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Non basta invocare un “Nuovo Rinascimento” per farlo accadere realmente

Immagine di copertina
La "Nascita di Venere" di Sandro Botticelli (1485), opera simbolo del Rinascimento

“Dopo questo deserto ci aspetta un Nuovo Rinascimento per la cultura”, auspicava il ministro Dario Franceschini qualche giorno fa, cogliendo l’impellente bisogno collettivo di tornare ad ascoltare concerti e andare a teatro. In effetti, anche tra gli amici che non andavano mai a teatro in epoca Avanti Covid emerge con sempre maggiore intensità questo desiderio, durante le nostre sempre più diradate call.

S&D

Purtroppo non sarà il 27 marzo, come ci auguravamo, a causa del peggioramento del quadro pandemico. Non ci rimane che tentare di approfittare di questa ulteriore sospensione per rilanciare un confronto sulle forme che potrà avere questo Nuovo Rinascimento (NR) quando finalmente ripartiremo.

NR è senza dubbio un’espressione molto utilizzata, con accezioni diverse, tanto da rischiare di diventare uno slogan svuotato di significato e sensualità. Eppure, proprio per la sua grande capacità evocativa, credo sia importante provare a capire quali siano le famiglie di significato da attribuirgli, intorno ai quali ricostruire le comunità, non solo culturali. A questo scopo è utile, innanzitutto, partire da una carrellata di citazioni nelle quali è stato invocato.

“In Arabia Saudita il Nuovo Rinascimento” (Matteo Renzi, senatore)

Come non partire da questa recente citazione, secondo cui il Senatore ritiene il Regno Saudita il più papabile candidato a ricalcare le glorie del periodo storico in questione. Sebbene il re stia facendo poderosi investimenti infrastrutturali, sta anche riproponendo delle pratiche più aderenti al Rinascimento stesso che a una sua rivisitazione contemporanea, continuando la caccia alle streghe che da secoli l’Occidente ha abolito e che, a quanto pare, è ancora profondamente di moda in Arabia Saudita, a partire dall’uccisione del giornalista Jamal Kashoggi [Leggi anche: Se Renzi vivesse in Arabia Saudita (di Selvaggia Lucarelli)].

“Per il nostro Paese, far rientrare gli operatori economici, pubblici e privati [nei ristori alle imprese] che operano nel settore della cultura, sarebbe particolarmente significativo e potrebbe essere il primo tassello di un nuovo rinascimento economico, sociale e culturale dell’Italia” (Tiziano Onesti, IlSole24Ore)

Onesti, in questo articolo di aprile 2020, si preoccupava meritoriamente di far sopravvivere i cinema, i teatri e i musei grazie ai ristori che avrebbero dovuto aiutarli fino alla fine della pandemia, ma non si capisce come questo intervento statale sulle infrastrutture culturali, seppure necessario, potrebbe innescare qualsiasi tipo di NR.

Il Rinascimento non è e non è stato palazzi e quadri, beni infrastrutturali e opulenza, ma è, in maniera imprescindibile, la valorizzazione delle competenze umane che nelle infrastrutture agiscono, delle quali spesso chi parla di cultura si dimentica, concentrandosi sulla preservazione e il restyling di antichi fasti.

“Questo paese deve uscire dal Medioevo e conoscere un Nuovo Rinascimento” (Luca Zaia, presidente Regione Veneto)

L’espressione NR è tornata particolarmente di moda con l’arrivo del nuovo presidente del Consiglio Mario Draghi, considerato evidentemente da molti politici il Nuovo Lorenzo il Magnifico.

Sembra che spesso si confonda il Rinascimento con Risorgimento o resurrezione. Si parla di Rinascimento come qualcosa che calerà dall’alto, grazie a un nuovo politico, una nuova scoperta scientifica, una nuova massiccia elargizione economica. Perché mai una di queste variabili dovrebbe recuperare, come un deus ex machina, il patrimonio ancora vivo di una storia vecchia di secoli, se non cerchiamo di capire cosa di questa storia abbia reso quel periodo così speciale?

“Con Mario Draghi un nuovo Rinascimento” (Federico Marchetti, fondatore di Yoox Net-a-porter)

Anche alcuni imprenditori utilizzano l’espressione NR, in questo caso connessa alla meritocrazia e al lavorare sodo. Sono due caratteristiche indispensabili per il progresso, ma lo sono altrettanto per lo sviluppo iperliberista o per qualsiasi forma di rinascita dopo una pandemia. In questo caso, come in quello citato del presidente della Regione Veneto, la citazione si riferisce probabilmente a una generica e indispensabile rinascita, che però dovrebbe essere declinata con dei valori che vadano al di là dell’efficientismo. Non basta produrre, non basta consumare, serve capire come farlo in maniera socialmente ed economicamente sostenibile.

