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Il premier Conte ha incontrato i genitori di Giulio Regeni: “Il governo è al loro fianco”

Immagine di copertina
Il premier Giuseppe Conte. Credit: AFP Photo/Ludovic Marin

La posizione del nuovo governo sulla questione Regeni è ancora poco chiara. L'attivista egiziana Amal Fathy rimane in carcere nonostante la mobilitazione del collettivo "Giulio siamo noi"

Il premier Giuseppe Conte ha incontrato oggi, venerdì 13 luglio, Paola Deffendi e Claudio Regeni, genitori di Giulio Regeni, lo studente italiano torturato e ucciso in Egitto in circostanze ancora misteriose. Lo ha reso noto un comunicato pubblicato sul sito di palazzo Chigi.

S&D

L’incontro si è svolto alle ore 16.30 a palazzo Chigi.

Al termine dell’incontro, il presidente del Consiglio ha diramato una nota: “Oggi ho voluto incontrare i genitori di Giulio Regeni, dei quali comprendo il grande dolore, affinché non si sentano soli e abbandonati dalle istituzioni italiane”.

“Prima di questo incontro ho acquisito dal procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone un aggiornamento sugli ultimi sviluppi dell’inchiesta”, continua la nota del premier.

“Ho sentito anche il nostro ambasciatore in Egitto, Giampaolo Cantini, per avere ulteriori informazioni. Ammiro la perseveranza, la compostezza e il coraggio con cui questi due genitori, da due anni e mezzo, stanno combattendo per la verità e la giustizia. A Paola Deffendi e Claudio Regeni ho assicurato che questo governo è al loro fianco in questa battaglia e che farà tutto ciò che è necessario per giungere alla verità”, ha assicurato Conte.

“Prima del nostro insediamento, è stato deciso di far rientrare al Cairo il nostro ambasciatore. Noi sfrutteremo la sua presenza in Egitto a sostegno di un’azione costante perché si faccia definitivamente chiarezza sulla tragica morte di Giulio”, termina la nota del presidente del Consiglio.

Alle 15 invece i genitori di Giulio Regeni hanno incontrato il presidente della Camera Roberto Fico e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi.

“Oggi prosegue un percorso che abbiamo già avviato e che continua sulla strada tracciata dai genitori di Giulio Regeni, che ho incontrato per la prima volta più di un mese fa e oggi prosegue quel percorso anche con il ministro degli Esteri Moavero”, ha detto Fico al termine dell’incontro. Abbiamo fatto una riunione anche operativa”, ribadendo che c’è “un solo obiettivo: arrivare alla verita’ sull’uccisione di Giulio, che e’ stato torturato ed ucciso a Il Cairo”.

Durante l’incontro, ha quindi riferito Fico, sono state prese in considerazione anche “alcune iniziative da costruire”, tra cui potrebbe esserci anche quella di una visita in Egitto da parte dello stesso presidente della Camera, ma è ancora tutto da definire: “vedremo, ci stiamo lavorando”, ha spiegato.

Oggi è stata diffusa anche la notizia che il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, viaggerà “a breve” in Egitto.

È stato lo stesso capo della Farnesina a dirlo nel corso dell’audizione in Senato, mettendo in relazione il viaggio con la fattiva collaborazione” tra le autorità italiane e quelle del paese arabo sul caso Regeni, sul quale l’Italia vuole mantenere “l’attenzione”.

Al tempo stesso, ha aggiunto Moavero, il rapporto con Il Cairo è “importante per il suo ruolo nello scacchiere libico” e in Cirenaica, dove comanda il maresciallo Khalifa Haftar.

La posizione del ministro Salvini sul caso Regeni

La posizione del nuovo governo sulla questione Regeni è ancora poco chiara.

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera a giugno ha dichiarato che “i rapporti con l’Egitto sono troppo importanti” perché l’Italia ingaggi una battaglia col Cairo per chiedere la verità sull’uccisione del ricercatore.

