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La rabbia di Fedez fa tenerezza: rappresenta tutti noi gay che subiamo violenza da anni

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La rabbia di Fedez fa tenerezza: rappresenta tutti noi gay che subiamo violenza da anni

Lo dico subito: quello che state per andare a leggere è il punto di vista di un gay (che non ha mai avuto troppi problemi con la sua identità) felicemente sposato da quasi 10 anni e che, nella sua vita, ha avuto la possibilità di seguire, da cittadino prima e militante poi, tutte le tappe della sua accettazione prima e quella dei suoi amici e affetti a seguire.

Mi ricordo ancora quando a 20 anni, pur già consapevole, andai a vedere In &out al cinema e trovai una platea urlante e sghignazzante (ci fu pure uno che gridò fiero: “mi viene da vomitare”) al bacio tra Kevin Kline e Tom Selleck. O a 25 quando uscito da un concerto da un teatro bolognese col mio fidanzato di allora, un gruppo di ragazzotti (miei coetanei) mi tirò una lattina di birra gridandomi frocio, che si rovesciò sulla mia meravigliosa giacca presa per l’occasione e che per i loro standard forse era un po’ troppo.

Non so cosa ma un po’ troppo. Adesso, facciamo un salto di vent’anni e arriviamo a venerdì sera. Ero sul mio divano con marito, figlio a quattro zampe e un paio di amici che questi tempi grigi ci consentono, a vedere Nomadland, quando la mia bolla social comincia a parlare di questi due maschi, bianchi, eterosessuali, probabilmente cristiani che su Canale 5 stanno decidendo quale dovrebbe essere il mio, il nostro approccio quando ci danno dei “froci”, “dei negri” e tutto il corollario che gira intorno.

Questi due che hanno lanciato davanti a 4 milioni di italiani plaudenti (tra loro ci sono pure la Amoroso, Noemi, Nina Zilli e la Clerici, che si sono vivamente complimentati sui social) una lotta al politicamente corretto. Secondo loro, io a quei ragazzi che mi hanno gridato frocio tirandomi una birra, avrei dovuto ridere in faccia e magari, perché no, invitarli per un’altra birra ad un tavolino. Ma io a questi due buttati in prima serata non voglio nemmeno spiegare che le parole sono armi.

E che ovvio, dipende da come le si usa, ma pur sempre armi rimangono. Tanto non capirebbero. Ma chiederei loro: perché se è una sacrosanta lotta per la censura non andate in tv a bestemmiare? Perché non dite ai vescovi di farsi una risata quando qualcuno lo fa? Perché, sappiamo tutti, che sarebbero cacciati in un nanosecondo. Ecco la libertà che vogliono difendere è quella di essere violenti con gli ultimi, con gli indifesi, con le minoranze e, ovviamente, a chiedere il diritto di poterlo fare sono sempre gli altri: quelli che nel loro status non sono né ultimi né indifesi né minoranze.

Ma arriviamo a sabato pomeriggio, nemmeno 24 ore dopo il siparietto di cui sopra: i leghisti, ancora ebbri dallo show della sera prima, insorgono preventivamente per quello che dovrebbe essere il discorso di Fedez al concertone del primo maggio. Loro che 24 ore prima volevano raccontare cosa era la libertà di espressione. Il resto lo sappiamo: mentre su Canale 5 furoreggia uno show con i due della sera prima e la sovranista Cuccarini, il discorso più politico degli ultimi tempi viene fatto da un cantante in diretta su Rai3.

Fedez fa quel discorso che i leghisti non volevano, ricordando al presidente del consiglio che non siamo una repubblica fondata sul calcio, ma magari sull’arte. E poi sistema la Lega, il Vaticano e tutti gli altri ipocriti che ci circondano nella battaglia sacrosanta per il DDL ZAN. Parlandone col mio amico Aleandro abbiamo concordato che ci sono due elementi particolarmente forti per noi (ed è un noi veramente allargato): il primo è quando uno dei vertici Rai dice a Fedez: “Si adegui al sistema”.

In quelle parole torna la paura dei nostri vent’anni. Perché il sistema prevede di nascondere, omettere e tacere dinanzi a frasi omofobe, razziste e discriminatorie. Quel sistema ci vorrebbe governare o comunque ci prova anche attraverso armi mandate in prima serata su Canale 5.

Il secondo è quando Fedez diventa rosso paonazzo, si arrabbia ed è un fiume in piena tanto da mancargli il respiro. Quel momento ci fa tenerezza, perché lui sta rappresentando tutti noi. I nostri dolori, le discriminazioni che subiamo, la violenza fisica e psicologica, gli insulti. Sofferenze che non sono colte né da quei due, né da quel maledetto sistema di cui facciamo tutti parte. Purtroppo.

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