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    Proteste per George Floyd, Trump ha fatto costruire un muro intorno alla Casa Bianca. Ironia social: “Lo paga il Messico?”

    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 5 Giu. 2020 alle 10:59

    Usa, proteste George Floyd: Trump costruisce muro intorno a Casa Bianca

    Nei giorni scorsi negli Usa le proteste per l’omicidio di George Floyd, il 46enne afroamericano morto in circostanze sospette durante un controllo di polizia a Minneapolis, sono arrivate fin davanti alla Casa Bianca e per questo motivo il presidente Donald Trump, oltre a mobilitare un numero consistente di agenti di sicurezza, ha deciso alla fine di erigere un muro intorno alla sua residenza ufficiale. Lungo tutto il perimetro della Casa Bianca è stata infatti innalzata una recinzione provvisoria, che rimarrà in piedi “almeno” fino al 10 giugno: barriere di metallo e blocchi di cemento per bloccare qualsiasi tentativo di sfondamento da parte dei dimostranti e non costringere il tycoon a schierare l’esercito.

    Mentre Trump, che in questo periodo di tumulti in America ha passato per sicurezza anche alcune ore nel bunker della Casa Bianca insieme alla famiglia, ordina di costruire un muro attorno alla residenza ufficiale, sui social si alzano le polemiche. Soprattutto perché il muro, quello tanto desiderato al confine con il Messico, è uno dei simboli più efficaci della campagna elettorale del miliardario statunitense. “Il sogno di Trump di costruire un muro diventa realtà”, hanno scritto molti utenti, mentre altri hanno chiesto se la costruzione fosse stata finanziata proprio dal Messico. Qualcuno, ancora, ha sottolineato quanto la scelta del presidente sia paradossale: “Vuole costruire un muro, quello con il Messico, per proteggere gli americani e costruisce un muro davanti alla Casa Bianca per proteggersi dagli americani”. Secondo alcuni analisti, inoltre, la decisione è anche un segnale di debolezza del presidente, quasi a confessare di non essere in grado di gestire la situazione che si è creata nelle strade di tutti gli Stati Uniti.

     

     

    Nel frattempo, però, arrivano anche alcuni segnali di distensione. Oggi, a Los Angeles, è stato ad esempio abolito il coprifuoco: “Le manifestazioni sono pacifiche, non serve più”, ha detto lo sceriffo della contea, Alex Villaneuva. In questi giorni sono stati anche ritirati circa 700 militari, mobilitati nella Capitale a causa delle proteste e rientrati adesso nella base a Fort Bragg, in Nord Carolina. Entro oggi dovrebbero rientrare altri 900 soldati, mobilitati come contingente di riserva e pronti ad agire solo in caso di emergenza. Nella Capitale, rimane comunque alta la concentrazione di soldati: circa 2mila.

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