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Home » Opinioni

Il caso Open to Meraviglia ci dice che l’Italia non sa raccontarsi al mondo

Immagine di copertina

“Se non ti racconti tu, qualcun altro lo farà al posto tuo”, dicono gli storyteller esperti. Ed è quello che sta accadendo oggi

Vivisezionata in ogni sua parte, criticata e fatta a pezzi, Open To Meraviglia non è solo un opportunità persa per fare del buon marketing ma anche un’occasione sprecata per fare nation e country branding, modalità indispensabili con cui un Paese oggi si dovrebbe raccontare nel mercato internazionale delle destinazioni turistiche e una Nazione nelle geografie politiche del soft power.

L’Italia è così una destinazione che viene raccontata tanto (dagli altri e all’estero) ma che non sa raccontarsi in modo mirato, né in logica Paese né in logica Nazione: Open To Meraviglia mette in luce questo lack strategico, assomigliando più a una campagna di promozione di una meta specifica (quasi come fosse l’invito a visitare un museo a cielo aperto) che una vera e propria campagna di branding e marketing culturale-esperienziale. Vediamo perché.

Raccontare un Paese: tra nation e country branding
Quando si comunica un Paese e la sua cultura, per evitare di cadere nel semplice richiamo turistico stereotipato o peggio nello strillo macchiettistico, è importante che le istituzioni preposte si pongano alcune domande fondamentali – oltre ai target – che forse sono state dimenticate nella campagna Open To Meraviglia. E cioè, per esempio:

  • Quali sono i valori più attrattivi del Paese?
  • Quali sono i tratti culturali maggiormente rappresentativi (sia positivi, sia negativi) che si vogliono rappresentare?
  • Che tipo di percezione si vuole costruire e dare?

 

  • Quali animazioni culturali attivare per le diverse audience globali?
  • Come leggere, comprendere e capire gli stili di vita delle audience globali e poi specifiche (quelle più interessate dalla campagna)? Per costruire su specifici insight i conseguenti messaggi chiave
  • Quali destinazioni turistiche si vogliono promuovere e con quali salienze?

 

  • Che collegamento c’è tra racconto culturale Paese e mete turistiche specifiche?
  • Quali immaginari vogliamo suscitare, con quali immagini specifiche e perché?
  • Quale immagine complessiva si vuole dare del Paese e della cultura di riferimento per competere meglio a livello globale?

 

  • Quale filiera di stakeholder si vuole attivare e far vivere sul territorio: aziende, enti, istituzioni varie?
  • Quali esperienze mirate e rappresentative della cultura Paese si vogliono far vivere durante la visita turistica (dall’aperitivo alla visita al museo)

Queste domande non sono casuali, ma corrispondono a specifiche esigenze di Nation branding e di country branding; due concetti distinti su cui nella campagna Open to Meraviglia abbiamo fatto un po’ di confusione.

Il brand nation building infatti si concentra sulla costruzione e gestione della reputazione e dell’identità di un marchio Paese. L’obiettivo è creare una percezione positiva del brand Paese nella mente dei pubblici globali, aumentare la potenziale fidelizzazione turistica e il valore del marchio stesso nei mercati internazionali.

Gli strumenti del brand nation building includono la pubblicità, il marketing, il design del logo e l’immagine coordinata, il coinvolgimento del pubblico sui social media, l’esperienza del cliente e molte altre iniziative.

Il country brand building, invece, si riferisce alla costruzione e sviluppo della reputazione e dell’immagine di un intero Paese, sia a livello nazionale che internazionale. L’obiettivo è aumentare la visibilità e l’attrattiva del Paese, migliorare la percezione positiva dell’opinione pubblica, attirare investimenti e turismo, migliorare le relazioni diplomatiche e promuovere lo sviluppo economico e culturale.

Gli strumenti del country brand building includono la politica internazionale, la cooperazione e lo scambio culturale, il turismo, l’attrazione di investimenti, la promozione del patrimonio culturale e artistico, e la creazione di infrastrutture e servizi di alta qualità. In sintesi, mentre il brand building è incentrato sulla costruzione e gestione dell’identità di un marchio nazionale, il country brand building è incentrato sulla costruzione e gestione dell’immagine e reputazione di un Paese.

Al di là di Open to Meraviglia
Open To Meraviglia sarebbe dovuta essere una raffinata sintesi, tra costruzione e gestione dell’identità di un marchio nazione (brand nation) che porta con sé valori, cultura e attrattività artistica e la gestione dell’immagine e della reputazione (country building) di una destinazione turistica che porta con sé emozioni, obiettivi, esperienze e mete paesaggistiche.

Ma la campagna Open To Meraviglia ha messo in luce l’approccio culturale e manageriale che il nostro Paese ha verso il marketing di sé e la narrativa turistica del proprio territorio e della propria cultura, praticamente assente. E questo non è un problema della campagna, quanto dell’intero sistema istituzionale che dovrebbe governare attrattività culturale, storica, artistica e turistica.

“Se non ti racconti tu, qualcun altro lo farà al posto tuo”, dicono gli storyteller esperti. E così è quello che sta accadendo oggi: l’Italia viene raccontata ma non sa raccontarsi. E questo è oggi più che mai urgente: trovare una narrativa coerente e convincente del Paese.

Quali valori raccontare, quali temi, quali percezioni, quali immaginari portare dentro e fuori i nostri confini. Solo così usciremo dalla situazione geopolitica competitiva in cui ci troviamo e potremo costruire una immagine più positiva per influenzare le decisioni di investimento, le scelte turistiche e la percezione dei pubblici globali, portando a benefici economici e sociali per l’Italia, le sue aziende e le sue persone.

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