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Il sequestro della Casa Maternità Le Maree e la mancanza di alternative al parto ospedaliero

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I carabinieri del Nas, nella giornata di venerdì 15 marzo, hanno disposto il sequestro della Casa Maternità Le Maree, nel quartiere Foce di Genova, una struttura nata per accompagnare le coppie nella fase di gravidanza, parto e post parto in un ambiente domestico ma condiviso, a disposizione delle persone che scelgono di non affidarsi alle cure ospedaliere.

Il provvedimento giudiziario sarebbe legato all’assenza di autorizzazioni del sindaco e della Regione Liguria ma risulta agli atti anche un importante dettaglio: 9 bambini nati nella struttura hanno riportato lesioni durante la degenza, e si è reso necessario il trasporto d’urgenza all’ospedale Gaslini.

Le indagini in corso dovranno stabilire o scongiurare l’eventuale correlazione tra le condizioni di nascita e degenza dei bambini e le successive lesioni. Il pm Giuseppe Longo ha disposto un’indagine sulle quattro gestrici della struttura, difese dagli avvocati Francesca Pastore ed Alessandro Vaccaro, che si dichiarano all’oscuro dello stato di salute dei nove bambini.

Non è la prima volta che il destino della Casa Maternità Le Maree è in bilico: la stessa inchiesta è stata precedentemente archiviata dalla pm Arianna Ciavattini. La Procura ha, tuttavia, riaperto il fascicolo dopo la denuncia di una madre che nel 2022 attribuiva alla struttura la responsabilità di un’infezione contratta dal suo bambino nato proprio nella Casa Maternità Le Maree.

In più, al numero unico di emergenza del 118 sarebbe stata segnalata l’attività di degenza post-parto per madri e neonati, che, come sottolinea Ernesto Palummeri- consulente di Alisa- richiede adeguati standard di assistenza sanitaria che pare non fossero rispettati.

Oltre alle mancate autorizzazioni e un’ipotesi di reato di lesioni colpose, nelle struttura sono state riscontrate importanti carenze igienico sanitarie. Alla struttura viene contestata anche la ricettazione: durante le ispezioni e le perquisizioni compiute l’8 marzo scorso sono stati trovati dei farmaci ad uso ospedaliero, alcuni scaduti e in cattivo stato di conservazione, tra cui il Cytotec, farmaco che può avere effetto abortivo. Gli investigatori sospettano che provengano dalle strutture sanitarie pubbliche.

Arriviamo alla giornata di ieri, 18 Marzo, in cui si è svolto un sit-in da parte di circa 50 persone, tra madri e padri che in passato si sono affidati alla struttura, che si sono mobilitate a favore dell’immediata riapertura e ripresa delle attività.

Tra le madri intervistate, le dichiarazioni di Giulia Bianchi (cognome di fantasia) a TPI rivelano un disagio dai connotati strutturali, più che specificatamente mosso da particolare affezione alla Casa Maternità:

«Quando ho partorito il mio primo figlio, in un noto ospedale a Milano, ho subìto violenza ostetrica e questo mi ha traumatizzata tanto da avermi provocato una diagnosi da disturbo post traumatico da stress post partum. Quando sono rimasta incinta della mia seconda figlia ero terrorizzata all’idea di partorire, finchè non mi sono imbattuta in una delle ostetriche che operava a Le Maree che mi ha convinta ad affidarmi alla struttura. All’inizio avevo un po’ di remore, mi sembrava un ambiente troppo “naturalista” e molto lontano da me, ma ho deciso di fidarmi ed è andata bene. Mi rendo conto che quella scelta ha rappresentato per me l’unica possibilità di partorire in un ambiente che mi sembrava almeno abbastanza controllato (non avrei mai preso in considerazione il parto in casa!) senza tornare in ospedale, che mi ha provato un vero e proprio shock. Insieme alla casa maternità è stata sequestrata anche la possibilità di avere un’alternativa al parto- e accompagnamento al parto- in ospedale e questo tramortisce chi come me non ci tornerebbe mai ma non vuole partorire in casa.»

Al netto delle indagini in corso e delle riscontrate anomalie nella struttura, è su dichiarazioni di questo tipo che è il caso di porre l’accento e riflettere collettivamente.

In Italia oggi le strutture alternative al parto in casa o in ospedale, che permettono di scongiurare la possibilità di un parto che potrebbe esporre a situazioni di pericolo per la salute della gestante e del nascituro e, allo stesso tempo, di partorire in un ambiente confortevole e familiare esistono, ma non sono regolamentate. Si tratta di strutture per lo più autogestite.

Spetta agli inquirenti stabilire se nella struttura Le Maree sono stati commessi degli illeciti, ma la mobilitazione che questo caso ha generato evidenzia un’importantissima carenza strutturale, di responsabilità istituzionale, che coinvolge la mancata regolamentazione di questi ambienti e la scarsa, quando non totalmente inesistente, erogazione di servizi sociali pubblici di parto e accompagnamento al parto che non riguardano ambienti ospedalieri. Questa mancanza sta conducendo alla privatizzazione del parto di sempre più donne che ogni anno, in Italia, scelgono di partorire in casa -nel 2022 sono state 240 le donne che hanno fatto richiesta di parto extra-ospedaliero, dato stabile rispetto all’anno precedente (erano state 242 nel 2021): in particolare, 158 (66%) donne hanno programmato un parto a domicilio, mentre 82 (34%) un parto in casa di maternità. Sono state 184 (76%) le donne che hanno completato il percorso e hanno effettivamente partorito fuori dall’ospedale; il dato è stabile rispetto all’anno precedente (erano 183 nel 2021).

La mancanza di offerta, in questo caso, non condurrà alla fine della domanda: le persone continueranno a cercare alternative al parto ospedaliero, e continueranno a non trovarlo.

Continueranno ad affidarsi a spazi non idonei, sempre che potranno permetterselo, perché l’alternativa non esiste.

Continueranno a fare da sole.

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