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Da Primo Levi agli ululati razzisti: “La pallonata di Balotelli un punto di svolta”

Intervista a Adam Smulevich, autore del libro "Un calcio al razzismo" insieme a Massimiliano Castellani

Di Anna Ditta
Pubblicato il 5 Nov. 2019 alle 14:04 Aggiornato il 5 Nov. 2019 alle 14:05

Calcio, da Primo Levi agli ululati razzisti: “La pallonata di Balotelli un punto di svolta”

“Non è goliardia, non sono volgarità. Il razzismo dei 90 minuti sugli spalti si riverbera inevitabilmente nella società”. A TPI parla Adam Smulevich, giornalista e scrittore, che ha da poco pubblicato il libro Un calcio al razzismo (La Giuntina) insieme a Massimiliano Castellani. Il razzismo negli stadi, per Smulevich “non è uno sfogatoio, anzi è qualcosa che consolida le correnti destabilizzanti della società italiana, che producono dei mostri, con uno sdoganamento della retorica fascista”.

Partendo dai racconti di Primo Levi sul calcio nel lager, il libro racconta attraverso venti storie come il calcio si sia prestato nel corso della storia come strumento di divisione ed esclusione, portando anche gli esempi positivi di chi ha difeso la dignità dello sport e dell’uomo.

Tra le venti storie raccontate nel libro c’è anche quella di Thuram, simbolo dell’impegno dei calciatori nella lotta al razzismo, una battaglia oggi portata avanti da Koulibaly, Balotelli, Lukaku.

“Quando un calciatore si muove in prima persona per interrompere di fatto la partita segna un punto di svolta”, dice Smulevich a TPI commentando l’episodio di razzismo avvenuto nello stadio del Verona ai danni di Mario Balotelli. “La sua pallonata è un messaggio importantissimo, soprattutto perché era nel pieno dello svolgimento dell’azione”.

Complessivamente, nella nostra società secondo Smulevich “manca una dose significativa di consapevolezza, ben oltre il mondo dello sport”.

“Il calcio è stato usato da sempre, nella storia, per veicolare valori e disvalori. Nella prima parte del secolo scorso è stato uno strumento per dividere ed escludere. Rispetto alle leggi razziali ovviamente il contesto è molto cambiato, però certe dinamiche si ripropongono”.

“L’impressione è che si tratti di un gioco la cui genuinità e i cui lavori di fondo siano messi oggi fortemente in discussione da propagatori seriali di odio, troppo spesso ignorati o sottovalutati”, commenta lo scrittore.

Ma il gesto di Balotelli non è stato il solo segnale positivo del weekend sportivo. “Per fortuna esiste anche una reazione più importante rispetto al passato”, sostiene Smulevich. “Il mondo del calcio sta reagendo con maggiore fermezza, con l’idea di trasformare le parole in fatti concreti”.

Un altro esempio concreto è stato il gesto di Dzeko, che durante Roma-Napoli, sospesa dall’arbitro Rocchi a causa dei cori di discriminazione territoriale dei tifosi giallorossi, ha chiesto al pubblico di coprire i cori discriminatori con gli applausi.

“Questi sono segnali di svolta importanti”, commenta Smulevich. “La risposta deve arrivare dai calciatori, perché loro hanno capacità di incidere sull’opinione pubblica”.

“Ai giocatori vogliamo lanciare un appello importante”, aggiunge, “escano tutti dal campo e interrompano in massa le partite in caso di cori razzisti”.

“Spesso i calciatori sono i migranti di ieri che ce l’hanno fatta, lo stesso Dzeko è un bosniaco che porta su di sé le ferite del conflitto balcanico e altre questioni purtroppo irrisolte”, prosegue l’autore. “I club dovrebbero assecondare questo e incentivare la repressione, come nella tolleranza zero inglese”.

Intanto, arriva la notizia che l’Hellas Verona ha messo al bando dallo stadio fino al 2030 Luca Castellini, l’ultrà che aveva parlato di “pagliacciata di Balotelli”, di “Balotelli non completamente italiano”. Un segnale doveroso, da cui iniziare.

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