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Home » Esteri

“Spari, urla, gente in terra: io eurodeputato a Strasburgo vi racconto cosa ho visto”

Immagine di copertina
Credit: BOZON / AFP

Il racconto dell'eurodeputato Marco Affronte che la sera dell'11 dicembre è rimasto coinvolto nell'attentato di Strasburgo in cui sono morte 3 persone e 14 sono rimaste ferite

“Non è una mattina normale, c’è tristezza, amarezza, e il pensiero va alle persone che hanno lasciato la vita sulla strada, si pensa ai loro familiari. Si cerca di andare avanti con le attività quotidiane”.

S&D

Sono le parole di Marco Affronte, eurodeputato che la sera dell’11 dicembre stava passeggiando tra i mercatini di Natale di Strasburgo ed è rimasto coinvolto nell’attentato in cui sono morte 3 persone e 14 sono rimaste ferite.

(A questo link i video dell’attentato, qui invece un riassunto, punto per punto, di quello che è successo).

Se non visualizzi gli ultimissimi aggiornamenti clicca qui.

TPI lo ha raggiunto telefonicamente per un racconto dell’accaduto.

Partiamo da questa mattina, la situazione è tornata alla normalità?

Stamattina la situazione sembra essersi tranquillizzata, io ora sono in Parlamento, le attività sono riprese regolarmente, mi sembrava stamattina il centro fosse tornato più o meno tranquillo.

Ci può raccontare cosa ha visto, cosa è successo ieri sera?

Sono uscito dal Parlamento verso le sette e mezzo, sono andato in centro a piedi, dove, tra l’altro, all’ingresso del centro due persone della sicurezza hanno controllato la borsa che avevo con me con il pc, ho lasciato la borsa in albergo, ho fatto una passeggiata a piedi e ho sentito questi sei-sette colpi in sequenza. Inizialmente non ho nemmeno pensato fossero spari.

Poi cosa è accaduto?

Poi ho sentito le grida, la concitazione, ho visto due persone per terra con altre intorno che chiedevano aiuto e urlavano, successivamente è arrivata la polizia che ha cominciato a urlare “via, non occupate le strade, non state all’aperto, cercate un riparo”.

Hanno pian piano allargato l’aerea di evacuazione, io sono scappato insieme a due passanti francesi, la polizia ci diceva “non state qui”. Abbiamo suonato a un portone, ci hanno aperto e ci siamo riparati nel cortile interno dove siamo rimasti fino alle 23. Poi il centro era chiuso, non si poteva uscire, ho fatto una corsa a piedi fino al mio albergo.

In quale momento si è reso conto che si trattava di un possibile attentato?

Anche quando ho visto le persone a terra, con le grida e la polizia, non so perché, non ho pensato a un attentato. Ci ho pensato dopo quando tra le varie grida della polizia uno di loro ripeteva “terroriste” , e che quindi avevano inquadrato la situazione in questo modo.

Un individuo da solo è riuscito a mettere in ginocchio la polizia francese, a seminare il panico uccidendo ben tre persone e a fuggire. C’è un buco nella sicurezza francese?

Quelle situazioni lì purtroppo sono l’ideale per attentati di questo tipo, è brutto dirlo, ma ci sono tante persone tutte concentrate insieme, nonostante ci fossero i controlli di sicurezza che hanno fermato anche me, credo fosse impossibile intercettare una persona con in tasca un’arma.

Notavo peraltro che quasi tutti gli ingressi del centro hanno i paletti di controllo, ma la singola persona è molto difficile da intercettare.

Rispetto all’attentato sventato del 2000, i livelli di allerta si sono abbassati? C’è più difficoltà nel controllo sul singolo, rispetto a quelli  con i furgoni, cui ci eravamo tristemente abituati?

Sul piano delle istituzioni, sia a Bruxelles che a Strasburgo, il livello è sempre rimasto giallo, in giro per la città non avevo notato particolari misure di sicurezza, che poi stessero operando per intercettare certe persone è un lavoro che fanno continuamente, però visivamente non si percepivano particolari misure di sicurezza.

È vero che questa settimana qui era particolare con la concomitanza della seduta plenaria del Parlamento e dei mercatini di Natale, c’è tantissima gente.

Scoprendo il profilo dell’attentatore si apprende che era un “ibrido”, ossia un criminale poi radicalizzato e prestato a terrorismo non organizzato. L’attentatore è un cittadino francese di origini nordafricane ma nato e cresciuto a Strasburgo. Il nostro ministro dell’Interno è intervenuto dicendo “Rifletta in Europa chi parla di porte aperte e porti aperti”. Come commenta?

Trovo veramente sconveniente che il ministro dell’Interno trovi il pretesto per collegare questo attentato ai suoi temi cari che sono quelli dell’immigrazione e soprattutto della paura che vuole mantenere alta per la sua propaganda.

Come ha detto Lei questa persona era nata e cresciuta sul territorio, poi radicalizzata con il tempo, con una storia di criminalità alle spalle, non c’è dubbio che dobbiamo fare di più da due punti di vista: da quello della sicurezza e delle indagini, e quindi anche con l’idea di coordinarci a livello europeo. E l’altro è proprio il lavoro del Parlamento europeo, ieri abbiamo votato la risoluzione sui visti, l’idea di poter fronteggiare queste emergenze anche con un lavoro di integrazione, di diplomazia e di dialogo. Lo scontro non è la strada giusta per risolvere queste questioni.

Quando si parla dei famosi “lupi solitari” c’è appunto da considerare anche l’aspetto di una mancata integrazione…

Come ho detto sono tematiche sulle quali bisogna insistere. È purtroppo anche vero che questi lupi solitari sono persone che cercano in qualche modo di emergere facendo atti di questo tipo con problematiche probabilmente personali. Ci sono tanti fattori che vanno valutati e proprio su questi singoli attentatori è la parte più difficile su cui lavorare.

So che il 10 per cento delle persone attenzionate in Francia per quello che riguarda possibili attentati terroristici vivono a Strasburgo, quindi è una città molto particolare, sia come concentrazione di queste persone, sia perché è un simbolo dell’Unione europea e ovviamente un obiettivo sensibile.

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