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Il Parlamento europeo ha votato a favore delle sanzioni contro l’Ungheria

Immagine di copertina
Il premier dell'Ungheria, Viktor Orban. Credit: AFP PHOTO / FREDERICK FLORIN

Approvata l'attivazione della cosiddetta opzione nucleare contro Budapest: ora dovrà esprimersi il Consiglio Ue

Mercoledì 12 settembre 2018 il Parlamento europeo ha approvato l’attivazione della cosiddetta “opzione nucleare” contro l’Ungheria.

S&D

Gli eurodeputati hanno votato a favore dell’applicazione nei confronti di Budapest delle sanzioni contenute nell’articolo 7 del Trattato di Lisbona, che prevede la possibilità di sospendere alcuni diritti a uno Stato membro in caso di mancato rispetto dei valori fondanti dell’Unione europea.

Le sanzioni possono arrivare fino alla cancellazione del diritto di voto del Paese nel Consiglio dell’Unione europea.

Peraltro, è molto difficile che la procedura sanzionatoria contro Budapest venga attivata: il Trattato di Lisbona prevede infatti maggioranze qualificate piuttosto difficili da raggiungere, almeno in questo caso.

La votazione

La votazione si è resa necessaria dopo che la parlamentare Judith Sargentini, olandese iscritta al gruppo dei Verdi, ha presentato un rapporto in cui si evidenzia la limitazione di alcuni diritti fondamentali in Ungheria e si chiede, appunto, l’applicazione dell’articolo 7.

L’attivazione dell’opzione nucleare è stata approvata con 448 voti a favore, 197 contrari e 48 astenuti.

“Le sanzioni sono una pagina bruttissima per la democrazia e l’intera Europa. Orban è vittima di uno squallido agguato politico orchestrato dalla sinistra filo immigrati e dalle lobby di potere della Ue”, ha commentato la capogruppo della Lega al Parlamento europeo Mara Bizzotto.

“Dopo l’Ungheria di Orban e la Polonia di Kaczyski e Morawiecki, nei prossimi mesi la sinistra e la Ue metteranno nel mirino anche l’Italia”, ha aggiunto Bizzotto.

L’articolo 7 

L’articolo 7 del Trattato di Lisbona può essere applicato nel caso in cui si riscontri una grave violazione da parte di uno Stato membro ai valori fondati dell’Unione europea.

I valori sono indicati all’articolo 2 dello stesso trattato. L’elenco comprende il rispetto per la dignità umana, la libertà, la democrazia, l’uguaglianza, lo stato di diritto e il rispetto per i diritti umani.

Qualora risultino violati uno o più di questi valori, uno Stato può vedersi sospesi alcuni dei diritti derivanti dall’applicazione dei trattati europei, inclusi i diritti di voto del rappresentante del governo di tale Stato membro in seno al Consiglio dell’Unione europea.

Per l’applicazione dell’articolo 7 è necessario che a richiederla siano, con proposta motivata, un terzo degli Stati membri, della Commissione o del Parlamento europeo.

La votazione è articolata in tre step successivi.

Il primo voto spetta al Parlamento, dove è necessario raggiungere la maggioranza dei due terzi dei votanti e la maggioranza assoluta dei membri.

Se c’è l’approvazione da parte dell’assemblea, la palla passa al Consiglio Ue: qui avvengono i due passaggi successivi.

In prima istanza, il Consiglio si esprime sul “rischio manifesto” di una grave violazione dei diritti da parte dello Stato membro: è necessario il voto favorevole di quattro quinti dei membri.

Se si raggiungono i quattro quinti, il Consiglio è poi chiamato a votare all’unanimità l'”esistenza di una grave e persistente violazione” dei diritti da parte dello Stato.

Cosa ha detto Orban

Martedì 11 settembre il premier ungherese Viktor Orban (chi è), come previsto in questi casi dal trattato, è intervenuto davanti al Parlamento europeo.

Nel suo discorso non ha arretrato di un centimetro rispetto alle sue posizioni rigide in particolare su sicurezza e immigrazione.

