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“Donne braccianti contro il caporalato”: la filiera etica assume 50 giovani vittime di sfruttamento

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Cinquanta braccianti pugliesi e lucane, fino a ieri vittime di sfruttamento, da oggi saranno coinvolte nella prima filiera bio-etica contro il caporalato dedicata alle donne. Le 50 braccianti lavoreranno fino al termine della campagna di raccolta dell’uva da tavola, a novembre , e anche oltre, per i 6 mesi successivi, con quella degli agrumi.

S&D

Oltre a un contratto di lavoro dignitoso – che prevede 6,5 ore di lavoro e una paga giornaliera di 70 euro lordi (contro le 10 ore lavorative imposte dai caporali per una paga di 30 euro, oltre al costo del trasporto spesso su ‘furgoni della morte’) – le lavoratrici avranno a disposizione un alloggio e il trasporto gratuito verso i luoghi di lavoro.

Il progetto ‘Donne braccianti contro il caporalato’ è frutto dell’intesa tra l’associazione internazionale anti-caporalato NO CAP (impegnata nel promuovere e valorizzare le aziende agricole che rispettano la legalità e i diritti dei lavoratori), il Gruppo Megamark di Trani (leader della distribuzione moderna nel Mezzogiorno con oltre 500 supermercati) e Rete Perlaterra (associazione e rete tra imprese che promuovono pratiche agroecologiche di lavoro della terra).

L’iniziativa, che nasce a cinque anni dalla tragica morte della bracciante Paola Clemente nelle campagne di Andria, segue quella avviata lo scorso settembre dagli stessi attori che, dando vita alla filiera etica contro il caporalato ‘IAMME’, ha consentito di regolarizzare finora circa 150 braccianti extracomunitari tra Capitanata (Puglia) per la raccolta di pomodori da trasformarsi in conserve, Metapontino (Basilicata) per la raccolta e confezionamento di prodotti freschi e Ragusano (Sicilia) per la coltivazione di pomodori.

IAMME mira a contrastare il caporalato e, in generale, il lavoro irregolare nel settore agricolo – una piaga che non riguarda solo gli immigrati ma anche le donne braccianti del territorio – garantendo ai produttori un prezzo giusto per i loro prodotti e a lavoratori e lavoratrici il pieno rispetto dei loro diritti, a partire dall’applicazione dei contratti collettivi del lavoro.

Le lavoratrici del territorio coinvolte nel progetto raccoglieranno uva da tavola biologica nelle terre di Ginosa (Taranto), successivamente confezionata nell’impianto di Aba Bio Mediterranea di Policoro (Matera), e distribuita dal Gruppo Megamark nei supermercati a insegna A&O, Dok, Famila, Iperfamila e Sole365 del Mezzogiorno con il bollino ‘Nocap’ e il marchio etico e di qualità ‘IAMME’. I prodotti biologici IAMME – Nocap sono già presenti sugli scaffali dei supermercati del Gruppo con una linea di rossi (passate, pelati, salse pronte) e una di prodotti freschi ortofrutticoli.

Si stima una produzione di circa 950 mila confezioni da mezzo chilo di uva per un fatturato atteso di circa un milione di euro. La raccolta dell’uva avverrà fino a novembre, tuttavia sarà garantita continuità lavorativa anche nei sei mesi successivi con la raccolta degli agrumi. Oltre a un contratto di lavoro dignitoso – che prevede 6,5 ore di lavoro e una paga giornaliera di 70 euro lordi (contro le 10 ore lavorative imposte dai caporali per una paga di 30 euro, oltre al costo del trasporto spesso su ‘furgoni della morte’) – le lavoratrici avranno a disposizione un alloggio e il trasporto gratuito verso i luoghi di lavoro. I mezzi di trasporto, due van, sono stati acquistati dall’associazione NOCAP grazie a una raccolta fondi che ha coinvolto tanti donatori.

