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Migranti, Mare Jonio ancora senza porto: “Queste persone hanno bisogno di sbarcare. Non possono più aspettare”

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Credit: Ansa

Migranti, Mare Jonio senza porto: “Queste persone hanno bisogno di sbarcare, non possono più aspettare”

Sulla Mare Jonio, ancora senza porto, rimangono trentaquattro migranti. A essere sbarcati a Lampedusa sono stati solo i più vulnerabili: donne in stato di gravidanza, mamme con i bambini, minori non accompagnati, malati. Sono rimasti, invece, donne sole e uomini in condizioni precarie, segnati dalle torture e dai maltrattamenti subiti in Libia. Di fronte alla situazione di stallo, Mediterranea Saving Humans torna a lanciare l’allarme sulle condizioni a bordo della nave, dove sta finendo l’acqua dolce e l’emergenza sanitaria è alta.

S&D

“Qui Mare Jonio: è il terzo giorno che ci bloccano in mare. Siamo sempre più preoccupati per le condizioni psicologiche dei sopravvissuti, i ventotto uomini e le sei donne che sono rimasti a bordo con noi. Hanno già passato l’inferno: quanto possono reggere ancora, bloccati in mezzo al mare?”, scrive su fb Mediterranea Saving Humans.

“In ogni loro racconto, man mano che passano le ore, emergono dettagli che lasciano senza fiato. C’è chi ti fa toccare le cicatrici delle torture: ‘Senti, senti qui’. C’è chi ti racconta che in Libia ha passato due anni da schiavo. Le violenze sessuali. Le botte con il calcio del fucile. Le frustate, la corrente elettrica. Tutto il campionario dell’orrore”, prosegue la Ong.

>Il chirurgo che salva le mani torturate dei migranti: “Abbiamo una Auschwitz a 120 miglia dall’Italia”

“Poi, finalmente, il miraggio della libertà, la traversata che diventa subito una tragedia: due notti alla deriva, sei uomini – sei amici – che sono spariti nel buio del mare, molti altri che sono cascati giù e sono stati riportati a fatica sul gommone, niente da mangiare, qualcuno che riesce ad afferrare un pesce al volo. Il gommone comincia a cedere, poi l’alba di mercoledì: le luci della Mare Jonio che si avvicinano, l’arrivo dei soccorsi, la salvezza a bordo”.

“Ma l’incubo non è finito: siamo ancora qui. In mezzo a quel mare che ha rischiato di inghiottirli. L’equipaggio sta facendo tutto il possibile, e ci stiamo attrezzando per l’impossibile, per cercare di rassicurarli e tranquillizzarli. Ma quanto ancora può durare? Quanto si può tirare la corda della resistenza di un essere umano, prima che si spezzi? E quando si spezza, cosa succederà? E di chi sarà la responsabilità? Queste persone hanno bisogno di sbarcare. Ora. Non possono più aspettare”, conclude l’Organizzazione non governativa.

Il Garante dei detenuti, Mauro Palma, ha scritto al premier Giuseppe Conte sollecitando una soluzione: “dal 28 agosto, le novantotto persone soccorse nel Mediterraneo centrale si sono trovate sotto la completa e diretta responsabilità dell’Italia, Stato di bandiera del vascello e, quindi, sotto la giurisdizione del nostro paese, titolare in via esclusiva della vicenda. Una situazione che non può e non deve ulteriormente protrarsi”.

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