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Se l’Italia non farà nulla per impedirlo, tra 3 giorni verrà rinnovato automaticamente l’accordo con la Libia per riportare indietro i migranti

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Se l’Italia non farà nulla per impedirlo, tra 3 giorni verrà rinnovato automaticamente l’accordo con la Libia per riportare indietro i migranti

Se l’Italia non farà nulla entro 3 giorni, verrà rinnovato automaticamente l’accordo con la Libia per riportare indietro i migranti che partono con l’obiettivo di raggiungere l’Europa.

S&D

L’accordo, che prevede un rinnovo automatico a partire dal prossimo 2 novembre 2019, durerà per i prossimi 3 anni, e l’Italia continuerà a pagare la Libia per fare il “lavoro sporco”: riportare i migranti nei lager di un paese in piena guerra civile. Nonostante le aperte critiche e il considerare illegittimo e contrario ai diritti umani un simile accordo da parte della Ue, l’Italia non sembra fare un passo indietro.

E il nostro paese continuerà dunque ad addestrare e fornire mezzi alla Guardia costiera libica, che si occuperà di bloccare i flussi migratori verso i porti italiani. L’accordo sui migranti negoziato con la Libia risale al febbaio 2017, quando al governo c’erano l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e il premier Paolo Gentiloni.

Il governo libico intanto ha emanato un decreto per neutralizzare i soccorsi delle navi umanitarie. Le navi delle ong che operano in zona Sar libica rischiano di essere condotte nei porti libici e sequestrate dalla polizia di Tripoli.

Oggi, 30 ottobre, le delegazioni di governo si riuniscono per confrontarsi sul patto, ma la linea che sembra più probabile è quella del tacito assenso, che permetterà di confermare automaticamente l’accordo.

Il governo PD-M5S sui migranti si comporta esattamente come Salvini

Secondo le stime evidenziate da Repubblica, sono pronti 50 milioni di euro all’anno che vanno ad aggiungersi ai 328 milioni impegnati dalla Ue dal 2016 per il finanziamento dei centri di detenzione per migranti.

Centri nei quali, come emerso da numerose inchieste e denunce di Ong, vengono rinchiusi, torturati e ammazzati migliaia di migranti. Questa mattina, 30 ottobre, si tiene a Roma il Tavolo asilo nazionale composto da associazioni e Ong che si occupano di tutela dei migranti, che presenterà la lettera aperta al governo per chiedere di interrompere immediatamente tutti gli accordi con la Libia.

“Il governo italiano ha la responsabilità di definire la propria posizione e di agire affinché il Memorandum non venga riaffermato. Mediterranea, e tutte le persone che la animano e sostengono, chiedono apertamente al governo italiano ed al ministro dell’Interno un concreto segno di discontinuità. Da oggi al 2 novembre mobilitiamoci contro gli accordi Italia-Libia: troviamoci in presidi nei nostri territori, organizziamo azioni e flash mob, riempiamo le strade e le piazze per affermare il nostro dissenso e dimostrare che l’Italia non è fatta solo di gente che si nutre di odio e paura, ma di persone che credono ancora in una società libera, umana, ed alla fine anche più felice”, scrive Mediaterranea Saving Humans, una delle ong attive nel Mediterraneo in soccorso dei migranti.

A sottoscrivere l’iniziativa sono 26 organizzazioni, tra cui A Buon Diritto, Acli, Action Aid, Amnesty International Italia, Arci, Asgi, Avvocato di strada, Casa dei diritti sociali, Centro Astalli, Cir, Cnca, Comunità di S. Egidio, Emergency, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Intersos, Mèdecins du Monde Missione Italia, Oxfam, Save the Children Italia, Senza confine.

Cosa prevede il decreto anti-ong emesso dal governo di Tripoli

Il decreto emesso dal Consiglio presidenziale del governo di accordo nazionale libico il 14 settembre prevede, come scrive Alessandra Ziniti su Repubblica, che le ong presentino una preventiva domanda di autorizzazione alle autorità libiche. Senza l’autorizzazione non potranno intervenire neanche in caso di emergenza e non dovranno lasciare la precedenza di intervento alle autorità libiche. La Guardia Costiera libica è inoltre autorizzata a salire a bordo delle navi delle ong e in caso di violazione del decreto, condurre in porto e sequestrare le imbarcazioni.

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