insegna poesia ai ragazzi delle carceri minorili.

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