“Come cambierà la musica dopo il Coronavirus? Mi auguro, anzi sono sicuro che ci troveremo davanti ad un nuovo Rinascimento, ad una vera e propria rivoluzione. Noi oggi, abituati a forme ‘amusicali’, ad una quasi assenza di suono. Perché al di là delle mode di passaggio, ciò che sopravvive sono melodia e armonia. Non basta parlare su un monoaccordo. Spero che si possano rieducare le nuove generazioni anche attraverso l’insegnamento della musica classica nelle scuole superiori” (Sergio Cammariere, cantautore)

Anche gli artisti, a volte, parlano di NR. Non sempre, però, per ricordare che Leonardo da Vinci, mentre dipingeva la Gioconda, progettava i Navigli di Milano, lavorando con le più disparate maestranze delle botteghe. A volte, come in questo caso, il NR viene citato addirittura come un’auspicata rivoluzione che scacci finalmente la trap per fare ritornare le melodie che tutti conosciamo, che rassicurino i nostri animi provati con delle costanti conferme rispetto al già noto.

“Partendo dal presupposto che la maggioranza degli italiani ignora le proprie origini culturali, Rinascimento [il suo movimento politico, NdR] tende ad innalzare la società, rendendola consapevole di essere figli di menti geniali quali Michelangelo, Leonardo, Raffaello e di tutti quei Maestri vissuti nel periodo storico che più di tutti ha esaltato e promosso il concetto di Bellezza, il Rinascimento appunto“ (Vittorio Sgarbi, critico d’arte)

Parlando di NR, non poteva mancare la citazione di uno dei più prolifici e presenzialisti critici d’arte, che ne ha fatto addirittura un movimento politico. Nelle sue parole si sente il peso di una storia che non serve a capire il presente, quanto piuttosto a farci sentire degli ignoranti.

Si parla di bellezza come se fosse una proprietà innata della materia, non di una percezione negoziata, condivisa, trasformata nei secoli. Si finge che la bellezza abbia dei canoni universalmente e atemporalmente riconosciuti, senza considerare che, se le opere d’arte del Rinascimento hanno così tanto influenzato le successive generazioni in tutto il globo, non è accaduto perché le Quattro Tartarughe Ninja – chiamate così dagli autori americani del fumetto, affascinati dalla loro vacanza a Firenze – siano riuscite a trovare la formula magica di un’estetica oggettiva, quanto perché erano parte di un sistema sociale che non dava all’arte il ruolo di orpello, ma gli attribuiva la capacità di aprire finestre su altri mondi, di raccontare facilmente storie complesse, di sperimentare nuovi materiali, tanto da far desiderare a ciascuno di coloro che entrava in contatto con i protagonisti di quella rivoluzione di far parte di quella comunità.

“Siamo chiamati a un nuovo Rinascimento. Le cose non devono tornare com’erano: le cose devono essere migliori. Un Paese civile deve proteggere tutti, soprattutto le persone più fragili: anziani e disabili” (Flavio Insinna, conduttore televisivo)

Chiudiamo questa prima carrellata di citazioni con questa, espressa a Domenica In, che conferma senza ombra di dubbio come NR sia un archetipo del nostro immaginario, del dna italiano, con un potere dirompente tanto da essere citato anche in una trasmissione nazionalpopolare.

Ma sono quelli che abbiamo appena elencato i significati di NR di cui abbiamo bisogno per una ripartenza bella, sostenibile ed inclusiva? Probabilmente no, perché poco hanno a che fare con quello che riteniamo essere stato il motore di innovazione che contraddistinse il Rinascimento e che ritroviamo nelle parole di Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea, che sceglie un altro slogan e un altro movimento culturale, probabilmente più vicino al suo background, per argomentare il suo ragionamento: il Bauhaus.

“Il Nuovo Bauhaus Europeo vuole essere un ponte, un ponte tra, da un lato, il mondo della scienza e della tecnologia e, dall’altro, il mondo delle arti e della cultura, si tratta di una nuova estetica del green deal europeo che combina il buon design con la sostenibilità. Il bauhaus europeo mira ad avvicinare il green deal europeo alle menti e alle case delle persone fino a rendere tangibile il comfort e l’attrattiva di una vita sostenibile. Il Bauhaus Europeo dimostrerà che il necessario può anche essere bello”

Questa citazione, a differenza delle altre, non ha bisogno di commenti, perché è un’argomentazione chiara e radicale sul senso da attribuire al new deal che immagina. Così come per il Rinascimento, anche il riferimento al Nuovo Bauhaus ha scatenato alcune polemiche, come quella, ad esempio, di essere stata una scuola misogina.

