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Home » Esteri

Le elezioni a Gibuti

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La campagna elettorale nel paese è stata caratterizzata da tensioni interne forti. Il presidente uscente, Ismail Omar Guelleh sarebbe favorito per un quarto mandato

Gli elettori di Gibuti sono chiamati alla urne per votare il loro presidente. La campagna elettorale nel paese è stata caratterizzata da tensioni interne forti. I sondaggi danno il presidente uscente, Ismail Omar Guelleh,del partito Raggruppamento Popolare per il Progresso, come favorito per un quarto mandato. 

S&D

Il presidente è al potere dal 1999, ed è solo il secondo presidente del paese da quando Gibuti ha avuto l’indipendenza dalla Francia nel 1977. È succeduto allo zio, Hassan Gould Aptidon. 

L’opposizione ha accolto male il cambiamento di rotta del presidente che ha annullato la sua decisione precedente di non correre per un quarto mandato, e alcuni partiti dell’opposizione hanno scelto di boicottare le elezioni. 

I membri dell’opposizione di Gibuti hanno fortemente criticato la brutalità della polizia nei loro confronti e hanno detto di non avere ricevuto una copertura mediatica equa. Nessun candidato espressione dell’opposizione sarebbe abbastanza forte da poter avere chanches di vittoria contro il presidente uscente. 

Nel 2010 la costituzione era stata modificata per rimuovere il limite di due mandati e ridurre il mandato presidenziale da sei anni a cinque. Guelleh aveva promesso che quella del 2011 sarebbe stata la sua terza e ultima elezione, ma poi ha cambiato idea, ripresentandosi anche alle elezioni del 2016. 

L’allerta nel paese è alta per timori di proteste che potrebbero degenerare in episodi di violenza. In tutto sono sei i candidati per la corsa alla presidenza. Per vincere si deve avere la maggioranza assoluta dei voti. Se nessuno la ottiene, i due candidati più votati vanno al ballottaggio. 

Il candidato del principale partito all’opposizione, Unione per la salvezza nazionale, Usn, è Omar Elmi Kaireh, un eroe dell’indipendenza nazionale. Mohamed Daoud Chehem è invece il candidato del Partito per lo sviluppo, un gruppo scissionista dell’uso.

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