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Home » Esteri

Cinque bufale sulla Brexit

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Durante la campagna elettorale sul futuro del Regno Unito nell’Ue i due schieramenti hanno diffuso cifre e affermazioni spesso inesatte. Ecco le migliori bufale

Giovedì 23 giugno si terrà il referendum consultivo sulla Brexit e i 40 milioni di cittadini del Regno Unito decideranno se rimanere all’interno dell’Unione europea.

Durante i mesi di campagna elettorale i due schieramenti, hanno adottato toni accesi – basti pensare all’ex sindaco di Londra Boris Johnson che ha paragonato l’Unione europea a Hitler o al premier britannico David Cameron che non ha escluso guerre in Europa nel caso in cui il Regno Unito abbandonasse l’Ue.

Ma soprattutto hanno presentato cifre e affermazioni inesatte. Full Fact ha analizzato e smentito alcune affermazioni sostenute da entrambi gli schieramenti per convincere gli elettori, definendole in stile molto british “ipotesi poco plausibili” e “dichiarazioni ingannevoli”.

Ecco le cinque migliori bufale propinate agli elettori durante la campagna referendaria:

1) L’Unione europea costa al Regno Unito 350 milioni di sterline (450 milioni di euro) a settimana, circa 20 miliardi di sterline (25 miliardi di euro) in un anno, Vote Leave Campaign.

È vero che il Regno Unito spende più di quando torni indietro da finanziamenti diretti o agevolazioni da parte di Bruxelles, ma le cifre sono inesatte. Il contributo netto del governo britannico è circa 8,5 miliardi di sterline (11 miliardi di euro) in un anno, con una spesa media di 160 milioni di sterline (200 milioni di euro) a settimana. Dichiarazione ingannevole

2) La Brexit costerebbe a ogni singolo cittadino circa 4,300 sterline da qui al 2013, George Osborne.

Le cifre del ministero dell’Economia sono eccessivamente pessimistiche. Danno per scontato che al momento dell’uscita del Regno Unito vengano meno tutti gli accordi di libero scambio con i paesi dell’Unione europea. Inoltre, anche se i dati sono esatti, si tratta di una media calcolata sull’impatto complessivo della Brexit sull’economia britannica e non significa che il singolo cittadino pagherà effettivamente 4,300 sterline. Ipotesi poco plausibile

 3) Il Regno Unito perde sistematicamente durante le votazioni all’interno dell’Unione europea perché gli altri paesi prediligono un’economia più regolata e protezionista, Vote Leave Campaign.

È vero che la Gran Bretagna è in disaccordo più frequentemente con la maggioranza, ma non è corretto affermare che all’interno del Consiglio europeo sia sempre in minoranza per quanto riguarda le decisioni economiche. Dal 1999 il Regno Unito ha votato No in 57 occasioni, si è astenuto 70 volte e ha votato a favore di 2,474 atti legislativi. Dichiarazione ingannevole

4) Due terzi dei posti di lavoro nel Regno Unito dipendono dalle domande dall’Unione europea, Vote Remain Campaign.

I posti di lavoro che sono direttamente collegati all’appartenza all’Unione europea sono il 15 per cento, secondo i dati del Centre for Economics and Business Research. Ma il collegamento è di natura economica e commerciale e non normativo, dunque bisogna vedere in che direzione andrà la trattativa dopo un’eventuale Brexit. Inoltre se aumentassero le esportazioni verso altri paesi, i posti di lavoro non andrebbero necessariamente persi. Dichiarazione ingannevole

5) Stare nell’Unione europea non è un bene per la nostra qualità della vita, per la coesione sociale e per la popolazione che inesorabilmente raggiungerà i 75 milioni di abitanti e renderà il Regno Unito un luogo meno ricco e felice dove vivere, Nigel Farage.

La popolazione del Regno Unito oggi è di 65 milioni di abitanti e dovrebbe raggiungere i 75 milioni solo nel 2042. Inoltre l’Ufficio nazionale di statistica prevede un calo dell’immigrazione da qui al 2020: da 300mila persone che arrivano in Gran Bretagna ogni anno a meno di 200mila. Non esiste inoltre alcuna ricerca che possa collegare l’aumento della popolazione con una diminuzione della qualità della vita o un impatto negativo sulla coesione sociale. Ipotesi poco plausibile

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