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Home » Esteri

In Cile vince il “no” al referendum sulla nuova Costituzione sostenuta da Boric

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La nuova Costituzione del Cile non entrerà in vigore: il 62 per cento dei cittadini l’ha rifiutata

In Cile è stata bocciata la nuova Costituzione con più del 60% dei voti contrari. Ieri, domenica 4 settembre, i cileni si sono espressi sulla sua riscrittura fatta da un’assemblea costituente democraticamente eletta. Il governo di sinistra e il Presidente Boric incassano una sconfitta. Il testo che sostenevano introduceva diritti come il riconoscimento delle popolazioni indigene (che costituiscono il 13% dei cileni), definendo il Cile come uno “stato plurinazionale”, garantendogli un sistema parallelo di giustizia e dei seggi riservati in Parlamento.

Il progetto era nato dopo la rivoluzione del 2019, iniziata dai ceti popolari cittadini in risposta al neoliberismo sfrenato che dissanguava la popolazione, e interrotta dalla pandemia. Dopo mesi di scontri con la polizia e omicidi di stato, è stato eletto a marzo Gabriel Boric, un leader del movimento studentesco. Con un referendum il 78% dei votanti si era espresso a favore della riscrittura della Costituzione, ereditata dal regime di Pinochet. Dalla sinistra radicale si era sollevata una certa opposizione a Boric perché troppo prono al compromesso con gli avversari liberali e conservatori. Anche l’accordo per riscrivere la Costituzione era secondo loro un epilogo deludente dopo le rivolte storiche del 2019. Ciononostante hanno sostenuto la nuova Costituzione per il contenuto del testo pieno di progressi in tema di diritti e giustizia sociale. Una voglia di rinnovamento che persiste: Boric ha dichiarato oggi che, nonostante il testo non sia stato approvato, la volontà dei cittadini di avere una nuova costituzione deve essere rispettata.

La proposta bocciata ieri dal voto includeva i princìpi di democrazia solidale, di protezione dell’ambiente ed era caratterizzata dalla parità di genere, prevista in tutte le istituzioni. Riconosceva il diritto all’istruzione, all’abitare e alla sanità, introducendo un sistema sanitario unico e pubblico. Prevedeva inoltre la trasformazione del Senato in una camera regionale, riducendone così il potere.

Le élites e i conservatori hanno ampiamente criticato queste proposte definendole troppo “massimaliste”, anche diversi membri del centrosinistra si erano mostrati scettici. I difensori del testo denunciano invece una campagna di fake news per spaventare la popolazione.

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