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“Di Maio? La sua leadership è giunta alla fine”, a TPI parla il senatore M5S Giarrusso

Immagine di copertina
A sinistra il senatore M5S Mario Michele Giarrusso. Credit: Ansa. A destra Luigi Di Maio.

L'intervista di Giulio Cavalli al senatore pentastellato Mario Giarrusso dopo il voto di ieri su Rousseau sulla corsa alle regionali in Emilia e Calabria

“Di Maio? La sua leadership è giunta alla fine”, a TPI parla il senatore M5S Giarrusso

Dopo l’esito del voto su Rousseau, che ha stabilito che M5S correrà alle Regionali in Emilia e in Calabria, TPI ha intervistato il senatore M5S Mario Giarrusso, che non risparmia le critiche alla leadership del capo politico Luigi Di Maio.

Il M5S propone su Rousseau un “pausa elettorale”, nuovo termine coniato per dire qualcosa che è simile al decidere di non decidere sulle prossime lezioni regionali in Calabria. Che ne pensa?

È la domanda che ci siamo fatti tutti. Che vuol dire un sondaggio lanciato così, senza preavviso, mettendo assieme due realtà diverse come la Calabria e l’Emilia e allargando a tutti i cittadini iscritti (e non solo agli emiliani e ai calabresi) la possibilità di votare. A noi è sembrato un segnale di enorme debolezza della leadership attuale del Movimento che si vuole nascondere dietro una decisione presa dall’alto e a cui attribuire eventuali effetti negativi. Per intendersi: se si perdesse in Emilia e in Calabria la colpa sarebbe di chi ha deciso di candidarsi e non della leadership. Questa è una strada folle per chi coordina il primo gruppo politico nazionale presente in Parlamento. Una leadership ormai senza lucidità e alla fine dei suoi giorni e delle sue ore.

Il coordinatore calabrese Paolo Parentela ha annunciato le proprie dimissioni dal ruolo parlando di delusione e il deputato Tucci parla di “porcheria”. Come sono gli animi dentro il Movimento?

Aveva fatto bene a presentare le proprie dimissioni perché non era stato consultato sul voto di Rousseau e non ne condivideva le modalità e i termini. Ha manifestato come tanti di noi il proprio imbarazzo e disappunto.

La sensazione, da fuori, è che Di Maio non abbia più il controllo dei gruppi parlamentari e dei territori. È una visione sbagliata?

È più di una sensazione: è la realtà.

“Partecipa. Scegli. Cambia” era lo slogan del Movimento. Cosa ne è rimasto?

Noi siamo cresciuti con questo sogno. Per noi non era uno slogan. Era il sogno di cambiare questa Italia. Qualcuno l’ha trasformato in un incubo fatto di spartizioni, poltrone, coltellate, guerra intestine: una cosa molto triste che non ha nulla a che vedere con il Movimento fondato da Beppe Grillo. Chi ha l’intenzione di continuare sulla strada del governiamo a tutti i costi e del partitismo a tutti i costi si faccia un partito e lasci il Movimento a Beppe Grillo e agli attivisti.

Come recuperare i voti ormai dimezzati?

Su questo sono fiducioso perché i nostri elettori da un’elezione all’altra hanno manifestato il proprio disappunto o la propria condivisione variando sensibilmente. Ricordo che si perde nelle elezioni amministrative e pochi mesi dopo si vince alle elezioni regionali o nazionali. I nostri elettori sono elettori critici, attenti e quindi quando non ci votano è perché c’è qualcosa che non va. Non vanno a votare altri, stanno a casa. Noi possiamo convincere gli elettori in disaccordo con noi cambiando rotta ovvero recuperando l’identità che è stata messa da parte in favore del “governiamo con chiunque a tutti i costi”.

Come riorganizzare il Movimento?

Il Movimento va riorganizzato dal basso, non dall’alto. È completamente sbagliata l’idea dei “facilitatori” imposti dall’alto che creano catene e cordate che arrivano nei territori. Deve essere il contrario. Dai territori i cittadini devono potersi organizzare, dire la propria e arrivare fino ai vertici del Movimento.

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