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“Chi non si vaccina non può lavorare”. Sanitari no-vax sospesi a Belluno: Tribunale dà ragione alle Rsa

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Il tribunale di Belluno ha confermato la sospensione dal lavoro per due infermieri e otto operatori sociosanitari, dipendenti di due case di riposo, che avevano rifiutato di sottoporsi al vaccino anti-Covid. Sancito dunque il principio che chi non si vaccina, pur lavorando a contatto con persone fragili, non può lavorare e ricevere lo stipendio. La vicenda aveva avuto inizio lo scorso febbraio, quando i dieci sanitari erano stati messi in ferie forzate dalle rsa in cui lavoravano, la Servizi Sociali Assistenziali S.r.l (Sersa) e la Sedico Servizi, dopo il no al vaccino.

Le strutture in questione avevano poi sottoposto gli infermieri e Oss no-vax alla visita del medico del lavoro, che li aveva ritenuti “inidonei” a svolgere la professione per “impossibilità di svolgere la mansione lavorativa prevista”. Da lì era scattata la sospensione e il blocco dello stipendio. I dieci sanitari hanno fatto ricorso, ma il tribunale di Belluno ha dato ragione alle rsa, ritenendo “insussistenti” le ragioni alla base del rifiuto del vaccino.

Nella sentenza si legge che “è ampiamente nota l’efficacia del vaccino nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus, come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire del vaccino, quali il personale sanitario, gli ospiti delle rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui”.

Insomma, i tempi rapidi per l’approvazione del vaccino non giustificano il rifiuto di farselo somministrare, e l’efficacia del vaccino è ormai ampiamente provata dai dati. I sanitari non sono stati licenziati, ma sospesi: potranno quindi tornare al lavoro se si vaccineranno.

Come spiega il Corriere della Sera, sebbene si tratti di una sentenza a suo modo storica, difficilmente potrà essere replicabile nei grandi ospedali: “Il giudice infatti conferma la sospensione senza stipendio dei dieci operatori sanitari spiegando che non c’era alcun modo di ricollocarli all’interno della struttura lavorativa. Le Usl venete contano invece decine di migliaia di dipendenti mentre i no vax sono fortunatamente un centinaio scarso. In mancanza della possibilità di sospendere i no vax, i direttori generali però potranno metterli in reparti isolati dove non saranno in grado di contagiare e contagiarsi”.

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