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Home » Sport

“Salah punito da Allah perché ha interrotto il Ramadan”, così dice un imam

Immagine di copertina
Il momento dell'infortunio di Salah durante Real Madrid Liverpool

L'attaccante del Liverpool si è infortunato durante la finale di Champions League contro il Real Madrid

L’infortunio rimediato da Mohamed Salah alla mezz’ora della finale di Champions League contro il Real Madrid è stato un castigo divino per aver interrotto il digiuno imposto dal Ramadan.

A sostenerlo è stato un imam del Kuwait, Mubarak al-Bathali, che su Twitter ha scritto: “Dio lo ha punito perché mangiare e bere per poter disputare una partita di calcio non è una scusa legittima per interrompere il digiuno durante il mese sacro”.

Alla notizia, forse, avrà fatto un sospiro di sollievo il difensore dei blancos Sergio Ramos, protagonista dell’intervento scomposto ai danni dell’egiziano, finito al centro di un polverone arabo (la petizione contro di lui ha superato le 510.000 firme) mediatico e non solo.

Quindi, visto che ai musulmani è concesso di violare il digiuno per motivi di viaggio, se Momo (così è soprannominato) avesse deciso d’infrangere il Ramadan perché doveva spostarsi dalla sua Liverpool a Kiev (sede della finale) per giocare la partita, non avrebbe commesso peccato.

Scegliendo invece di non attenersi al precetto solo per non compromettere la gara, avrebbe sfidato le ire di Allah, che si sarebbe così vendicato facendolo infortunare.

Secondo Al-Bathali “Salah ha ricevuto un cattivo consiglio (quello di un nutrizionista, ndr) e sfortunatamente dovrà sopportarne il peso. La vita è nella mani di Dio, tutto accade secondo la sua volontà e forse l’infortunio è una cosa buona”.

In chiusura di anatema social, il predicatore ha voluto lasciare una speranza all’attaccante di Liverpool ed Egitto: “Salah è un uomo virtuoso, buono e rispettato. E’ un grande ambasciatore per i musulmani e ne sta migliorando l’immagine in Occidente. Non deve rattristarsi, perché la porta del pentimento è aperta”.

Consiglio che Salah forse seguirà. Anche perché c’è un Mondiale da giocare

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