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De Magistris a TPI: “Il primo che tenderà la mano a Putin farà un bel gesto. L’Italia esca dalla Nato”

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Credit: ansa foto

“Siamo come Mélenchon. Che infatti si è schierato con noi, non con il Pd o il M5S, interessati solo a una svolta moderata. Putin? Il primo che gli tenderà la mano farà un bel gesto. Con lui dobbiamo dialogare. L’Italia esca dall’alleanza atlantica”. Faccia a faccia con il leader di Unione Popolare

De Magistris, come sta andando la campagna?

«Stiamo avendo dei bei riscontri, sta andando molto forte sui social, siamo contenti».

Chi sono quelli di cui è più orgoglioso?

«Tutta la squadra, devo dire la verità. Quando organizzi una lista in pochi giorni il rischio dell’errore c’è, invece è proprio una bella lista, in tutta Italia. C’è gente credibile, coerente, pulita, che ha scopi di lotta che vanno dall’antimafia alla lotta alle discriminazioni territoriali, le disuguaglianze, i poveri, la lotta operaia. È una squadra anche molto coesa e diversificata al suo interno e questo è importante anche per il progetto, al di là del risultato di domenica».

La inorgoglisce il sostegno di Mélenchon a Unione Popolare?

«Non sono operazioni che nascono con una telefonata, sono operazioni costruite negli anni. Loro hanno seguito con grandissimo interesse la rivoluzione napoletana, che non è solo la rivoluzione di un sindaco, ma è la rivoluzione di collettivi, centri sociali, movimenti; hanno visto che era una sinistra radicale ma di governo. Però c’è grande orgoglio e grande responsabilità. Sostenendo noi, si sono esposti, visto che Mélenchon adesso ha una posizione di grande forza soprattutto in Europa».

Perché secondo lei ha deciso di sostenere proprio voi?

«Lui ha individuato Unione Popolare, in Italia, che insieme a La France Insoumise e ad altre organizzazioni europee – penso ad esempio anche a Podemos nel caso di Iglesias – stanno lavorando e lavoreranno sempre insieme per costruire un fronte pacifista europeo, un’Europa diversa, che non sia quella solo della moneta unica, di vincoli finanziari che vanno completamente modificati e abrogati in alcuni casi. Un’Europa che abbia una politica ambientale, energetica, di solidarietà, di giustizia sociale ed economica. È importante perché fa capire che Unione Popolare non è una forza estremista, marginale, settaria».

Crede che questa nuova sinistra europea debba parlare anche con il M5S?

«Loro (Melénchon e Iglesias, ndr) hanno voluto chiarire il campo. Sono venuti a dire che chi ha rappresentato con i fatti la sinistra in Italia è innanzitutto De Magistris, che rappresenta Unione Popolare. Io per primo, all’inizio di questa campagna elettorale, ho aperto al dialogo con Conte e lui ha risposto col silenzio. Chi in politica non risponde, fa intendere che vuole lasciarsi molte finestre aperte, ad esempio tornare con il Pd dopo il 25 settembre, come credo accadrà. Allo stesso tempo però Conte scrive “Dalla parte giusta” e continua a governare con Berlusconi, Salvini e a fare azioni che sono l’esatto contrario di quello che dice in campagna elettorale, con questo governo. Vedremo in Parlamento, anche a seconda del risultato. È chiaro che su tanti temi e domande ci sono persone, forze parlamentari con cui si potrà sicuramente dialogare».

Poniamo dei paletti: il Pd no?

«Se parliamo di Parlamento, ovviamente dialoghi con tutti, perché sei un’istituzione, non sei solo un politico. Se parliamo di alleanze e convergenze politiche con il Pd, in questo momento, è impensabile».

Se Conte, dopo le elezioni, le proponesse di fare insieme la sinistra italiana, lei cosa risponderebbe?

«Noi siamo da sempre stati questi: pacifisti, di sinistra, ambientalisti, antifascisti e costituzionalmente orientati. Se Conte decide, finalmente, di stare per davvero “dalla parte giusta”, e non più col Pd o con Salvini come ha fatto anni fa, è chiaro che si può aprire un dialogo e si possono anche cambiare degli equilibri, in prospettiva».

Però mi pare di capire che il discrimine vero rimanga il Pd, che lei oggi considera come partito di potere e di centro, non di sinistra.

«Il tema è che il Pd nella sua dirigenza nazionale, e anche in molte regioni, è un partito che ha scelto il Jobs Act, distruzione dell’articolo 18, autonomia differenziata, buona scuola, guerra, industria bellica. È un partito liberale moderato, che guarda più a destra che a sinistra in questo momento, per cui su cosa vuoi che si possa dialogare?».

Come si fa a convincere l’elettore moderato che la vera sinistra è Unione Popolare e non il Pd?

«La strada è già tracciata. Tre esempi: il primo è che per costruire un’operazione di questo tipo (la sinistra europea, ndr) bisogna far capire che non è uno schema elettorale, ma strutturale. Il secondo è che bisogna essere netti, radicali, il che non vuol dire essere estremisti. Non devi essere ambiguo, tentennante e flaccido. Invece, Sinistra Italiana e Verdi, che dicono cose apparentemente di sinistra, fanno l’accordo con chi queste cose non le farà mai. Come ha detto Mélenchon, chi in Italia vuole costruire un’alternativa deve votare Unione Popolare. I 5s vedremo quello che vorranno fare in Parlamento».

