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La rivincita del lavoratori

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Emiro è il più giovane tra i soci lavoratori della 7wash, nata da un workers buyout sostenuto da Legacoop Lazio, incubatore di imprese rilevate dai lavoratori e rinate in forma cooperativa

Erano dipendenti di grandi catene o multinazionali. Che con la crisi hanno chiuso i battenti. Ma grazie ai fondi di Legacoop Lazio si sono messi in proprio. E oggi si pagano uno stipendio da soli. Ecco la vera storia dei workers buyout

«Quando la lavanderia ha chiuso, alla maggior parte di noi non andava di disperdere quello che avevamo imparato. Molti erano cresciuti in questo mondo. A settembre 2020 è nata l’idea di aprire per conto nostro una piccola attività industriale. Eravamo gli ultimi dipendenti a tempo indeterminato, ma non volevamo più dipendere da nessuno». Valeria ha 38 anni ed è originaria della provincia di Viterbo. Lavorava da sette anni per una lavanderia del comune di Nepi, nel Lazio, quando a causa del lockdown lo storico esercizio messo in piedi 40 anni prima da una famiglia della zona è andato in fallimento. «Con gli anni del giubileo l’attività era cresciuta fino a contare anche 40 dipendenti nei periodi di alta stagione. Ma era legata a grandi strutture che durante la pandemia hanno chiuso per non riaprire mai più», racconta Valeria a TPI. Seguono mesi di sconforto: per Maria, Giacomo, Marco, Patrizia, Cinzia, lavoratori tra i 50 e i 55 anni impiegati nell’azienda sin dagli albori, pensare di reinserirsi nel mondo del lavoro e disperdere le competenze acquisite in decenni di esperienza era una prospettiva devastante. Ma pochi mesi dopo maturano l’idea di mettersi insieme per dare vita a una piccola impresa. Mentre sono alla ricerca di finanziamenti, i sette soci si imbattono in Legacoop Lazio, un’associazione che riunisce, tutela e rappresenta circa 500 cooperative con un totale di 23.245 occupati nella Regione. Scoprono il fenomeno dei workers buyout (wbo): ex dipendenti di aziende in crisi che salvano l’impresa fondando una cooperativa. Grazie ai finanziamenti di Cfi Cooperazione – che utilizza le risorse del ministero dello Sviluppo economico per finanziare linee di intervento in capitale sociale e in capitale di debito – Finanza Impresa, Cooperfidi e Coopfond (fondo mutualistico di Legacoop), fondano 7Wash, una lavanderia che in un anno è arrivata a quintuplicare i clienti. Oggi sono circa 50 tra Air B&B di Roma e ristoranti della Tuscia. 

Ripartire dalla cenere 

«I primi finanziamenti sono arrivati a maggio dell’anno scorso. Ora stiamo iniziando a vedere i primi frutti», commenta Valeria. Per due anni, insieme agli altri soci, ha investito tutto ciò che aveva nell’avvio dell’attività, destinando a capitale sociale della costituenda cooperativa quanto le sarebbe stato dovuto dallo Stato a titolo di Naspi, come previsto dalla Legge Marcora del 1985, che ha istituito un fondo destinato alla salvaguardia dell’occupazione attraverso la formazione di imprese cooperative tra dipendenti di aziende in crisi, sostenuto attualmente dal Cfi. I soci si sono ridotti gli stipendi al fine di acquistare i nuovi macchinari e tenere in piedi lo spazio adibito alla nuova lavanderia: un capannone di 200mq con due lavatrici professionali e due essiccatoi. Ma la soddisfazione di gestire un business in autonomia ha ripagato gli sforzi, e oggi riescono a sbarcare il lunario fino a fine mese. «Tra soci siamo tutti allo stesso livello, ognuno di noi ha una mansione tra chi sta in ufficio come me, chi alle consegne, chi fa l’autista, e quando serve ci diamo il cambio. Siamo felici di aver intrapreso questa strada, c’è una prospettiva per il futuro, il tuo lavoro è il tuo mondo, non dipendi da nessuno se non da te stessa e dagli altri soci. Tutto ciò che fai, lo fai per te», aggiunge Valeria. Un percorso ancora in salita: tra due anni bisognerà iniziare a restituire i fondi ottenuti, e nel frattempo fare i conti con l’aumento delle utenze e la necessità di sostituire i macchinari. Ma i piccoli imprenditori vedono una prospettiva rosea per il futuro. «La storia di 7Wash – commenta Daniela Angher, coordinatrice del settore Servizi di Legacoop Lazio – è un esempio di workers buyout che unisce in sé, pur nella paura di un futuro incerto, il coraggio di una scelta complessa e lo spirito di collaborazione: ciò ha permesso a questi lavoratori di trasformare un’avventura in opportunità in cui investire la ricchezza più grande: il capitale umano. Con determinazione e volontà hanno trovato nella forma cooperativa l’espressione migliore del fare impresa anche in tempi di crisi così profonda». 

