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Home » Esteri

Egitto, l’attivista sostenitrice della famiglia Regeni è stata condannata a due anni di carcere

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L'attivista egiziana per i diritti umani Amal Fathy è stata condannata a due anni di carcere con sospensione temporanea della pena dietro pagamento di una multa di 480 euro

Da venerdì 11 maggio, Amal Fathy è detenuta nel carcere di massima sicurezza Torah, in Egitto.

La donna è un’attivista impegnata per il rispetto dei diritti civili in Egitto ed è la moglie di Mohamed Lotfy, responsabile della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), nonché legale e sostenitore dei Regeni al Cairo.

Dopo 141 giorni di carcere l’attivista egiziana per i diritti umani Amal Fathy è stata condannata a due anni di carcere con sospensione temporanea della pena dietro pagamento di una multa di 480 euro e una cauzione di 960. Fathy è stata condannata per aver denunciato su Facebook le molestie ricevuto da un dipendente pubblico.

Il 15 luglio 2018, si è tenuta la nuova udienza nel processo n° 621 di procedimenti di sicurezza dello stato che la vede coinvolta, con un rinnovo della detenzione di altri 15 giorni. Lo stato di salute della donna resta preoccupante: Amal lamenta insensibilità all’arto inferiore sinistro ed è incapace di camminare senza aiuto.

Amal Fathy è stata arrestata nelle prime ore dell’11 maggio insieme al marito, Mohamed Lotfy, ex ricercatore di Amnesty International e attuale direttore della Commissione egiziana per i diritti e le libertà, l’organizzazione non governativa egiziana che fornisce consulenza legale alla famiglia di Giulio Regeni. Lotfy e il loro figlio di tre anni sono stati rilasciati grazie al doppio passaporto svizzero.

Amal Fathy è rimasta da allora in carcere ed è persino oggetto di un’altra inchiesta, per la quale è in detenzione preventiva, con le accuse di “appartenenza a un gruppo terroristico”, “diffusione di idee che incitano ad atti di terrorismo” e “pubblicazione di notizie false”. La prossima udienza per decidere se rinnovare o meno la detenzione preventiva è fissata al 14 ottobre.

Di Amal Fathy aveva parlato anche il presidente della Camera Roberto Fico nella sua ultima visita al Cairo, durante l’incontro con il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi.

“Al presidente ho portato anche la mia preoccupazione sulla carcerazione di Amal Fathy, la moglie di uno dei consulenti legali della famiglia Regeni. Sono molte le associazioni che sono venute a Montecitorio a chiedere la sua liberazione”, aveva detto Fico.

“Un vero e proprio oltraggio alla giustizia”, commenta Riccardo Noury di Amnesty International.

“Siamo al paradosso: una persona che ha subito e denunciato molestie sessuali viene condannata e chi ne è stato l’autore resta in libertà. Amal Fathy sta dalla parte dei diritti umani. Non è una criminale e non dovrebbe essere punita per il suo coraggio“ ha aggiunto.

Di seguito il racconto di Mohamed Lotfy che spiega a TPI i tragici istanti della notte dell’arresto, durante il quale tutta la sua famiglia è stata vittima di un’incursione notturna delle forze di sicurezza egiziane.

“Sono arrivati alle 2.30, nel bel mezzo della notte. Le forze speciali e gli agenti di sicurezza nazionale hanno fatto irruzione in casa nostra mentre dormivamo. Io, mia moglie e mio figlio di tre anni siamo stati portati in una stazione di polizia. I raid notturni sono la loro tecnica. L’ufficiale mi ha detto che aveva un mandato di arresto ma si è rifiutato di mostrarmelo”.

“Io e mio figlio siamo stati liberati poche ore dopo l’arresto, in quanto abbiamo il doppio passaporto egiziano e svizzero. L’ambasciata svizzera è intervenuta per noi. Mia moglie, Amal Fathy è ancora in stato di fermo e rischia di essere condannata a un numero imprecisato di anni di carcere per terrorismo”, spiega Mohamed.

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