“L’Ungheria non diventerà un paese di immigrazione, fermeremo i migranti anche contro di voi se sarà necessario”, ha affermato.

“Condannerete l’Ungheria che con il suo lavoro e il suo sangue ha contribuito alla storia della nostra magnifica Europa, che si e’ sollevata contro l’esercito più importante del mondo, quello sovietico, e che ha pagato un forte scotto per difendere la democrazia”.

“Siamo noi a difendere le nostre frontiere e solo noi possiamo decidere con chi vivere e come vivere”, ha sottolineato.

“Le decisioni ungheresi sono prese dagli elettori nelle elezioni: non potete credere che il popolo ungherese non sappia cosa sia meglio per il suo interesse”, ha aggiunto il premier.

Orban ha poi chiarito che non intende affatto uscire dal Ppe. “Ci ha portato dentro Kohl nel Ppe e solo lui può mandarci via, ma Kohl è morto”, ha detto.

Poi, l’attacco al presidente francese Emmanuel Macron: “Macron vuole distruggere il Ppe, se il Ppe non riesce a decidere quale strada seguire, non vincerà le elezioni europee del maggio 2019. Macron sta cercando di dividerci, sta utilizzando la nostra debolezza per distruggere il Ppe”.

Se dopo le elezioni europee ci sarà un’alleanza tra Ppe, socialisti e liberali, ha aggiunto Orban, “verremo invasi dagli immigrati e dimenticheremo l’Europa come è oggi”.

Gli schieramenti

Fidesz, il partito di Orban, aderisce nell’Europarlamento al gruppo del Partito popolare (Ppe). Sull’applicazione dell’articolo 7 il partito è diviso e il capogruppo, il tedesco Manfred Weber ha lasciato ai suoi libertà di voto.

Più netti gli schieramenti degli altri gruppi: nel centrosinistra sia il Partito socialista (Pse) sia i Verdi hanno annunciato voto favorevole alle sanzioni. Così anche i Liberali.

Voto certamente contrario, invece, da parte del gruppo Europa delle Nazioni, di cui fanno parte tra gli altri la Lega e il Fronte Nazionale francese.

Le possibili sanzioni contro l’Ungheria spaccano anche il Governo italiano: la Lega sta dalla parte di Orban, il Movimento Cinque Stelle (iscritto al gruppo Europa delle Libertà e della Democrazia diretta) è invece favorevole alle sanzioni.

Lega e M5S

Il voto sulle sanzioni all’Ungheria divide la maggioranza di governo italiana.

La Lega è schierata al fianco di Orban, come ampiamente prevedibile, considerato il legame tra il leader del partito, Matteo Salvini, e il premier ungherese.

Il Movimento Cinque Stelle, invece, ha annunciato voto favorevole all’applicazione dell’articolo 7.

In una nota il movimento guidato dal vicepremier Luigi Di Maio ha attaccato “questa Europa ipocrita”.

“Per noi Orban, Macron, Merkel e Junker sono fatti della stessa pasta. Hanno lasciata sola l’Italia perché non aprono i loro porti e non accettano i ricollocamenti dei migranti. Il M5s è in Europa per difendere gli interessi degli italiani”, si legge nel comunicato.

L’eurodeputata pentastellata Laura Agea ha poi ricordato che lo stato di diritto dell’Ungheria “non è una materia inserita nel contratto di governo Lega-M5S”.

Tra M5s e Lega “non c’è alcun problema” sulle sanzioni all’Ungheria, ha minimizzato Salvini, parlando con l’agenzia di stampa Agi.

“Ognuno è libero di scegliere cosa fare, la Lega difenderà sempre il valore supremo della libertà”, ha sottolineato Salvini. “Il governo e il popolo ungherese vogliono più sicurezza e più lavoro. E per questo l’Europa li processa? Una follia”.

“Voteremo in difesa di Orban, l’Europarlamento non può fare processi ai popoli e ai governi eletti”, ha spiegato Salvini in una nota ufficiale.

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