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El Salvador è il primo Paese al mondo a “legalizzare” i bitcoin

Immagine di copertina
Il presidente di El Salvador, Nayib Bukele. Credit: EPA/RODRIGO SURA/ANSA

Il parlamento salvadoregno ha approvato una legge che dà corso legale alla criptovaluta con cui si potranno anche pagare le tasse

El Salvador è diventato il primo Paese al mondo a dare corso legale ai bitcoin, autorizzando così la circolazione della criptovaluta come una vera e propria moneta. Il parlamento salvadoregno ha approvato oggi il disegno di legge presentato dal 39enne presidente Nayib Bukele, figlio di un immigrato palestinese, imam ed ex sindaco della capitale, che ha esultato su Twitter per lo storico risultato raggiunto in aula con una maggioranza schiacciante di 62 voti a 84.

S&D

“La legge sui bitcoin è stata appena approvata a maggioranza qualificata dal Congresso salvadoregno“, ha scritto il presidente subito dopo il voto sul proprio profilo. Da oggi, i cittadini del Paese potranno pagare le tasse in bitcoin, mentre le attività commerciali potranno esibire i prezzi di beni e servizi nella criptovaluta e tutti gli operatori economici dovranno accettare i bitcoin come mezzo di pagamento.

Come annunciato dallo stesso presidente Bukele alla conferenza “Bitcoin 2021” tenuta a Miami a inizio giugno, il piano di San Salvador per attuare la legge prevede la collaborazione con Zap, una società di investimenti in criptovalute fondata a Chicago da Jack Mallers e che ha recentemente avviato una partnership con Visa. L’azienda gestisce l’app per i pagamenti Strike, sbarcata solo a marzo a El Salvador e già diventata una tra le più popolari nel Paese.

Non a caso, lo stesso Mallersha elogiato su Twitter l’approvazione della nuova legge da parte del parlamento salvadoregno. “Congratulazioni, Nayib Bukele. Congratulazioni, El Salvador. Congratulazioni, bitcoin“, ha commentato il fondatore di Zap, che ha voluto celebrare questo momento storico parafrasando le dichiarazioni di Neil Armstrong durante lo sbarco sulla Luna. “Un piccolo passo per i bitcoin, un grande passo per l’umanità”.

Non è solo questione di fare la storia. Oltre al record mondiale raggiunto come primo Paese al mondo a dare corso legale ai bitcoin, l’obiettivo di Bukele è portare la criptovaluta allo stesso livello del dollaro statunitense, che da anni sostituisce la moneta locale ormai fuori corso, il Colon salvadoregno.

La scelta del governo di El Salvador di dare corso legale ai bitcoin promette una serie di potenziali ma concreti vantaggi che risiedono principalmente in una più economica gestione delle rimesse internazionali dei migranti – pari a quasi un quinto del Prodotto interno lordo (Pil) del Paese dell’America Centrale – e nell’emersione dell’economia informale, basata tutta sul contante.

Le transazioni provenienti dall’estero, gestite in dollari statunitensi, risultano ancora costose, soprattutto in termini di cambio, e subiscono spesso ritardi. Il segreto del piano di San Salvador risiede proprio nella tecnologia adottata dall’app Strike di Zap, la cosiddetta “lighting network“.

Di fatto l’applicazione risolve uno dei maggiori problemi creati dai bitcoin in termini di efficienza delle transazioni: il processo di validazione garantito dall’algoritmo “proof of work” lungo la blockchain, la tecnologia che fa funzionare la criptovaluta. Si tratta di un database distribuito e condiviso, dove vengono conservati i bitcoin, installati fisicamente su più computer collegati tra loro alla rete Internet.

Da qui la criptovaluta è completamente digitalizzata e, attraverso sistemi avanzati di crittografia, è possibile tracciare le transazioni, generare nuove monete, distribuirle ai proprietari e scambiare bitcoin. Tutto si basa quindi su un registro su cui viene raccolta ogni singola operazione che, per poter essere considerata valida, deve prima essere approvata e organizzata in blocchi, un’attività (il famoso mining) compiuta attraverso i cosiddetti miner.

La tecnologia “lighting network” permette di superare tutto questo, operando off-chain (ossia fuori dalla blockchain) e permettendo agli utenti di interagire direttamente tra loro, rendendo di fatto l’app un cambia valute. Per inviare denaro da un utente all’altro, l’applicazione cambia la valuta in bitcoin, trasferisce questi ultimi al destinatario finale e poi li cambia di nuovo nella moneta desiderata. Questo modello di gestione delle operazioni senza intermediari potrebbe così contribuire a risolvere i problemi legati ai costi e ai ritardi delle transazioni, incoraggiando anche la popolazione ad abbandonare il contante.

Quasi tre salvadoregni su quattro non sono infatti titolari di conti bancari né dispongono di carte di credito o debito. La diffusione di applicazioni per i pagamenti e la collaborazione tra le rispettive società e lo Stato potrebbe così promuovere l’emersione dell’economia informale.

Tuttavia, il progetto nasconde anche una serie di rischi, soprattutto per il sistema bancario internazionale. L’affermarsi della disintermediazione nelle operazioni può da un lato ridurre i costi e dall’altro aumentare i pericoli in termini di mancati controlli, a discapito dei consumatori. Considerando che il sistema delle valute e dei pagamenti si basa sulla fiducia degli utenti, tale rischio potrebbe assumere dimensioni sistemiche in mancanza di una specifica regolamentazione.

Insomma, la buona notizia è che da qualche parte la politica comincia a mettersi al passo con l’evoluzione della tecnologia, dando legittimità a soluzioni di pagamento più efficienti e meno costose. Bisogna però andare fino in fondo, senza rinunciare a governare i fenomeni per non esserne travolti.

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