Lei ha un buon rapporto con Conte, ci parla?

«In questa campagna elettorale non ci ho mai parlato e infatti ribadisco che il suo silenzio davanti ai nostri ragionamenti non è stato un fatto positivo perché credo che in politica si debba sempre dialogare. Io l’ho conosciuto quand’ero sindaco e lui presidente del Consiglio, abbiamo avuto un rapporto corretto, però non posso dire che si sia differenziato rispetto ad altri presidenti nei confronti del sud e delle autonomie locali, non ho mai percepito una svolta nel suo modo di governare».

Anche lei vedrebbe di buon occhio un’eventuale alleanza del campo largo con leader Conte?

«Noi stiamo costruendo la sinistra radicale ma di governo, siamo come Mélenchon. Non ci interessa una svolta moderata. Se, come noi auspichiamo, avremo un risultato forte e altre forze politiche vorranno dialogare con noi creando una svolta verso i nostri temi che sono netti, perché rifiutare il dialogo?».

Quindi per sedersi al tavolo con lei la prerogativa è che le dicano: “Divento radicale”.

«Ma se nessuno l’ha voluto fare in campagna elettorale, perché dovrebbero diventarlo dopo? Io ho proposto a Conte di dialogare, lui non ha voluto. Per me l’ex premier è ambiguo, molto contraddittorio, tutt’altro che una svolta sociale, di sinistra. Dialogare con Conte oggi vuol dire dialogare con uno dei tanti saltimbanchi che in questa campagna elettorale si stanno riposizionando. Unione Popolare ha un volto, un cuore e un corpo chiari, gli altri dobbiamo ancora capirlo».

Lei è a favore del salario minimo. Di quanto dovrebbe essere, quantifichiamolo.

«Non deve essere meno di 10 euro l’ora, che fanno circa 1.600 euro al mese netti. E poi bisogna adeguare stipendi e pensioni, noi abbiamo proposto anche il ripristino della scala mobile».

Bene, ma bisogna che il pubblico e le imprese accettino di darli, 1.600 euro netti al mese…

«I soldi possiamo prenderli da più parti, non come ha fatto il governo Draghi, in maniera inadeguata, con molti tentennamenti e col braccio tremante. Ci sono gli extra-profitti di chi ha investito sulle speculazioni del gas, c’è l’imposta di solidarietà nei confronti delle rendite finanziarie, patrimoniali, immobiliari; poi c’è da assumere nel pubblico; c’è da fare la lotta all’evasione, da tagliare settori come quello delle armi, i finanziamenti al settore del fossile. Va meglio utilizzata Cassa depositi e prestiti (Cdp)».

Bisogna attingere anche da Cdp?

«Anche. Per fare politiche di sostegno al lavoro, alle infrastrutture, ridurre la discriminazione territoriale, il diritto alla casa, valorizzare il ripristino di immobili che sono abbandonati. Noi non promettiamo a tutti, come fa chi propone la flat tax. Semplicemente c’è chi in questo momento deve essere più solidale e aiutare chi è in difficoltà».

Quanto lei propone senz’altro non costa poco. Vi hanno criticato sulle coperture economiche, e cioè che non ci siano poi le condizioni per affrontare le misure da voi proposte.

«Hanno criticato soprattutto noi, dicendo che siamo come Robin Hood, ma non ci siamo offesi, l’abbiamo visto come un complimento. Abbiamo specificato con molta nettezza le uscite e le entrate, fermo restando che noi non è che facciamo le tabelline: se c’è da mettere risorse pubbliche per ripristinare la sanità pubblica, o mettere in sicurezza il territorio, o creare le condizioni per il lavoro fatto con correttezza e intelligenza, sappiamo dove trovare le risorse. Solo per quanto riguarda Cdp stiamo parlando di 300 miliardi di euro. Noi possiamo fare subito una misura che preveda il salario minimo, che migliori il Reddito di cittadinanza e, infine, attuare un intervento strutturale dello Stato per ridurre le bollette».

Ecco, le bollette: come si fa con queste bollette da ottobre?

«Innanzitutto, per evitare che la situazione deflagri e peggiori ancora di più, in politica estera dobbiamo comportarci in modo molto diverso da quello che ha fatto il governo. Se con Putin non si interviene con una mediazione, la situazione peggiora. E poi lo Stato deve intervenire su quello che è il surplus, cioè le bollette si devono pagare per quello che è giusto, non per quello che sono arrivate a costarci, anche a causa della speculazione».

E come si fa a decidere cosa è giusto, scusi?

«Il parametro è quello di prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Si sa qual è la fetta legata alla speculazione, quali sono gli extra profitti. Noi proponiamo il ritorno ai beni comuni: gas, energia, e abbiamo dimostrato a Napoli che si può fare, perché siamo l’unica città che ha rispettato il referendum dell’acqua pubblica, trasformando una Spa in un’azienda che fa utili».

