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Home » Salute

Italia capofila al mondo contro l’obesità: ecco cosa prevede la Legge Pella e perché è importante

Immagine di copertina
Credit: AGF

Dalla prevenzione alle cure a carico del Ssn, passando per le campagne di sensibilizzazione nelle scuole e sui media. Per la prima volta la nuova norma riconosce questa malattia come cronica. Ma la vera sfida inizia ora

L’Italia è il primo Paese al mondo a riconoscere, per legge, l’obesità come una «malattia progressiva e recidivante». Ma la cosiddetta “Legge Pella”, dal nome del deputato di Forza Italia e primo firmatario della proposta, non si limita al solo riconoscimento ma promuove anche la prevenzione, la cura, l’accesso dei pazienti alle terapie attraverso il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) e nuove campagne di sensibilizzazione sociale per sviluppare un «corretto stile di alimentazione (…) nonché a favorire la pratica dell’attività fisica».

Cosa prevede la norma
I sei articoli della legge, dopo aver definito l’obesità una patologia cronica, consentono l’accesso dei pazienti obesi alle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza (Lea) erogati dal Ssn; il finanziamento di un programma nazionale per la prevenzione e la cura dell’obesità; l’istituzione di un apposito Osservatorio presso il ministero della Salute, incaricato tra l’altro della promozione e della coordinazione di campagne di sensibilizzazione. La norma poi, dal 2025 al 2027, prevede anche lo stanziamento complessivo di 4,2 milioni di euro per finanziare il Fondo nazionale per la cura e la prevenzione dell’obesità già istituito con la Legge di Bilancio 2024.
Particolare importanza riveste poi il riconoscimento della progressività della malattia nonché la previsione di concedere ai soggetti affetti da obesità di usufruire delle prestazioni contenute nei Lea, aprendo così in futuro al diritto dei pazienti all’esenzione dal ticket. Ma che questo sia un risultato storico lo testimoniano, in primis, le reazioni degli addetti ai lavori.

Perché è importante
Prevedendo un approccio integrato che include prevenzione, cura e sensibilizzazione sociale, la norma, prima e unica al mondo, affronta di petto l’allarmante crescita dei numeri e delle complicanze dell’obesità. D’altronde oltre il 40 per cento degli italiani risulta in sovrappeso e il 12 per cento, quasi sei milioni di persone, soffre già di obesità, una condizione che coinvolge un minore su tre in Europa. Se non si interverrà, secondo il World Obesity Atlas, entro il 2035 l’impatto economico globale del sovrappeso arriverà ad almeno 4.320 miliardi di dollari all’anno.
Non a caso il presidente della Società italiana dell’Obesità, Rocco Barazzoni, ha definito la legge «un passaggio storico», «un punto di non ritorno e motivo di orgoglio per l’Italia». Finalmente, ha aggiunto il presidente della Società Italiana di Pediatria Rino Agostiniani, «si sancisce che l’obesità non può più essere considerata solo come una questione di stili di vita, ma come una patologia a tutti gli effetti. Riconoscerla significa ridurre stigma e discriminazioni e garantire cure adeguate».
Ma è solo il punto di partenza. «Pur trattandosi di un momento storico, la prima legge sull’obesità a livello mondiale, per noi non rappresenta un traguardo, ma l’inizio di un percorso», ha commentato Iris Zani, presidente dell’Associazione Amici Obesi. Un cammino che, come ha sottolineato anche la Società Italiana di Diabetologia, «dovrà ora tradursi in percorsi di cura concreti, accessibili ed equi, integrati con la prevenzione e con un forte impegno educativo e sociale».

Che succede adesso
Ma cosa cambierà adesso? Al momento i benefici concreti sono ancora da venire ma il percorso è tracciato. In primis bisognerà attendere l’aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, come previsto dalla Legge di Stabilità 2016, attraverso un decreto del ministero della Salute, concertato con il ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), la Conferenza Stato-regioni e le Commissioni parlamentari competenti. Ad occuparsene, come spiega il relativo dossier della Camera dei Deputati, dovrà essere l’apposita Commissione nazionale per l’aggiornamento dei Lea, presieduta dal ministro della Salute Orazio Schillaci, con la partecipazione delle Regioni, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), del Mef e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). La speranza è che, con l’inserimento nei Lea, i farmaci attualmente approvati per il trattamento cronico dell’obesità, basati sugli agonisti del recettore del GLP-1 come Semaglutide (Wegovy) e Tirzepatide (Mounjaro), possano un giorno essere inseriti tra le terapie rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale (Ssn). Se non in via generale, almeno per specifiche categorie più a rischio.
In attesa delle relative procedure però lo stanziamento di risorse specifiche per la prevenzione e la cura di questa malattia, anche con campagne di sensibilizzazione, costituisce già un passo avanti significativo. Queste iniziative dovranno mirare, tra l’altro, «al sostegno e alla promozione dell’allattamento al seno quale nutrimento necessario a prevenire l’obesità infantile»; alla «responsabilizzazione dei genitori nella scelta di un’alimentazione equilibrata per i propri figli e sull’importanza di limitare il consumo giornaliero di alimenti e di bevande con un elevato apporto energetico e con scarse qualità nutrizionali»; «alla promozione delle attività sportive e della conoscenza delle principali regole alimentari nelle scuole»; e «alla diffusione, mediante campagne di informazione, tramite i mass media e le reti di prossimità, (…) di regole semplici ed efficaci per un corretto stile di vita».
«Prevenire significa investire sul futuro dei bambini», ha d’altronde commentato il presidente della Società Italiana di Pediatria, Agostiniani. Secondo i dati del sistema di sorveglianza “Okkio alla Salute” infatti in Italia circa il 10 per cento dei bambini è obeso e il 20 per cento in sovrappeso. «Solo intervenendo precocemente, attraverso programmi scolastici, sostegno alle famiglie e una rete sanitaria preparata, sarà possibile ridurre l’impatto di questa epidemia globale sulla salute dei nostri giovani e sul sistema sanitario», ha concluso Agostiniani.
Chiaramente non basta. Organizzazioni civili e società scientifiche, come la Federazione Italiana Associazioni Obesità e la European Association for the Study of Obesity (Easo), chiedono di andare ancora oltre con l’attuazione di un piano nazionale di prevenzione per fare della Legge Pella la pietra fondante di una strategia sanitaria contro uno dei più rilevanti problemi cronici di salute pubblica della nostra epoca. «L’80-85 per cento dei bilanci regionali è assorbito dalla spesa sanitaria», ha commentato da parte sua il padre di questa norma. «Se non investiamo sulla prevenzione, il sistema non potrà reggere. La salute non è un costo, ma un investimento produttivo».

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