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L’illustratrice iraniana a TPI: “La repressione non ha cancellato la speranza di poter vivere un giorno in una democrazia”

Immagine di copertina
Credit: EPA/JAMES ROSS AUSTRALIA AND NEW ZEALAND OUT

Armita Garavand, la 16enne iraniana che era stata pestata per aver tolto il velo, è morta. La notizia, riportata da tutti i media internazionali il 22 ottobre scorso, riaccende la tragica narrazione di questi mesi legata alla parità di genere in Iran. Il regime di Teheran continua a negare la ricostruzione dei fatti, lo scorso primo ottobre ricordiamo l’aggressione in metropolitana da parte di una guardia del treno per aver tolto il velo.  Un anno fa scoppiò la rabbia del movimento che dal settembre 2022 sfilò in strada al grido di “Donna, vita libertà”. Cosa sta succedendo oggi nelle piazze in Iran? Ne abbiamo parlato ancora una volta con Sagar, giovane illustratrice di origini iraniane che vive in Italia. Il cognome lo abbiamo omesso per evidenti ragioni di sicurezza.

S&D

Sagar dopo la morte di Mahsa Amini – che nella passata intervista hai definito “la punta dell’iceberg di quello che il popolo iraniano vive dal lontano 1979” le proteste. Cosa è accaduto dopo? Qual è stata la reazione del governo iraniano?
Dopo la morte di Mahsa Amini le manifestazioni nel paese si sono fatte intense per poi attenuarsi nei mesi per via della fortissima repressione eseguita dal regime. Oltre alle manifestazioni in piazza, vietate in una dittatura, si sono accompagnati gli scioperi dei lavoratori di vari settori dell’economia e la chiusura dei negozi commerciali per protesta. Il governo iraniano è da sempre ben informato sul malcontento del popolo, considerando che tutti i telefoni sono controllati a campione, quindi la dittatura ha occhi e orecchie d’ovunque e questa è la sua forza per cui riesce a rimanere a galla nonostante tutte le difficoltà. Senza omicidi e repressione fortissima di tutti coloro che esprimono il loro dissenso questo sistema non potrebbe esistere oggi. Ecco perché la risposta si è fatta sempre più pesante. La paura di poter perdere il potere ha messo in moto nel regime il desiderio di mostrare a tutti coloro che vanno contro ai loro precetti quali sono le conseguenze di tali comportamenti con impiccagioni, torture e pestaggi dimostrativi.

Il “velo”, elemento contraddittorio che ha visto nel 1979, anno della rivoluzione Khomenista, il suo ritorno nella società iraniana, fino a oggi. L’ennesima giovane ragazza uccisa. Che idea ti sei fatta?
La mia idea è che Armita Garavand, morta per mano delle guardie della rivoluzione sia una delle centinaia di migliaia di giovani donne uccise dal regime in questi anni. Prima di Mahsa Amini l’argomento non era così discusso, specie in Europa, ma comunque presente nella società iraniana. Le braccia del regime sono le guardie sul territorio che hanno come compito far rispettare i precetti della rivoluzione, tra cui l’obbligo del velo. È il caso di dire che molti di loro siano dei veri e propri assassini, penso che non sia più tollerabile continuare a parlare di incidenti. La società iraniana ha raggiunto un certo grado di intolleranza che ha portato alle massicce manifestazioni e maturità perché malgrado tutti i morti abbiamo tutti speranza che questo incubo finisca.  

Nella scorsa intervista abbiamo definito quanto sta accadendo oggi in Iran un “fallimento culturale e sociale della repubblica islamica”. Sei ancora d’accordo?
Certo, più che mai la società iraniana di oggi è frutto del fallimento del regime. Non hanno saputo coinvolgere il popolo positivamente nelle loro strategie di controllo di massa. Gli obblighi religiosi, e tutte le leggi medievali imposte in una società di giovani iper-connessi non può assolutamente avere futuro. Oggi al popolo è ben chiaro che la religione sia solo la facciata di un business molto più grosso che il regime non vuole perdere. Bisogna considerare che gli esponenti di spicco della dittatura tra cui la Guida Suprema e le sue forze armate controllano e generano parte del pil iraniano dal petrolio ai beni alimentari.

Dalle proteste del settembre 2022 alle risposte del governo iraniano un anno dopo, al ruolo delle donne e dei più giovani nel corso delle proteste. Come approcciano la questione i media iraniani?
Come molte persone di origini persiane non guardo assolutamente i media iraniani. Questo perché sono interamente controllati dal regime e non fanno filtrare notizie e informazioni sulle reali problematiche del paese. Generalmente attribuiscono i problemi alle infiltrazioni di spie straniere come per le manifestazioni e per le donne uccise ad incidenti di varia natura. Il popolo iraniano in questi anni ha imparato che il regime divulga menzogne su tutti i media, ma d’altronde per sopravvivere in un regime del genere la menzogna è diventata arte del popolo stesso.

Dallo scorso autunno ad oggi è cambiata la posizione dei governi occidentali in merito e di quello italiano?
Non penso sia cambiata la posizione dei governi occidentali e nemmeno di quello italiano. Misteriosamente il regime iraniano continua a fare affari con vari paesi, vedi i recenti accordi con gli Emirati e la Cina. Inoltre ha come alleato la Russia, e vari interessi militari nell’intera area. Se il comportamento dei governi occidentali cambiasse radicalmente prendendo posizioni più dure nei confronti del regime forse qualcosa potrebbe cambiare, ma questa lotta è una lotta che va combattuta dall’interno del paese e il popolo ne è consapevole.

Vedi ancora lontano un futuro di diritti per il tuo Paese?
Ho molta speranza che l’Iran possa cambiare e avere finalmente una democrazia e il rispetto dei diritti umani per il futuro. Probabilmente è un’utopia, in quanto questo regime è organizzato su tutti i fronti e dal suo arrivo ha sempre lavorato per stroncare ogni opposizione, sia in patria che all’estero. Ma la speranza di tutti i persiani nel mondo rimane viva, prima della morte di Mahsa Amini il popolo in Iran e all’estero non si era mai mobilitato in questo modo mostrando una forza e un’unione che danno speranza a tutti.

Sagar, il recente conflitto tra Hamas e Israele ha riportato in luce il possibile appoggio iraniano alla causa di Hamas, politica volta a destabilizzare l’area con diversi paesi arabi pronti a firmare gli Accordi di Abramo. Che ne pensi? Qual è stata la rilevanza data dai media iraniani alla nuova crisi?
Il governo iraniano ha bisogno di finanziare coloro che portano avanti un programma di propaganda e terrorismo islamico in modo da poter mantenere il controllo nell’area. Il regime ha sempre avuto interesse ad espandere la propria influenza in tutta la zona, e penso che una guerra oggi gioverebbe alla sopravvivenza del regime stesso. L’unico modo per unire nuovamente il popolo iraniano e distoglierlo dai problemi è una guerra. Ricordiamoci inoltre che il regime islamico dal suo insediamento è sempre stato contro lo stato di Israele non accettando la risoluzione con l’assegnazione dei territori. Mi auguro che il regime non percorra la sventurata strada della guerra, anche se tra i due stati c’è da anni una guerra nascosta dietro le quinte fatta di hackeraggi e spie.

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