I riferimenti al passato, certo, sono sempre insidiosi – ce lo ricorda il confronto che gli attivisti fanno spesso con statue celebrative, a volte risignificandole con gesti artistici, a volte negandole con la loro distruzione – ma non possono essere cancellati, perché sono il nostro patrimonio comune, quello grazie al quale siamo quello che siamo, in cui c’è molto che va riconosciuto e valorizzato.

Possiamo sicuramente portare alla luce tutte le contraddizioni che sono esistite in qualsiasi movimento per capire che cosa possiamo fare meglio. Non si può negare, d’altra parte, che un immaginario collettivo non si costruisce mai da zero, ma si elabora in dialettica col passato.

Anche il Rinascimento può dare adito a critiche revisionistiche. Ad esempio, nel forte cambio di paradigma che ha messo al centro l’uomo, dopo anni in cui la legge divina aveva avuto il sopravvento su ogni scelta, si sono anche poste le basi di una cultura che certifica la netta scissione tra l’uomo e la natura e che va radicalmente rivista: ci siamo illusi per secoli, infatti, che l’uomo potesse imprimere come Homo Faber la sua mano sul resto del creato, impostazione di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze.

Sono però molti altri i rimandi fecondi a cui possiamo far riferimento per riempire di sensi questo slogan, come ad esempio la valorizzazione dei processi collaborativi, il depotenziamento della retorica gerarchica tra conoscenze scientifiche e umanistiche, la percezione dell’arte come strumento di progresso economico e sociale, l’attenzione al ruolo del singolo individuo come agente trasformativo o lo spirito di impresa, solo per dirne alcuni. E in effetti, al di là della retorica, in molti hanno tentato di ridefinire in maniera più complessa il NR.

“Mentre noi abbiamo tenuto divaricato il sistema culturale tra quello umanistico e quello scientifico, questa divaricazione non esiste più nei fatti. Dobbiamo cogliere questa occasione straordinaria della pandemia che ci ha fatto capire che scienza e umanesimo sono una sola cosa. Un nuovo Rinascimento? Sì, dove però la scienza converge fortemente con la parte umanistica” (Paolo Verri, direttore di Matera 2019)

“Sarà da riprogettare questo “spazio di mezzo” come necessariamente flessibile, adaptive, non rigido, che segua le persone nei loro movimenti senza rinunciare alla socialità, una nuova forma di dialogo tra cose, case, persone e azioni, una conversazione […] E questo comprendere, questo svelare è azione propria dell’arte che toglie da sempre il velo alla realtà: così la creatività sarà l’anti-fragilità, la reazione che innescherà un nuovo Rinascimento. E in questo gli Italiani sono da sempre un modello, sanno progettare con eleganza il cambiamento, innescare quel processo che è cultura” (Daniela Cavallo, docente Marketing Territoriale all’Università di Verona)

“Un nuovo Rinascimento del Paese che si basi su una grande azione di riqualificazione e rigenerazione culturale dei luoghi dove si vive e lavora, dove ci si istruisce o si fa cultura, favorendo e incentivando tutte le azioni e le opere che possano garantire, in tempi certi e secondo una programmazione pluriennale, l’instaurarsi di una visione collettiva finalizzata a incrementare continuamente la sicurezza, la salubrità, lo spazio del vivere, il verde, la mobilità: un nuovo modo di vivere e di pensare, insomma” (Fabrizio Cola, responsabile Relazioni Istituzionali UMAN- ANIMA Confindustria)

Non è sufficiente invocare un Nuovo Rinascimento sperando che possa materializzarsi nei nostri luoghi di lavoro e nelle nostre case, ma è importante cominciare a riempire questo slogan di significati condivisi per far sì che diventi un riferimento chiaro su cui impostare le politiche del Next Generation Eu italiane, facendolo sconfinare dal recinto della cultura con la c minuscola per consentirgli di informare in maniera trasversale ogni ragionamento sul futuro del Paese.

Leggi anche: “Son Sordello della tua terra”, quel campanilismo che non ci abbandona dai tempi di Dante (di Stefano Mentana)

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