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“Non è più redditizia”: gli agricoltori di un villaggio libanese di Yammouné rinunciano alla coltivazione della cannabis

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Libano, gli agricoltori di un villaggio rinunciano alla raccolta della cannabis

Gli agricoltori di un villaggio del Libano hanno rinunciato alla coltivazione di cannabis, che ha arricchito la loro comunità, per dedicarsi alla raccolta delle mele. A raccontare la singolare vicenda è il New York Times, secondo cui la crisi economica che ha colpito il Paese e la pandemia di Coronavirus hanno di fatto azzerato i profitti provenienti dalla vendita dell’hashish. Protagonista della singolare storia è Yammouné, un villaggio agricolo libanese dove la cannabis cresce ovunque. Come racconta il quotidiano statunitense, infatti, la cannabis riempie i “campi che circondano il villaggio e costeggia le strade vicine dove l’esercito gestisce i posti di blocco. Germoglia nelle macchie erbose tra le case e si mescola con altre fioriture colorate nelle aiuole”.

S&D

Jamal Chraif, il capo villaggio, ha elogiato la cannabis come “un arbusto benedetto” per le sue numerose proprietà benefiche e per la facilità con cui cresce. “C’è qualcosa di sacro in questo” ha aggiunto. Eppure, per la prima volta da diversi anni, Jamal non ha coltivato la cannabis per un motivo molto semplice: una serie di fattori hanno cancellato la maggior parte dei profitti che arrivavano con la vendita dell’hashish, estratta dalla pianta. Motivo per cui Jamal, così come altri agricoltori, quest’anno hanno deciso di concentrarsi sulla raccolta delle mele.

Il motivo, come detto, è di stampo economico. La lira libanese, infatti, ha perso l’80% del suo valore rispetto al dollaro statunitense dallo scorso autunno. I costi del carburante e dei fertilizzanti importati, e necessari per coltivare il raccolto, sono aumentati vertiginosamente, mentre le lire libanesi che i coltivatori guadagnavano vendendo il loro raccolto di hashish valgono sempre meno. Non solo, la crisi finanziaria libanese ha anche minato il mercato interno della droga e la guerra in Siria ha interrotto le rotte del contrabbando rendendo più difficile per gli intermediari raggiungere i mercati esteri.

Questo ha costretto Yammouné ad abbandonare le coltivazioni di cannabis e ad andare incontro ad un periodo di inevitabile povertà. L’hashish estratta dalla pianta di cannabis e venduta ai contrabbandieri che la portano fuori dal Paese, infatti, ha fatto più di qualsiasi altro raccolto per aiutare i residenti del villaggio a uscire dalla povertà più assoluta. Ha fornito un reddito stabile, non offerto dai raccolti legali e più volubili, come mele e patate, e ha finanziato espansioni domestiche, acquisti di camion e istruzione dei bambini.

“Ora, coltivare hashish è un hobby” rivela Chraif. La coltivazione di cannabis qui e in altre comunità ha reso il Libano il terzo fornitore di hashish al mondo, dopo il Marocco e l’Afghanistan, secondo le Nazioni Unite. Sebbene l’hashish, un concentrato di cannabis con alti livelli di Thc, sia illegale da produrre, possedere e vendere in Libano, il governo all’inizio del 2020 ha approvato una legge che legalizza alcune coltivazioni di cannabis per scopi medicinali. La legge deve ancora essere implementata e la cannabis coltivata a Yamouneh rimane illegale a causa del suo alto contenuto di Thc.

Ora la crisi economica del Libano, però, minaccia di fare ciò che anni di incursioni dell’esercito e sforzi del governo per combattere la droga non hanno mai fatto: ridurre la produzione di hashish. Gli agricoltori, che fino a pochi anni fa vendevano un chilogrammo di hashish fino a 1000 dollari, ora temono che il guadano potrebbe scendere addirittura a 100 dollari al chilo. “Se la situazione rimane così, non pianteremo” dichiara un altro degli agricoltori del villaggio.

Eppure non tutti demordono. Un proprietario terriero, infatti, ha confermato di non aver mai visto un anno peggiore di questo per il raccolto di cannabis, ma ha anche dichiarato di essere intenzionato ad andare avanti: “Siamo nati per fare questo. Se non ci fosse hashish qui, non vedresti una sola casa nel villaggio”. Gli sforzi del governo libanese di sostituire le coltivazioni di cannabis con quelle di girasoli e zafferano non sono mai decollati. Secondo quanto riferito due anni fa all’ex ministro dell’Economia Raed Khoury, il quale sottolineò che “La qualità che abbiamo è una delle migliori al mondo”, la vendita legalizzata della cannabis avrebbe potuto generare un’industria per il Paese da 1 miliardo di dollari.

Il Libano ha legalizzato la cannabis nel febbraio di quest’anno, il primo paese arabo a farlo. Ma da allora il governo non ha compiuto progressi nell’attuazione della legge. E poiché l’hashish è ancora illegale e il governo sarebbe in grado di tassare i ceppi legali di cannabis, i coltivatori di Yamouneh, da tempo abituati a operare al di fuori della legge, si sono opposti alla legalizzazione. Le numerose ville a due e tre piani e i costosi Suv davanti alle abitazioni testimoniano il denaro che l’hashish ha portato al villaggio, ma i residenti dicono che i soldi sono sempre andati ai trafficanti. Il sindaco del villaggio da giorni riceve agricoltori in difficoltà a causa del mancato introito dal raccolto di cannabis. “Si chiedono: ‘Perché dovrei coltivarlo se perdo?'”, Ha dichiarato li primo cittadino. “Lo fumano da soli per dimenticare le loro preoccupazioni.”

Leggi anche: 1. Libano nel caos: il governo si dimette. Onu: “Ascoltare richieste dei manifestanti” / 2. “L’esplosione di Beirut è una tragedia annunciata, quel porto è il simbolo della corruzione in Libano” / 3. “A Beirut, come a Damasco, è morta la speranza”: parla lo scrittore siriano Shady Hamadi

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