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Il dittatore utile e i diritti umani sempre per ultimi (di Giulio Gambino)

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Illustrazione di Emanuele Fucecchi

C’era una volta ‘il dittatore necessario’.

S&D

Sia lodato Mario Draghi, premier tutto d’un pezzo, che due giorni fa ha detto le cose come stanno, che nessun altro prima di lui aveva osato pronunciare: Erdogan è un dittatore. Ma pur sempre necessario.

Uno con cui “dobbiamo dialogare, di cui abbiamo bisogno per collaborare, con cui bisogna trovare l’equilibrio giusto”. Non fa una piega. Che tradotto significa fare svolgere a lui il lavoro sporco che noi non vogliamo fare.

E infatti l’Europa ha già dato circa 6 miliardi di euro alla Turchia del dittatore necessario affinché si tenesse in casa propria i migranti che noi qui non vogliamo.

Qualcuno l’ha chiamata realpolitik. Un importante think tank italiano (Ispi) narra così l’impresa di Super Mario in politica estera questa settimana: “È la seconda volta che il premier spiazza tutti dettando la linea dell’Italia… Ora, con la dichiarazione shock di Draghi, anche l’Italia torna a dire la sua nell’intricato scacchiere mediterraneo. A suon di realpolitik à-la-Macron, se necessario”.

Realismo politico che ci riguarda solo quando si parla di immigrazione in Libia e Turchia, e mai quando invece si tratta di perseguire interessi ugualmente primari e strategici come la verità su Giulio Regeni e Mario Paciolla: per loro abbozziamo e basta, ci voltiamo dall’altra parte.

Fino a che punto è opportuno perseguire una realpolitik se poi nel farlo si rischia di rendere quantomeno ambigui i principi su cui si fonda la nostra democrazia? È giusto che un premier incaricato chiami dittatore un leader eletto dal popolo (pur nel pieno dei suoi soprusi in patria) quando poi quello stesso dittatore serve a pulirci la coscienza per non guardare in faccia la realtà del cimitero dei migranti che è il Mediterraneo?

Del resto qualche giorno prima di aver chiamato Erdogan dittatore (l’avesse fatto chiunque altro ne sarebbe scaturito uno studio approfondito sulle sue conoscenze geopolitiche) Draghi aveva anche ringraziato di persona i libici a Tripoli per i salvataggi dei migranti in mare, quelli che vengono ‘pescati’ dai guardiacoste locali e puntualmente riportati nei lager dove avvengono violenze e atrocità. Senza tra l’altro una parola per il lavoro della Marina Italiana e delle Ong.

Allora, forse, più di tutti ha davvero ragione l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti che questa settimana ha spiegato in un’intervista a TPI: “c’è una certa ipocrisia nel parlare di Libia oggi”. È così.

Leggi anche: 1. Io reporter sul campo in Libia vi dico: “C’è poco da ringraziare i libici, Draghi mistifica la realtà”. Parla Nancy Porsia / 2. Minniti a TPI: “Sulle polemiche per i ringraziamenti di Draghi alla Libia c’è una certa ipocrisia” / 3. Bartolo a TPI: “Come può Draghi ringraziare la Libia per i salvataggi dei migranti? Sono deluso”

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