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La neo-ministra Bellanova denunciata nel 2017 dai lavoratori dei call-center “per tentata estorsione”: l’ipotesi di reato ancora al vaglio della procura

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La risposta a TPI della ministra Teresa Bellanova e dell'azienda Almaviva

La neo-ministra Bellanova denunciata nel 2017 dai lavoratori dei call-center

La neo-ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova finita in questi giorni al centro dell’attenzione dei media per il suo nuovo incarico in seguito alla formazione del governo M5S-Pd all’inizio di giugno 2017 è stata denunciata da 20 lavoratori e RSU di Almaviva per “tentata estorsione” insieme ad Andrea Antonelli, presidente del Consiglio di amministrazione dell’azienda. L’avvocato difensore dei lavoratori Cesare Antetomaso ha riferito a TPI che dopo la denuncia è stato aperto un procedimento penale affidato al pm Edoardo De Santis, e che fino allo scorso giugno la procedura risultava ancora pendente.

La vicenda del colosso di telecomunicazioni Almaviva: le tappe del più grande licenziamento degli ultimi 25 anni in Italia (di Valeria Sforzini)

Il pubblico ministero avrebbe inoltre richiesto maggiore documentazione, prontamente fornita dall’avvocato. Abbiamo tentato di contattare il magistrato ma non è stato possibile ricevere risposta alle nostre domande.

Nel testo della denuncia i 20 lavoratori di Almaviva Contact della sede di Roma descrivono l’incontro conclusivo della procedura di licenziamento collettivo per i 1666 lavoratori romani e per altri 845 dipendenti della sede di Napoli. L’incontro si è tenuto al Mise nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 2016. Secondo quanto riportato nel testo della querela, l’allora vice-ministra Bellanova, dopo essere entrata assieme al presidente del consiglio di amministrazione dell’azienda nella sala in cui si trovavano i delegati sindacali, li avrebbe accusati di aver abdicato al ruolo di sindacalisti e di essere irresponsabili nei confronti dei lavoratori rappresentati.

Dopo questa dichiarazione, secondo quanto riporta la denuncia, Bellanova avrebbe comunicato ai delegati che il 21 dicembre alle ore 24 erano scaduti i termini della procedura e che pertanto non si potevano concedere ore in più per la consultazione dei lavoratori. La vice-ministra avrebbe insistito per far votare i delegati sindacali in favore della proposta dell’azienda, riferendo che in caso contrario Almaviva Contact avrebbe chiuso i siti e licenziato tutti i lavoratori addetti.

I dipendenti ritengono quindi che gli Rsu siano stati “costretti” a dover trovare un accordo sotto la minaccia del licenziamento.

Più precisamente, l’allora vice-ministra Bellanova proponeva la possibilità di una proroga della discussione per trovare un’accordo. Un lavoratore presente alla trattativa riferisce tuttavia a TPI che nel verbale della proposta di proroga si specificava anche “il tema” della trattativa: la diminuzione del salario del 17 per cento. I contratti dei lavoratori erano part-time e una simile riduzione avrebbe portato il loro stipendio netto da seicento euro a circa cinquecento, ci informa il lavoratore.

Almaviva Contact è un azienda attiva nel settore dei call-center con sedi a Roma, Palermo e Napoli. La holding Almaviva a cui fa capo la società ha oltre 42 mila dipendenti nel mondo, di cui 10mila nel nostro Paese.

La responsabile dei rapporti con la stampa di Almaviva Ilaria De Bernardis, ha confermato a TPI che il presidente Antonelli e l’azienda non avrebbero ricevuto alcuna comunicazione del procedimento penale aperto a giugno 2017 dopo la denuncia dei lavoratori. Sulla vicenda, però, l’azienda non ha voluto fornire ulteriori commenti.

La ministra Teresa Bellanova ha invece risposto alle nostre domande con una dichiarazione scritta che riportiamo integralmente: “In relazione al vostro articolo sulla vicenda AlmaViva: 1) Non ho mai ricevuto notizia né mi è stato mai notificato alcunché. 2) La trattativa era aperta. Tutti possono testimoniare sul mio tentativo difficilissimo di mediare per cercare di trovare un accordo che consentisse, in un contesto drammatico, la mediazione tra posizioni contrapposte. 3) La proposta del governo, concordata con i Segretari generali delle Confederazioni, era l’unica possibile in quel frangente: prorogare i tempi della procedura di mobilità per consentire ulteriori tre mesi di confronto tra le parti. Le Rsu di Napoli firmarono e, pur tra varie difficoltà, sono ancora al lavoro. Le Rsu di Roma hanno purtroppo fatto un’altra scelta. Inutile dire che per me quella è una ferita ancora apertissima”.

