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Home » Cronaca

L’arresto di Marco Carta è “illegale”. Lo dice il giudice

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Marco Carta arresto| L’arresto “illegale” | Furto aggravato | Il caso

MARCO CARTA ARRESTO – L’arresto di Marco Carta, fermato lo scorso 31 maggio per furto aggravato alla Rinascente di piazza Duomo a Milano, è “illegale”, perché i sospetti sul 34enne cantante sardo “sono inconsistenti”. È quanto spiega oggi il giudice Stefano Caramellino nell’ordinanza con cui lo scorso 1° giugno non ha convalidato l’arresto per furto dell’artista.

Marco Carta arrestato | Cosa è successo | Il caso

Marco Carta, vincitore di Sanremo, Amici e Tale e Quale Show, è stato arrestato nella serata di venerdì 31 maggio dalla Polizia locale di Milano, insieme a una donna di 53 anni. Il cantante è stato fermato con l’accusa di aver rubato sei magliette del valore di 1.200 euro a cui avrebbe tolto l’antitaccheggio, ma non la placchetta flessibile che ha suonato all’uscita.

> Marco Carta arrestato: ecco cosa è successo

Il giorno seguente, il 1° giugno, si è tenuto il processo per direttissima e l’arresto non è stato convalidato, così come non è stata applicata alcuna misura cautelare. Il giudice della sesta sezione penale di Milano Caramellino parla oggi di “carenza di gravità indiziaria” per Marco Carta, difeso dal legale Simone Ciro Giordano, e di un arresto che “non può ritenersi legittimo”.

Marco Carta arresto illegale | Il giudice: “Ipotesi vaghe”

Secondo il giudice, che non ha convalidato l’arresto, “l’unico teste oculare”, il vigilante della Rinascente, “ha descritto un comportamento anteriore” di Carta e della sua amica 53enne “che ha giudicato sospetto”, ma “gli elementi di sospetto” sono “inconsistenti”, anche perché “è normale che due acquirenti si guardino spesso attorno all’interno di un esercizio commerciale” e l’ipotesi che “essi stessero controllando se erano seguiti da personale dipendente è formulata in modo del tutto ipotetico e vago”.

In più, anche il fatto che Carta e la sua amica si siano recati in un piano diverso per provare le magliette (sei al prezzo di 1.200 euro) “è compatibile con il proposito di trovare un camerino di prova libero”, dato che “grande era l’affollamento” quella sera del 31 maggio per il ‘Black Friday’. Per il giudice, inoltre, “il fatto che lo sguardo dell’addetto alla vigilanza non sia stato fisso sui due arrestati è riscontrato dal fatto che neanche lui ha affermato di avere visto l’inserimento degli abiti nella borsa, né egli ha precisato in mano a chi fosse la borsa dopo che era stata appoggiata nel ‘camerino’, né egli ha affermato di aver sentito alcun rumore compatibile con la rottura delle placche antitaccheggio”.

Secondo il giudice, quindi, non si può dire che la rottura delle placche sia avvenuta “in tempo successivo al primo inserimento dei vestiti nella borsa dell’imputata”.

Marco Carta, conclude il giudice Caramellino nell’ordinanza che non ha convalidato l’arresto per furto, “non deteneva all’uscita” della Rinascente di piazza Duomo “la borsa contenente i vestiti sottratti”. La borsa era in possesso, invece, della sua amica, assieme con il cacciavite. Per il giudice “nessuna circostanza descritta nel verbale d’arresto”, eseguito dalla Polizia locale, “costituiva sufficiente sintomo” del concorso di Carta nel furto. Lo stesso vigilante della Rinascente non ha mai visto i vestiti che finivano nella borsa, né sentito la “rottura delle placche antitaccheggio”.

Marco Carta arresto illegittimo | Le parole del legale

Il pm Nicola Rossato aveva chiesto la convalida dell’arresto.

Il legale di Carta Simone Giordano, ha spiegato che “ad oltre dieci giorni dai fatti, dobbiamo constatare il crescente iato tra la vicenda giudiziaria che impegna il nostro assistito e la narrazione mediatica della stessa” e per questo motivo ha deciso di rendere “pubblico, al solo, quantomeno auspicato, fine di far pulizia di interpretazioni del tutto disancorate dalle evidenze, e finanche dalle regole processuali, quando non apertamente diffamatorie, lo stralcio dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Milano”.

Con la “speranza”, ha aggiunto Giordano, “che ciò possa porre fine al ‘giudizio parallelo’ di fatto celebrato dai media e nella rete, con tutto il corredo di storture che immancabilmente lo caratterizzano rispetto all’accertamento processuale vero e proprio”.

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