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    Il medico di Bergamo guarito dal Coronavirus: “Vi racconto la malattia. Ora che sto bene dico: resistete”

    Credits: Felix Kästle/dpa
    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 13 Mar. 2020 alle 08:48 Aggiornato il 13 Mar. 2020 alle 08:51

    Coronavirus, il medico malato di Bergamo: “Sono guarito, resistete”

    Angelo Vavassori ha 53 anni, è un medico rianimatore dell’ospedale di Bergamo e dal 5 marzo scorso – dopo aver prestato le sue cure a decine di pazienti – ha scoperto di essere positivo al CoronavirusLa situazione, per lui, è precipitata in pochi giorni: febbre alta intorno a 39, difficoltà a respirare, perdita di olfatto e gusto, vista appannata. Da lì, il ricovero in ospedale, dove è stato intubato ed è stato incosciente per qualche giorno. Fino al ritorno alla vita: oggi il dottore sta meglio, è ancora ricoverato ma spera di tornare al più presto al lavoro. Vavassori ha raccontato la sua esperienza con il Coronavirus in un’intervista esclusiva concessa a Repubblica.

    “In poche ore – racconta il medico – sono passato da 15 a 40 respiri al minuto. Non mi entrava più aria nei polmoni e ho quasi perso la vista. Se sono qui lo devo ai miei colleghi medici. Nei momenti più duri mi hanno fatto sentire tranquillo. La mia storia, in ore nere, può aiutare molti a non lasciarsi andare”. Vavassori ha iniziato a curare i primi contagiati a Bergamo il 22 febbraio: esattamente una settimana dopo, ha iniziato ad avere la febbre, che non scendeva con il paracetamolo. Così, Vavassori ha iniziato a pensare che anche lui poteva aver preso il Coronavirus.

    “Per due giorni – ha detto il dottore – la mia famiglia mi ha lasciato il cibo davanti alla porta chiusa. Lo ritiravo con guanti e mascherina, poi disinfettavo tutto. Comunicavamo al telefono. Non è bastato: mia moglie e il figlio più grande di 18 anni sono rimasti contagiati. I gemelli di 14 anni e la bambina di 11, per ora no”. Ma il pensiero, adesso, va spesso a quei giorni di incoscienza, durante i quali Vavassori ha rischiato davvero di morire: “Avverti nel sonno che medici e macchine ti infondono ossigeno e ti idratano. Il tempo si concentra in un istante: ora so che è questa accelerazione che cancella passato e presente, il confine tra la vita e la morte”.

    Oggi che sta molto meglio, però, il medico si è reso conto che tornare alla vita permette di dare il giusto valore a ogni cosa. “Accanto a me – ha concluso il dottore – ci sono i miei malati: sono sorpresi quando capiscono che mi sono trasformato in uno di loro. Ma a chi sta lottando dico di non farsi paralizzare dalla paura. Bisogna restare tranquilli e affidarsi ai medici. Se penso a loro e agli infermieri mi commuovo: siamo allo stremo e la battaglia resta lunga. Chiedo a tutti di aiutarci restando in casa”.

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