“C’è da riannodare una relazione stabile con l’Egitto. C’è da fare chiarezza piena sull’uccisione di Giulio Regeni, ma l’Egitto è un paese troppo importante perché l’Italia non abbia relazioni stabili”, ha osservato il ministro.

La posizione di Salvini sembra essere cambiata rispetto a quanto lo stesso segretario della Lega aveva sostenuto nei mesi successivi all’omicidio del 28enne friulano.

In questa intervista video del 13 aprile 2016, ad esempio, il leader leghista aveva detto che l’Egitto stava prendendo in giro l’Italia e che il governo italiano non aveva mostrato sufficiente determinazione nell’approfondire la vicenda.

“È una farsa, il problema però non è l’Egitto che ci sta letteralmente prendendo in giro, ma un paese come l’Italia che evidentemente conta come il 2 di picche e viene irriso non solo dall’India, dopo quattro anni con i marò, ma anche dall’Egitto”, aveva detto Salvini.

“Posso solo essere vicino alla famiglia e sperare che ci sia un ministro del governo italiano che tiri fuori un minimo di attributi”, aveva aggiunto.

Il caso Regeni in breve

Il 25 gennaio 2016 si perdevano le tracce di Giulio Regeni, il ricercatore italiano che viveva in Egitto e che stava svolgendo un dottorato di ricerca sui sindacati indipendenti egiziani per l’università di Cambridge.

Mercoledì 3 febbraio 2016 una nota del ministero degli Affari Esteri italiano annunciava che il corpo senza vita di un giovane era stato ritrovato al Cairo, era il cadavere del giovane Giulio. Il corpo martoriato era stato rinvenuto in un fosso alla periferia del Cairo dopo alcuni giorni di ricerche.

Da quel giorno, la famiglia Regeni, gli avvocati cui è stato affidato il caso e tutti gli attivisti, italiani ed egiziani, che si interessano della vicenda, chiedono con insistenza che non vengano spenti i riflettori su questa morte misteriosa e che finalmente la verità possa venire a galla.

Le autorità egiziane sono state criticate da più parti per non aver adeguatamente contribuito all’accertamento della verità.

Alla fine di giugno 2018, dopo l’analisi dei filmati delle telecamere di sicurezza della metro della capitale egiziana, un comunicato congiunto diramato dalle due procure del Cairo e di Roma ha reso noto che “dall’esame delle registrazioni acquisite è emerso che vi sono diversi ‘buchi’ temporali in cui non vi sono né video né immagini” pertanto “sono necessarie ulteriori indagini”.

Lo scorso 15 maggio una delegazione italiana, guidata dal pm Sergio Colaiocco, era andata in Egitto per recuperare oltre due ore di filmati ripresi dalle telecamere presenti in tutte le stazioni della linea 2 della metro del Cairo tra le 19 e le 21 del 25 gennaio 2016, l’arco temporale in cui si persero le tracce di Regeni, il cui cadavere venne ritrovato il 3 febbraio successivo.

La Procura di Roma resta ferma su un punto: poliziotti e agenti dei Servizi egiziani hanno tenuto sotto controllo Regeni già dal dicembre 2015. Il motivo, probabilmente, è da ricondurre agli studi del ricercatore, corroborati da interviste a sindacalisti e ambulanti, categorie tenute sotto osservazione dal governo di al-Sisi.

Da venerdì 11 maggio, l’attivista egiziana Amal Fathy è detenuta nel carcere di massima sicurezza Torah, in Egitto.

La donna è la moglie di Mohamed Lotfy, responsabile della Commissione egiziana per i diritti e le libertà (ECRF), nonché legale e sostenitore dei Regeni al Cairo.

Per chiedere la sua liberazione, la madre di Giulio Regeni e l’avvocata della famiglia Alessandra Ballerini hanno lanciato uno sciopero della fame a staffetta sostenute dal collettivo “Giulio siamo noi”.

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