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Home » Esteri

L’uomo che ha dormito con il cadavere della moglie per sei giorni

Immagine di copertina

Il signor Davison ha dichiarato che è rimasto a dormire nella stessa stanza perché non riusciva a sopportare che venisse portata via “da un estraneo in un frigorifero”

Russell Davison, un cittadino britannico di 50 anni, ha rivelato che dopo la morte di sua moglie Wendy, avvenuta il 21 aprile, invece di informare immediatamente le pompe funebri ha dormito nella stessa stanza con il cadavere per sei giorni. “Lo consiglierei a chiunque”, ha detto all’Independent.

S&D

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La signora Davison, anche lei di 50 anni, è morta nella sua casa a Derby, Regno Unito, a causa di un cancro alla cervice contro cui combatteva da anni, lasciando il marito Russell e due figli.

Già nel 2014, quando alla signora Davison erano stati dati sei mesi di vita, la coppia aveva scelto di rinunciare alle terapie classiche e era andata in viaggio in tutta Europa, ma lo scorso settembre era tornata a farsi curare presso il Royal Derby Hospital, decidendo però di terminare la sua vita a casa sua.

Il signor Davison ha dichiarato con un post su Facebook, e poi anche durante alcune interviste televisive, che dopo la morte di Wendy è rimasto a dormire nella stessa stanza di sua moglie per sei notti perché non riusciva a sopportare il pensiero che lei venisse portata via “da un estraneo in un frigorifero”, e che l’esperienza è stata commovente e bellissima.

Russell ha anche invitato parenti e amici a visitare la stanza e a parlare con Wendy per elaborare il lutto, e rimane convinto che restare vicini al corpo di una persona cara sia assolutamente utile da questo punto di vista.

“Wendy è morta molto serenamente, completamente sedata, senza alcun dolore, tra le mie braccia, quelle di Dylan e con il nostro cane accanto”, ha raccontato Davison un lungo post su Facebook. “Dopo un po’ abbiamo lavato delicatamente e amorevolmente il corpo di Wendy, l’abbiamo vestita e l’abbiamo posta nel suo ‘bozzolo’ – una parola che preferiamo usare al posto della bara”.

“La morte sembra essere un soggetto tabù nella nostra società, nessuno sembra volerne parlare. Wendy e io non eravamo così, ne abbiamo parlato molto. Siamo stati ingannati dalla televisione e dai film a pensare che ci sia qualcosa da temere dai cadaveri, non è così, posso assicurarvelo”.

La prima notte, dopo aver pianto a lungo, l’uomo è entrato nel letto accanto alla bara, ha letto qualcosa sul suo kindle e si è messo a dormire, senza nulla che lo sconvolgesse particolarmente nella presenza della moglie, che anzi ha descritto come “confortante”. 

Solo giovedì 27 aprile, dopo aver informato un agente di polizia, Davison e i suoi figli hanno messo il corpo di Mrs Davison sul retro della loro Land Rover Discovery e lo hanno portato al crematorio.

In un’intervista all’Independent, Davison ha anche fornito i dettagli della sua convivenza col corpo: “Le ho messo un pannolone, nel caso ci fosse incontinenza, ma non è successo. Non c’erano cattivi odori, nessun liquido. Non abbiamo fatto altro che tirare le tende così che il suo corpo non fosse esposto alla luce diretta del sole, non c’è stata una vera decomposizione, niente di estremamente sgradevole o inquietante.

Il suo viso verso la fine si è abbassato un po’ e la bocca ha cominciato ad aprirsi, ma non c’era niente che potesse accadere al corpo di Wendy che ci spaventasse. Stavamo guardando ciò che la natura fa quando viene lasciata agire”.

La coppia da molti anni era coinvolta in diverse pratiche religiose non occidentali, dal buddismo al paganesimo, dalle tradizioni indiane nordamericane alle pratiche spirituali ancestrali, e circa 70 persone si sono unite nel vegliare sulla defunta parlando di lei tra candele e incensi.

“Uno dei miei amici è un ex pugile, uno dei tipi più duri che conosca, e nonostante questo non voleva entrare in camera da letto perché aveva paura, ma mi ha detto ‘Se per te è importante, lo farò’”, ha raccontato Davison. “Alla fine è rimasto per un’ora e mezza, e mi ha confidato: ‘Russel, quest’esperienza ha completamente cambiato il modo in cui vedo la morte'”.

Anche una bambina di quattro anni era presente tra i visitatori, e Davison dice che non ha dato nessun segno di paura o disagio, e che anzi probabilmente quest’esperienza la aiuterà nella sua futura concezione della morte”.

“Viviamo in una società così orientata alla paura. Siamo diventati incredibilmente spaventati dalla morte, pietrificati. Non è così nelle culture naturali. Se andassimo in Amazzonia e vedessimo come trattano i loro morti, con i bambini intorno al corpo, loro stessi direbbero che quello che abbiamo fatto con Wendy è stato totalmente normale”.

Questa l’intervista di Davison al programma televisivo britannico This Morning, e in basso il post in cui ha raccontato la sua storia su Facebook:

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