A proposito di Napoli, il sindaco Manfredi le sta piacendo?

«Manfredi a Napoli viene percepito come inesistente».

Inesistente. Addirittura?

«Tutto ciò che sta succedendo a Napoli è la continuazione di quello che è stato fatto negli anni precedenti, non ci sono atti che dicono “questo l’ha fatto Manfredi”, “questa è la visione di Manfredi”, né sulla cultura, né sulle opere pubbliche».

Secondo lei il Reddito di cittadinanza va rifinanziato ed esteso come investimento?

«Il reddito va mantenuto, non va tolto, assolutamente. Va affiancato a politiche attive per il lavoro perché questo è l’obiettivo di uno Stato ed è anche l’obiettivo che appartiene a ogni essere umano, quello di emanciparsi attraverso il lavoro. Va però controllato meglio, perché se non c’è un monitoraggio, che io affiderei agli enti locali che hanno i servizi e le politiche sociali, si continua a generare un conflitto odioso tra i percettori di Rdc e i percettori di un salario che non è mai stato adeguato. Poi lavorerei su un Rdc su base individuale, più che familiare, in modo da consentire un sostegno al singolo. Invece, finora ha creato anche degli immobilismi familiari sociali, sta diventando un po’ un modo per controllare determinate aree.

Ossia? Può spiegare meglio questo concetto.

C’è la percezione di un legame pari quasi a un voto di scambio tra chi è stato protagonista di una norma e chi percepisce il Reddito di cittadinanza. Ma non deve essere così, perché altrimenti ci potrebbe essere l’interesse a non superare la fase transitoria. Il Rdc non nasce con l’idea di mantenere per sempre una famiglia, deve emanciparla. Invece ho più l’impressione che per fare campagna elettorale si vada dove ci sono più percettori di Rdc, con la tessera in mano, a dire “fin quando ci sono io, starete tranquilli”. Non deve equivalere a dare dei soldi e basta, ma serve a creare lavoro ed emancipazione».

Parlando di politica estera, l’Italia secondo lei deve stare nella Nato?

«Noi siamo perché progressivamente si esca dalla Nato. Perché oggi noi italiani siamo subalterni militarmente all’alleanza atlantica, subiamo le armi atomiche senza poter dire nulla. Noi siamo per la firma immediata del trattato per la messa al bando delle armi atomiche in Italia. Chi sta perdendo è l’Italia, chi sta perdendo è l’Europa. Vogliamo un’Italia amica degli americani, ma essere amici non significa essere subalterni. Un’Italia che abbia un dialogo con la Russia, con la Cina, che operi in un mondo che sia multiculturale, multietnico e contro ogni forma di imperialismo».

Questo vuol dire un’Europa più forte. Esercito europeo sì o no?

«Io credo che l’Europa debba essere protagonista della corsa al disarmo nucleare, non solo in Occidente, ma anche in Oriente. Farei proprio a Kiev una conferenza internazionale di pace per creare le condizioni perché in Europa si lavori a un trattato per la messa al bando di tutte le armi nucleari. Dalla Russia alla Francia, per poi passare ad altri Paesi in Europa. Ci interessa una politica di sicurezza comune, non il riarmo dell’Europa come fossimo i soldatini della Nato. È venuto il momento che questi soldi vengano messi a difesa del pianeta, degli oppressi. Basta industria bellica! Perché poi, quando produci un sacco di armi, gli arsenali devono essere svuotati e quindi le guerre te le devi inventare. E le devi fare. “Svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai”, diceva Pertini. Mai così attuale».

Hanno fatto bene a non invitare Putin al funerale della Regina Elisabetta a Londra?

«Guardi, io credo che il primo che tenderà la mano a Putin farà un bel gesto per la storia dell’umanità. Noi appena entreremo in Parlamento, ripresenteremo la proposta di pace che è stata presentata in campagna elettorale, ma lo faremo formalmente».

Sulla transizione ecologica, come si arriva veramente a fare qualcosa che possa dare un segnale di svolta?

«Io sono molto preoccupato, perché mentre il Pnrr doveva essere principalmente destinato alla transizione ecologica, sentiamo Cingolani dire che c’è l’emergenza e non è il momento di pensare alla natura e al paesaggio. L’Italia non ha bisogno di inceneritori, nucleare e fossile. L’Italia ha tutte le risorse per raggiungere un’indipendenza energetica perché ha una collocazione naturale straordinaria: penso all’eolico, al solare, al mare, ai fiumi, alle foreste, alla terra. L’attuale sistema politico globale lavora in questo modo: utilizza lo stato di emergenza, ma per superare l’emergenza e quindi cambiare rotta, continuano a inocularti il ​​veleno per cui sei arrivato all’emergenza. Le emergenze sono sempre le stesse, ma il sistema bisogna romperlo. Parlo di sistema perché ci sono anche persone dietro a cui sta bene così, c’è la mafia. Noi siamo gli unici fuori dal sistema e quindi siamo in grado di poter operare rompendo determinati equilibri e determinati interessi.

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