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La battaglia per Damasco

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Un'autobomba esplode nel centro della capitale siriana, causando decine di morti. Il regime e le milizie dell'opposizione si accusano a vicenda

La battaglia per Damasco

53 persone sono morte e altre 200 sono rimaste ferite ieri nell’esplosione di un’autobomba nel centro di Damasco, avvenuta vicino alla sede del partito di governo Baath e all’ambasciata russa.

La televisione di Stato siriana, ancora sotto il controllo del regime di Assad, attribuisce l’attentato a “terroristi” che vogliono destabilizzare il Paese.

La Coalizione Nazionale Siriana, gruppo che racchiude la maggior parte dei gruppi ribelli che si oppongono al regime in carica, ha accusato il governo di “causare terrore e instabilità nel Paese”.

L’esplosione arriva a seguito di un recente tentativo dei gruppi armati ribelli di raggiungere il centro della città, finora sotto il controllo delle milizie governative.

È la prima volta che un’esplosione così violenta colpisce il centro di Damasco, fino a ora interessata dal conflitto solo nelle zone periferiche. Gli attentati di questo tipo sono in genere stati rivendicati dal gruppo Jabhat al-Nusra, affiliato ad al Qaeda.

Secondo i dati dell’Onu oltre 70 mila persone hanno perso la vita nel conflitto fino a oggi, mentre oltre 750 mila si sono rifugiati nei Paesi confinanti.

John Kerry, il nuovo segretario di Stato Usa, comincerà domenica un viaggio di due settimane in Europa e Medio Oriente. Secondo i media americani Obama ha posto il veto alle richieste del Pentagono e della Cia di consentire l’invio di armi a gruppi ribelli.

Ma esperti sostengono che le armi vengono fornite comunque, con un recente afflusso di missili anticarro e anti-aerei provenienti dai Balcani. Alleati degli Stati Uniti come il Qatar e l’Arabia Saudita sarebbero stati inoltre incoraggiati a rifornire i ribelli di armi attraverso i loro confini.

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