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Home » Politica

“Proteggere il futuro”: un estratto del nuovo libro di Luca Del Fabbro

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Pubblichiamo un estratto di “Proteggere il futuro”, il nuovo libro del Presidente di Iren Luca Dal Fabbro edito da Rubbettino. Il volume, introdotto dalla prefazione dell’Ambasciatore Giampiero Massolo, si propone di affrontare in modo analitico i temi cruciali della sicurezza energetica e della resilienza economica, inserendoli nel contesto delle tre transizioni globali – energetica, digitale e geopolitica – che stanno ridefinendo le coordinate della politica internazionale e dell’economia mondiale. Di seguito un estratto del libro “Proteggere il futuro”:

Il mondo sta attraversando una fase di trasformazione senza precedenti, caratterizzata da tendenze diverse che si sovrappongono: riscaldamento globale e crisi dell’equilibrio degli ecosistemi, processi di deglobalizzazione, conflitti tra Paesi e attacchi cyber, crisi finanziarie, scarsità di risorse, declino demografico in alcune Regioni e sovraffollamento nelle megalopoli, avanzamento tecnologico disruptive, sviluppo della space economy e dello sfruttamento dei fondali marini.

Questi fenomeni stanno creando un forte momento di discontinuità con i primi due decenni del 2000 insieme a una profonda e sempre maggiore incertezza sul futuro. In questo contesto, sullo scacchiere internazionale l’instabilità è tornata a farla da padrona, spingendo le economie più grandi del mondo – Stati Uniti, Cina, India, Europa – a competere sempre più ferocemente per il controllo delle risorse e dei mercati globali. Il riaccendersi di numerosi e tragici focolai di guerra, le crescenti tensioni geopolitiche e la percezione di insicurezza diffusa a tutti i livelli della società sono espressioni evidenti del nuovo scenario in cui ci troviamo.

Tutto ciò crea un’esigenza per le istituzioni politiche e le aziende di trovare nuovi strumenti per governare la complessità e, in ultima analisi, rispondere alla domanda: come sopravvivere e prosperare in un presente e un futuro segnati da queste sfide? Come proteggere il nostro futuro? In questo quadro tumultuoso emergono in modo chiaro tre grandi processi di trasformazione che le società e le economie si trovano a fronteggiare: la transizione energetica, la rivoluzione digitale e una tendenza verso la deglobalizzazione, da qualcuno chiamata anche riglobalizzazione. Le transizioni energetica e digitale, pur rappresentando opportunità per un futuro più sostenibile e innovativo per le singole economie e l’intera umanità, segnano forti discontinuità col passato e richiedono una gestione attenta, pena il rischio di acuire tensioni economiche o geopolitiche e diseguaglianze esistenti, con l’effetto di ridurre anziché aumentare il benessere collettivo. Oltretutto queste dinamiche sono profondamente interconnesse ai processi di deglobalizzazione o riglobalizzazione, elemento che rende la ricerca di un nuovo equilibrio nel contesto globale ancora più difficile e imprevedibile.

La quarta transizione energetica nella Storia dell’umanità, trainata dalla necessità di affrontare il cambiamento climatico, mira a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e a promuovere fonti rinnovabili come il solare, l’eolico, il biogas e l’idrogeno. Tuttavia, questa rivoluzione energetica implica anche sfide significative e cambio di paradigma. In primo luogo, il controllo sulle risorse necessarie per le tecnologie verdi e digitali (le cosiddette materie prime critiche, tra cui rientrano litio, cobalto, terre rare) sta generando nuove tensioni geopolitiche.

Paesi ricchi di queste risorse stanno acquisendo un nuovo peso strategico, mentre gli attori tradizionali del mercato energetico, come i Paesi esportatori di petrolio, si trovano costretti a ripensare il loro ruolo. Questo cambiamento crea squilibri economici e politici che rischiano di trasformarsi in conflitti. In secondo luogo, questa transizione energetica non è iniziata grazie a una scoperta tecnologica ma per una questione ambientale, richiede investimenti massicci e una riorganizzazione delle infrastrutture globali guidati dalla politica. I ritardi o le ineguaglianze nell’accesso alle tecnologie pulite possono acuire le divisioni tra Paesi ricchi e poveri, aggravando le tensioni internazionali.

La rivoluzione digitale, con l’avvento di tecnologie come l’intelligenza artificiale, il 5G, i big data e il quantum computing, sta ridisegnando il panorama economico e industriale. Questa trasformazione porta con sé enormi opportunità, ma anche profonde vulnerabilità. La crescente dipendenza dalle infrastrutture digitali espone i sistemi economici e politici a rischi crescenti, come i cyberattacchi e le interferenze informatiche.

Gli attori statali e non statali stanno sfruttando il cyberspazio come nuovo campo di battaglia e di competizione economica, contribuendo a un’ulteriore potenziale area di destabilizzazione del sistema globale. Inoltre, la competizione tecnologica tra grandi potenze, in particolare tra Stati Uniti e Cina, con la Russia sullo sfondo, sta alimentando una nuova corsa agli armamenti digitali, accelerando così la frammentazione delle relazioni internazionali nella direzione di un mondo nuovamente diviso in blocchi contrapposti.

Infine, l’avvio di una fase di deglobalizzazione o riglobalizzazione. Dopo decenni di affermazione della globalizzazione stiamo assistendo a una sua ritirata, o perlomeno a un suo rallentamento sostituito dal passaggio graduale verso modelli potenzialmente più nazionalisti e protezionisti. Le catene di approvvigionamento globali, fragilizzate da pandemie, conflitti e tensioni geopolitiche, competizione sempre più accesa fra sistemi economici e tecnologici, vengono ora ridisegnate.

Questo fenomeno comporta una possibile prospettica frammentazione dei mercati globali e una crescente competizione per il controllo delle risorse più rare o scarse e delle produzioni ritenute capaci di garantire una maggiore autonomia strategica. Si va affermando una nuova tendenza verso l’autosufficienza energetica, tecnologica e delle risorse naturali, che può alimentare il rischio di conflitti economici e militari, riducendo la capacità di rinforzare la cooperazione internazionale che sarebbe invece necessaria per affrontare sfide globali come il cambiamento climatico e la sicurezza alimentare. In questo contesto, anche le crisi militari stanno diventando più frequenti e complesse con il proliferare anche di proxy wars in terra, in mare, nello spazio ma anche nel cyberspace.

L’invasione dell’Ucraina, le tensioni nel Mar Cinese, i conflitti in Medio Oriente e l’instabilità in alcune parti dell’Africa – in particolare nel Maghreb e nel Corno d’Africa – evidenziano uno scenario geopolitico sempre più polarizzato e conflittuale.

La proliferazione di nuove tecnologie militari – virus cibernetici, droni aerei e marini, armi ipersoniche – e la nuova corsa agli armamenti aumentano il rischio di escalation incontrollate, che ci riportano a logiche e paure che ci illudevamo di avere definitivamente lasciato nel XX secolo. Il quadro istituzionale globale, basato sugli organi delle Nazioni Unite e del G20, non si sta rivelando efficace per prevenire e risolvere i conflitti, e ciò aggrava la percezione di insicurezza. Inoltre, le crescenti disuguaglianze economiche e la competizione per risorse sempre più scarse contribuiscono a creare le condizioni per nuove ondate di instabilità.

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