Valorizzare il capitale umano

7wash si unisce ad altre tre cooperative nate dall’idea di ex dipendenti di aziende in crisi nel Lazio. Tra queste c’è Fenix Pharma, prima e unica cooperativa attiva in u settore interamente gestito da multinazionali come quello farmaceutico, nata da un workers buyout guidato da 40 ex dipendenti della sede romana della multinazionale Warner Chilcott. Dopo due anni dall’acquisto del ramo farmaceutico di Procter and Gamble per 3,1 miliardi di dollari e dall’ingresso nel mercato europeo, allo scadere del brevetto del farmaco acquistato, l’azienda statunitense ha deciso nel 2011 di chiudere tutte le attività, smantellando le sedi e lasciando a casa 130 lavoratori italiani e 500 europei. Tra gli ex dipendenti c’era anche Salvatore Manfredi, oggi amministratore delegato di Fenix Pharma. «L’obiettivo dell’operazione non era certo un progetto industriale – racconta – Io non ero tra i licenziati, ero andato via prima e avevo intrapreso una mia attività. Sono stato richiamato in servizio dai miei colleghi, molti dei quali erano stati assunti da me, e abbiamo scommesso su un wbo». Nel giro di pochi anni, con le sole forze del capitale umano rigettato dalla multinazionale in Italia, l’azienda è decollata: se nel 2013 il fatturato registrato era pari a 4.600.000 di euro, nel 2021 – dopo aver cambiato modello di business – ha raggiunto gli otto milioni. La crescita non è stata arrestata dalla crisi mondiale: Fenix Pharma è riuscita a trasformare i contratti co.co.co. di tutti i soci lavoratori in contratti di categoria, e negli ultimi due anni ha redistribuito 500mila euro di ristorni ai lavoratori (ovvero di integrazione della retribuzione derivante dal profitto, sottoposta a limiti fissati dalla legge e dal mercato). «Siamo arrivati ad avere il 42 per cento di fatturato in patrimonio netto. Significa che la cooperativa si sta molto consolidando e questo assicurerà un futuro ai 42 soci lavoratori, ai 5 dipendenti non soci e ai 40 agenti commerciali, tra i quali speriamo sempre che un giorno ci siano anche dei soci», aggiunge Manfredi. 

Favorire le piccole imprese

È la Legge Marcora del 1985 ad aver istituito il fondo rotativo destinato al finanziamento di operazioni di wbo, che consente la costituzione di cooperative formate da ex dipendenti di aziende in crisi o già fallite. Una legge che il presidente di Legacoop Lazio, Mauro Iengo, ha definito «una delle espressioni più evidenti del riconoscimento della funzione sociale della cooperazione svolto dall’articolo 45 della Costituzione». E cioè una funzione “a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata”, recita il testo della Carta. Come fa notare Valeria, le esperienze positive nate dalla fondazione di cooperative di soci che mettono in piedi un’azienda dimostra che, mentre le grandi multinazionali delocalizzano o chiudono i battenti, per creare e proteggere il lavoro «è importante far crescere le piccole realtà». «Le grandi aziende si spostano o chiudono – sottolinea l’imprenditrice – bisognerebbe dare opportunità a chi vuole crescere sul territorio. Non pensare di aprire holding o spa, ma favorire piccole realtà, che danno i propri frutti». 

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