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“La democrazia si sta restringendo, ma conosco un’Italia migliore, eroica” : Erri De Luca si racconta a TPI

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Lo scrittore e giornalista napoletano racconta del suo ultimo libro, “Il giro dell’oca”, nel quale la presenza del figlio mai nato diventa motivo per interrogarsi severamente sulle tappe principali della sua vita

“Qui siamo nel posto dove è nato questo dialogo, guardo poco la televisione e mi capita di parlare da solo, mi parlo da solo in napoletano”.

Comincia così l’incontro con lo scrittore Erri De Luca, nella sua abitazione nella campagna romana, sede di un’inattesa visita da parte di un ragazzo, ormai uomo: quel figlio che Erri non ha mai avuto. erri de luca giro dell’oca

A TPI, lo scrittore e giornalista napoletano racconta del suo ultimo libro, “Il giro dell’oca” edito da Feltrinelli, nel quale la presenza del figlio diventa motivo per interrogarsi severamente sulle tappe principali della sua vita, “uno scambio di racconti e da parte del figlio uno spirito critico verso il padre”. 

Erri De Luca, scrive la sua lettera a un bambino mai nato, ma a differenza di Oriana Fallaci, la forma epistolare diventa intervista.

Un’intervista in cui Erri ripercorre alcuni dei momenti più importanti: Erri e i rifugi antiaerei a Napoli, Erri e la madre, Erri e il padre, Erri militante di Lotta Continua, Erri muratore, Erri operaio della Fiat a Torino, Erri che traduce dall’ebraico, Erri autista di camion lungo le strade della ex Jugoslavia, Erri scrittore, scalatore, fino ad Erri senza un figlio.

“Intorno a questo tavolo si sono sedute un sacco di persone che non ci sono più, un mucchio di assenti, e allora succede che la sera si ripresentano, non per farmi visita, per farsi visita tra di loro e si scambiano le loro presenze”. erri de luca giro dell’oca

Ha mai pensato a un figlio nella sua vita?

Ogni qual volta che mi sono trovato con una donna alla quale ho chiesto di metter su una base solida, non è successo molte volte, ma le volte che è successo, mi hanno detto di no.

Come immagina suo figlio?

Non riesco a immaginare “un” figlio. Il figlio è sempre il secondo piano, viene in prospettiva, all’orizzonte dopo la creatura femminile.

Nel libro racconta anche di un aborto…

Io l’ho saputo a cose fatte, e poi era un’epoca in cui non si facevano figli, io dico che in queste faccende l’intervento della paternità è uno spunto, ben poca cosa rispetto all’impegno femminile.

Si è mai sentito padre?

No, sono rimasto figlio, orfano dopo la morte di mia madre. Non ho nessun rapporto adulto, per me sono delle persone, non devo cambiare formula, argomento o parole per rivolgermi a chi ha 18 anni o chi ne ha 81.

In questo libro Erri si racconta come mai fatto prima, un manoscritto a cuore aperto…

I libri fanno questo quando riescono a fare qualcosa, si mischiano con l’intimità di chi li sta leggendo, lo so da lettore, ci sono dei libri che hanno funzionato con me perché funzionavano, mi facevano buttare fuori una parte di me che stava già lì dentro e che avevo bisogno di riconoscere.

C’è un passaggio strano che succede dentro di noi in cui il riconoscere precede il conoscere. Ancora prima di conoscere, uno riconosce una cosa che gli sta capitando.

Sì definisce un tipo battagliero?

Da solo non sono un tipo battagliero, ho bisogno di una buona causa per essere messo in moto.

Cos’è per lei la libertà?

La libertà per me è tenere insieme quello che dico con quello che faccio.

E i diritti?

I diritti sono sempre una questione di contrattazione, dipendono dai rapporti di forza. Si restringono e si dilatano a seconda dei periodi.

Io ho conosciuto dei periodi in cui quei diritti e quelle libertà si dilatavano, aumentavano, per esempio in fabbrica negli anni Settanta, quello che è riuscito a ottenere quella massa di forza lavoro sono stati dei traguardi che ci hanno messo decenni a smantellare.

Quindi dipende sempre dai rapporti di forza, anche in democrazia. La democrazia tende a rattrappirsi, tende anche a suicidarsi come succede anche in Turchia, è successo in Germania, con il partito nazional-socialista, probabilmente succederà in Brasile. La democrazia ha queste possibilità di retrocedere fino al punto più basso. Riesce a degradarsi fino a precipitare nel suo contrario, fino all’oligocrazia, ossia il governo di pochi.

Che tempo stiamo vivendo?

Un tempo in cui la democrazia si restringe, questa fisarmonica della democrazia si sta restringendo.

Da cosa dipende, da chi ci governa?

Non do troppa importanza alla capacità influenzante dei vertici, loro sono dei ricettori di quello che succede già, non lo anticipano, lo ricevono e lo possono, secondo i loro scopi e vantaggi, ingrandire, moltiplicare. Ma quello che c’è esiste, non inventano nulla.

Siamo in una fase di compressione, ma è un periodo. Ma io conosco un’Italia diversa, migliore rispetto a quella che raccontano i giornali, le televisioni, conosco un’Italia che si dà un gran da fare, e si comporta in maniera esemplare, probabilmente anche eroica. E con una capacità di supplenza di tutti i deficit dell’amministrazione pubblica.

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