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Home » Politica

Corsa al riarmo: ecco come i 38 miliardi ai militari (non) dovranno essere spesi

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Ci servono davvero nuove armi? E se sì, a cosa? La “soluzione 2%”, ovvero l’ultimo incremento di spese militari nella Finanziaria, come in un racconto di Arthur Conan Doyle si rivela anche un piccolo giallo: tutto quel che a prima vista appare, in realtà non è; e tutto quel che davvero è, invece, non appare. Per capire cosa accade serve un piccolo riassunto. I fatti noti: la settimana scorsa – dopo quello tedesco – il Parlamento italiano  aumenta precipitosamente le spese militari. Lo fa in un solo pomeriggio, con un ordine del giorno a larghissima maggioranza che eleva il bilancio della Difesa al 2% del Pil. Una cifra che potrebbe oscillare tra 14 e 18 miliardi di euro l’anno (per dieci anni). Un colpo di mano, sull’onda di una campagna emozionale sull’Ucraina. L’industria bellica in poche ore, porta a casa il risultato che i suoi lobbisti inseguivano invano da anni: si arriverà a 37 miliardi annui. Cifre da non sbandierare, quando ci chiederemo come mai mancano fondi per Ricerca o Sanità (penalizzate persino dopo la pandemia), ma di cui è utile capire l’effetto nel settore.

Il primo boomerang di questo voto è sulla politica: il caos nel M5S dopo il voto a favore. Spiegazione: da dieci anni i più contrari al 2% chiesto dalla Nato erano proprio i pentastellati (oggi decisivi nel sostenere ciò a cui si opponevano ieri). Il leader Giuseppe Conte – scavalcato dai gruppi parlamentari, orientati in questa occasione da Luigi Di Maio – dice: «Quell’obiettivo ha motivazioni reali, ma non è realizzabile mentre chiedi sacrifici a tutto il Paese. Premiare solo la Difesa è sbagliato». Così il Movimento è nel guado: qualsiasi cosa faccia, perde pezzi.

Ma il punto vero è: a cosa serviranno questi fondi? Parlo con un importante manager della nostra industria degli armamenti. Sotto anonimato mi spiega bene il punto di vista del sistema italiano: «Il 2% ci serve come il pane. L’industria militare è alla canna del gas, in calo drastico di fatturato, sul filo dell’obsolescenza in molti settori un  tempo di eccellenza, aggredita dai concorrenti sul mercato. Non vendiamo più nemmeno gli elicotteri, che pure sul piano civile sono primi al mondo. Ci sorpassano tutti, su tutto: tedeschi, francesi, inglesi. Non parliamo dei turchi, che fanno faville in questa guerra ad esempio con il drone Bayaktar Tb2, oggi oggetto del desiderio di ogni esercito»…
Continua a leggere l’articolo sul settimanale The Post Internazionale-TPI: clicca qui

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