Alla mezzanotte del 21 dicembre scadevano effettivamente i 75 giorni, durante i quali l’azienda e i sindacati avrebbero dovuto trovare un accordo. L’apertura della procedura di licenziamento di 2511 dipendenti era stata annunciata dall’azienda a ottobre 2016 e nello stesso periodo Almaviva aveva iniziato a cercare personale per un nuovo call center in Romania, a Iasi.

La riunione conclusiva al Mise tra i sindacati, l’azienda e le istituzioni, stando a quanto riferiscono i lavoratori nella denuncia era iniziata intorno alle undici del mattino.

Le parole contenute nella denuncia combaciano con il racconto del lavoratore di Almaviva contattato da TPI. Durante la discussione dei segretari di Cgil Cisl e Uil con Bellanova e Antonelli, gli altri delegati sindacali sarebbero dovuti rimanere in una stanza separata fin quando a tarda serata i segretari non sono usciti per comunicare i termini della proposta aziendale: riduzione del salario a parità di orario e in caso di rifiuto l’invio diretto della lettera di licenziamento.

Il dipendente racconta anche che l’allora vice-ministra avrebbe parlato con i lavoratori in protesta fuori dal Mise per chiedergli di convincere i delegati sindacali ad accettare l’accordo. Gli Rsu prima di rispondere no avrebbero chiesto alcune ore di tempo per poter parlare con i lavoratori ma la Bellanova avrebbe rifiutato qualsiasi proroga, impedendo così il confronto.

Sempre stando alla denuncia, alle tre di notte la discussione si sarebbe conclusa senza un accordo per la sede di Roma e con il sì di Napoli alla diminuzione del salario. Il giorno dopo i 1666 lavoratori dell’Almaviva di Roma hanno ricevuto la lettera di licenziamento.

A luglio l’azienda ha annunciato altri 1600 licenziamenti in arrivo per la sede di Palermo, a seguito del taglio del 70 per cento delle commesse di Tim e Wind. Il 5 settembre doveva esserci un nuovo Tavolo al Mise con i sindacati, rinviato a causa della recente crisi di governo.

L’intera vicenda di Almaviva è stata ampiamente ricostruita dal giornalista del Manifesto Massimo Franchi, che nel suo libro “Licenziati! Almaviva Roma 2005-2018” scritto con Antonio Sciotto e pubblicato da manifestolibri riporta anche il testo della denuncia dei lavoratori romani. Nel libro si ricostruisce l’intera storia dell’azienda e dei suoi conflittuali rapporti con i lavoratori.

La prima grande procedura di licenziamento per i lavoratori era arrivata già a marzo del 2016 e riguardava le sedi Almaviva Contact di Palermo, Roma e Napoli per un totale di 2.998 dipendenti, di cui il 70 per cento donne. Dopo lunghe trattative a maggio si era riusciti a trovare una mediazione con l’intervento della vice-ministra Bellanova e dell’allora ministro allo Sviluppo Economico Carlo Calenda che stopparono i licenziamenti. L’accordo prevedeva 6 mesi di nuova solidarietà e 12 di Cassa integrazione.

Dopo l’apertura della nuova procedura di licenziamento a ottobre 2016, invece, l’attività di mediazione non è riuscita a ottenere gli stessi risultati. Nei mesi successivi a quella notte di dicembre che portò al licenziamento di 1666 lavoratori, molti dipendenti hanno presentato ricorso al Tribunale del Lavoro di Roma e a giugno 2017 è scattata la denuncia dei lavoratori “per tentata estorsione” nei confronti di Bellanova.

Il 16 novembre del 2017 il giudice del lavoro di Roma, Umberto Buonassisi, ha accolto il ricorso di 153 dipendenti contro l’azienda, condannando Almaviva a reintegrarli e a pagare un risarcimento di 3 milioni di euro.

Almaviva ha risposto col trasferimento di 144 ex dipendenti reintegrati da Roma a Catania. Tutti i dipendenti avrebbero dovuto lasciare la Capitale per scendere in Sicilia. La sentenza 1818 del 17 aprile 2019 della Corte di appello di Roma ribalta il giudizio del giudice del lavoro di oltre due anni prima e dichiara il licenziamento legittimo.

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