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Kenya, caccia ai somali

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Il quartiere di Eastleigh, la 'piccola Mogadiscio' di Nairobi, è teatro di scontri. L'enclave somala è accusata di fiancheggiare al-Shaabab

Kenya caccia ai somali

Ali Sheikh Ahmed è un uomo di origine somala e a Eastleigh, la piccola Mogadiscio di Nairobi, gestisce un’attività commerciale per la vendita di gioielli e oro. Da alcuni giorni Ahmed, come centinaia di altri suoi connazionali, è sotto assedio dopo l’ennesimo attentato terroristico messo a segno nella capitale keniota. Domenica scorsa un ordigno è esploso all’interno di un minibus provocando la morte di almeno otto passeggeri e il ferimento di decine di persone. Il quartiere di Eastleigh, un grosso agglomerato urbano dove vivono migliaia di uomini, donne e bambini di origine somala, non è più un posto sicuro per loro e per le famiglie che si sono trasferite lì dopo essere fuggite dalla sanguinosa guerra civile che ha sovvertito il potere in Somalia nel 1991.

“Non siamo membri di al-Shabaab e non siamo responsabili delle loro azioni”, continua a ripetere Ahmed. Ma sono in pochi, tra i kenioti del quartiere, a credere che i somali non siano in qualche modo legati al gruppo islamico responsabile della scia di terrore e sangue che da mesi tiene in ostaggio i principali centri urbani del Kenya. “Siete terroristi”, gridano contro di loro bande di giovani armati di bastoni e machete pronti a ‘ripulire’ la piccola Mogadiscio dalla presenza degli ‘stranieri’. In zona il manipolo di giovani violenti, tutti tra i 15 e i 25 anni, che in questi giorni sta guidando la rivolta contro i somali si fa chiamare i ‘kenioti’. Tra di loro ci sono anche decine di ragazzine in jeans attillati e scarpe da ginnastica che puntano minacciosi i residenti somali del quartiere, con in mano pietre e spranghe di ferro: “Hanno i soldi e stanno finanziando gli Shabaab”, urla Amina, una delle più scatenate del gruppo. Il loro obiettivo è quello di recuperare il controllo del quartiere, una versione che non convince del tutto coloro che in questo lembo di terra, enclave somala a Nairobi, vive da decenni. “Hanno colto l’occasione per venire a saccheggiare le nostre case e i nostri negozi. Non si tratta di ragazzi del posto”, ne è sicuro Mohamed Noor Ismail, 36 anni, commerciante che continua a perlustrare da giorni le strade di Eastleigh con in mano una frusta, pronto a difendersi dagli attacchi dei ‘rivali’ della comunità keniota.

Lo scenario che si presenta è surreale: il quartiere è diventato un campo di battaglia, con la polizia in tenuta antisommossa pronta a disperdere i rivoltosi con l’ausilio di gas lacrimogeni e colpi di arma da fuoco esplosi in aria. Centinaia di piccole attività commerciali hanno chiuso ormai i battenti per timore di rappresaglie, mentre Juja Road (la strada che conduce nel cuore del sobborgo) è diventata off limits per le auto e i bus, molti dei quali distrutti dall’impeto dei violenti. Il bilancio degli scontri conta almeno dieci feriti gravi e un gran numero di contusi. Intanto i leader delle comunità locali invocano la tregua: “Non cadete nella trappola dei terroristi”, ripete da giorni a chi incontra per strada e sui giornali Hassan Gullet, rappresentante dei commercianti di Eastleigh. “Questi atti di terrore servono solo a creare divisioni tra le comunità”.

Ma l’ombra di al-Shabaab si materializza minacciosa sulla piccola Mogadiscio e tanti sono certi che il quartiere di Eastleigh sia abitato in gran parte da somali appartenenti a cellule del gruppo islamico legato ad al-Qaeda. L’anno scorso, l’ex vice ministro keniota per la Sicurezza Interna, Orwa Ojode (morto in un incidente in elicottero lo scorso giugno), ha definito il movimento islamico somalo come un “animale con la testa a Eastleigh e la coda in Somalia”. Una definizione che ha alimentato il risentimento nei confronti della numerosa comunità somala del quartiere, fino allo scorso anno polo di attrazione commerciale per piccoli imprenditori kenioti e uomini d’affari provenienti da Burundi, Ruanda e da altri Paesi dell’Africa orientale. Enormi centri commerciali, negozi di alimentari, alberghi e banche avevano contribuito a creare un sistema economico autosufficiente rispetto al Central Business District di Nairobi. Ma da quando nell’ottobre del 2011 è scattata l’offensiva militare dell’esercito keniota in Somalia, Eastleigh è diventata teatro di azioni violente ai danni della popolazione civile e covo di cellule terroristiche pronte in qualsiasi momento a colpire. Nel mese di settembre la polizia ha sequestrato un vero e proprio arsenale in uno dei tanti rifugi di fortuna: quattro bombe, 12 granate, quattro fucili Ak 47 e 480 proiettili, e ha arrestato due presunti terroristi. Prima dell’escalation di violenza di questi giorni, un’altra bomba era stata fatta esplodere nel cuore del quartiere, e un ordigno era stato lanciato fuori da un supermarket, per fortuna senza vittime. Intanto il portavoce del braccio armato di al-Shabaab, Sheik Abdulaziz Abu Musab, sul proprio profilo Twitter fa sapere che il gruppo è estraneo all’attentato di domenica scorsa. Ma la caccia al somalo nel quartiere di Eastleigh non si ferma e con essa si inaspriscono anche i rapporti tra le comunità, alla vigilia delle delicate elezioni in programma a marzo 2013.

 

Gennaro Punzo

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