Le dure parole di Ariel Toaff, figlio dell’ex rabbino capo di Roma Elio e professore emerito all’università di Tel Aviv: “Siamo ignobilmente complici di Netanyahu”
"I morti ammazzati di Gaza ci inseguiranno con le loro torce fiammeggianti fino al fuoco dell'inferno"
Sono parole durissime quelle che Ariel Toaff, figlio dell’ex rabbino capo di Roma, Elio, e professore emerito all’Università Bar-Ilan di Ramat Gan, Tel Aviv, ha scritto sul suo profilo Facebook lanciando un’invettiva contro il premier israeliano Netanyahu e il governo da lui guidato. Lo storico ha infatti scritto: “Israele sotto Netanyahu sta imboccando, come un ciuco ubriaco, la strada verso una debacle economica senza precedenti e l’isolamento internazionale. Se riusciremo ad uscirne, ci vorrà del tempo per rimetterci in sesto. Dell’immagine morale di Israele non parlo, perché l’ha persa da tempo. Gaza non rischia di essere la tomba di Netanyahu e dei suoi folli seguaci, ma la nostra. E non abbiamo fatto niente per impedirlo. Di fatto siamo suoi complici, ignobilmente complici. La giusta e crudele punizione non tarderà a raggiungerci. È uno dei capitoli più infami della storia del sionismo moderno. I morti ammazzati di Gaza, donne e bambini, ci inseguiranno con le loro torce fiammeggianti fino al fuoco dell’inferno. E ora provate a bloccarmi e a cancellare il mio post ipocriti, pavidi e vigliacchi. Siete una vergogna nella storia del popolo di Israele”.
Cresce sempre di più, quindi, il malcontento nei confronti di Netanyahu e del suo governo. Nei giorni scorsi, tra gli altri, era stato lo scrittore israeliano David Grossman ad accusare l’esecutivo di aver perpetrato a Gaza un “genocidio” dichiarando in un’intervista a La Repubblica: “Per anni ho rifiutato di utilizzare questa parola: ‘genocidio’. Ma adesso non posso trattenermi dall’usarla, dopo quello che ho letto sui giornali, dopo le immagini che ho visto e dopo aver parlato con persone che sono state lì”. L’autore aveva aggiunto: “Anche solo pronunciare questa parola, ‘genocidio’, in riferimento a Israele, al popolo ebraico: basterebbe questo, il fatto che ci sia questo accostamento, per dire che ci sta succedendo qualcosa di molto brutto. Voglio parlare come una persona che ha fatto tutto quello che poteva per non arrivare a chiamare Israele uno Stato genocida. E ora, con immenso dolore e con il cuore spezzato, devo constatare che sta accadendo di fronte ai miei occhi. ‘Genocidio’. È una parola valanga: una volta che la pronunci, non fa che crescere, come una valanga appunto. E porta ancora più distruzione e più sofferenza”.