Una rivoluzione per un territorio complicato, quello compreso tra il Metaponto e il Sud della Puglia, in cui si stima siano oltre trentamila le donne braccianti potenziali vittime dello sfruttamento e della moderna schiavitù.

“Con questa iniziativa – ha dichiarato Yvan Sagnet, presidente dell’associazione NOCAP – vogliamo innanzitutto ricordare che il caporalato è un fenomeno trasversale che colpisce non solo gli immigrati, ma anche gli italiani, in particolar modo le donne. Assumere 50 donne che fino a ieri erano sfruttate significa tutelare i loro diritti, sottrarre al caporalato il controllo della manodopera e alimentare il circuito del lavoro legale della nostra filiera etica. È chiaro che questo percorso potrà crescere se ciascuno di noi farà la sua parte, a partire dalle scelte di consumo dei cittadini”

“IAMME – ha ricordato Francesco Pomarico, direttore operativo del Gruppo Megamark – è il nostro contributo per una società migliore in cui chi lavora nel settore agroalimentare, impresa o bracciante di qualsiasi razza o provenienza, deve farlo nel solco delle leggi. Oggi IAMME fa un ulteriore e importante passo avanti rivolgendo la sua attenzione alle donne per garantire la tutela dei loro diritti, troppo spesso calpestati dalla cultura dell’illegalità, affinché non accadano mai più le tragiche vicende del passato. Siamo dell’idea di far conoscere ai nostri clienti quello che portano sulle loro tavole”.

“La scommessa che abbiamo di fronte – ha sottolineato Gianni Fabbris, presidente di Rete Perlaterra – è quella di garantire un cibo giusto, producendo cicli economici fondati sui diritti e rimettendo al centro la dignità delle persone e del rapporto con la terra. Ripartire dai diritti delle donne è un modo giusto di declinare questo cambio di passo perché significa ripartire da valori profondi di tutela della vita come sanno fare le contadine e le braccianti. Lavoriamo perché nel cibo che offriamo ai cittadini sia riconoscibile il rispetto del loro ruolo, della funzione sociale, del lavoro femminile sottratto dal ricatto dei caporali e restituito alla dignità piena. Iamme è anche questo: un cibo che riparte dalle donne e scommette sulla loro dignità”.

Gli attori della filiera

Il Gruppo Megamark di Trani è la realtà leader del Mezzogiorno nella distribuzione moderna con 1,7 miliardi di vendite alle casse nel 2019, oltre 5.500 addetti e più di 500 punti vendita serviti a insegna Dok, Famila, Iperfamila, Sole365 e A&O. Attraverso la Fondazione Megamark promuove iniziative in ambito sociale, culturale e ambientale nei territori in cui opera.

L’associazione internazionale NO CAP è stata creata da Yvan Sagnet nel 2011 successivamente alla prima protesta di braccianti per le condizioni di vita e di lavoro avvenuta a Nardò, in provincia di Lecce. In prima linea per tutelare la dignità e i diritti dei lavoratori, è attiva nella lotta al caporalato, mette l’essere umano al centro rispetta l’ambiente e valorizza i prodotti del territorio.

Rete Perlaterra è un’associazione che, applicando i principi contadini della sovranità alimentare, promuove le pratiche agroecologiche di lavoro della terra e di produzione del cibo buono, con alla base alti contenuti etici e sociali. È anche una rete d’imprese agricole e della trasformazione impegnate a creare economia circolare e garantire con il proprio lavoro una prospettiva di giustizia.

Leggi anche: Bellanova a TPI: “Sanatoria migranti flop? Macché, i numeri parlano. E ora cancelliamo i decreti sicurezza”; Il grande bluff della sanatoria per i migranti / 2. Non volete la regolarizzazione dei migranti? Allora abolite i dazi sull’agricoltura / 3. Regolarizzazione migranti, la ministra Bellanova in lacrime in conferenza: “Da oggi gli invisibili saranno meno invisibili”

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