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Home » Esteri

La guida sikh che spiega come in India convivono tutte le religioni del mondo

Immagine di copertina

Nirmal è un indiano che vive in Rajasthan. La sua storia nella quarta puntata della rubrica "Voci dalla strada" firmata da Luca Cappello

Voci dalla strada raccoglie le opinioni e la visione del mondo di gente comune. Non ha la pretesa di analizzare, ma vuole presentare diverse e molteplici verità, raccontate dalla voce essenziale e spontanea di chi vive la storia sulla propria pelle, senza facili e variabili categorizzazioni esterne.

S&D

Nirmal, India

Non ho un bel ricordo del Rajasthan, lo stato più grande dell’India e probabilmente il più ricco. Forse carico di aspettative e preconcetti non mi sono goduto appieno l’esperienza se non per Nirmal, la mia guida/autista/amico che mi ha accompagnato lungo tutto il tragitto. Il mio ricordo, quindi, più che sulle bellezze del paese è su questa persona che mi ha affascinato terribilmente.

Nirmal è un indiano sikh, per intenderci quelli che indossano il turbante. Non è di molte parole ma la sua persona non ha bisogno di grandi discorsi. Possiede un terreno da qualche parte in India sul quale ha costruito un’impresa agricola e dove lascia moglie e due figli quando si sposta per fare da guida ai turisti.

La mia prima domanda riguarda la moglie. Mi racconta di come il suo sia stato un matrimonio combinato, come spesso accade in India. Solo due volte l’ha vista prima di sposarla: la prima in una piccola foto tessera che gli avevano dato i suoi genitori, e che ancora tiene nel portafoglio. La seconda quando, dalla fessura di una porta lasciata semi aperta, l’ha intravista in mezzo alle rispettive famiglie che si accordavano sulla dote. Non si sbottona oltre e questo è tutto quello che riesco ad ottenere sull’argomento.

Questo riserbo mi colpisce anche in un’altra occasione. Rientrato in macchina prima dei miei amici, dopo la visita ad un museo, noto che Nirmal è completamente assorto dal telefono. Lo interrompo chiedendogli cosa stesse guardando con tale concentrazione e lui, dopo alcune reticenze, mi mostra una pagina di Amazon aperta su prodotti per lucidare la macchina. Ci intratteniamo così mezz’ora su quale lucido sia il migliore. Lui mi chiede consiglio come farebbe un bambino di fronte ad una scelta difficile e io cerco di spiegargli che non ho una macchina da lucidare. Credo che sia stato l’acquisto più difficile mai fatto su Amazon e sono rimasto stupito delle nostre differenze. Io su Amazon ci resto al massimo 5 minuti e compro tutto, lui per un lucido per auto ci ha messo mezz’ora mostrando un’attenzione e una calma che non avevo mai trovato in Italia prima d’ora.

Proprio la sua calma lo contraddistingue. Non c’è nulla che lo turbi. Qualsiasi cosa facciamo rimane calmissimo. Arriviamo in ritardo all’appuntamento – nessun problema; guida per 8 ore di fila – nessun problema; gli riempiamo la macchina di briciole – nessun problema. È impossibile fargli saltare i nervi. Ad un certo punto ci mettiamo a discutere della sacralità delle mucche indiane, giusto per stuzzicarlo e pensando fosse un tema importante. Niente, pacatissimo ci smonta dicendo che le mucche non sono proprio sacre. Quelle che si vedono gironzolare libere per le strade sono solo mucche vecchie di qualcuno che, non potendo più ricavarne latte, essendo un costo e non potendole macellare, se ne sbarazza lasciandole in strada. Ora, non so quanto ci sia di vero in quello che ci racconta ma, comunque, ricordo perfettamente che siamo ammutoliti.

Ma la gioia più pura Nirmal me la mostra quando gli domando come sia possibile che in India convivano praticamente tutte le religioni del mondo: Induismo, Islam, Cristianesimo, Sikhismo, Buddhismo, Animismo, Jainismo. Non mi risponde, come prevedibile, attraverso parole ma nei fatti. Mi porta in uno dei più grandi templi Sikh in India, il Gurudwara Bangla Sahib di Delhi: una visione incredibile. Mi introduce alla guida Sikh per turisti del tempio – sì, nel tempio c’è un ufficio dove spiegano ai turisti tutta la storia del Sikhismo –. Anche dopo questa lezione di storia, tuttavia, non capisco quale sia la sua risposta. Ciò fino a quando mi porta nelle cucine del tempio e, così, emerge la sua personalissima risposta alla mia questione. I templi Sikh offrono pasti gratis a tutti a pranzo e cena, rigorosamente vegetariani, senza distinzioni di religione, etnia e stato di bisogno perché, mi spiega, i sikh sostengono che nessuno debba soffrire la fame come hanno fatto loro nel passato.

Non ho potuto far altro che fermarmi per cena insieme a Nirmal. Non abbiamo parlato. Per lui sarà stato normale, per me era come non essere più sul pianeta terra. Non avevo mai visto così tante persone diverse condividere un pasto nella stessa sala e ho capito la risposta che mi aveva dato Nirmal. Prendendo in prestito le parole di un altro religioso, Ben Herbster, mi sono accorto in quel momento che “il più grande spreco nel mondo è la differenza tra ciò che siamo e ciò che potremmo diventare”.

— Leggi anche: Il popolo che non è capace di perdonare (quarta puntata)
— Leggi anche: La coppia musulmana scozzese che insegna a diffidare dall’apparenza (terza puntata)
— Leggi anche: Il fotografo di Damasco che affronta il dramma della guerra col sorriso (seconda puntata)
— Leggi anche: Il ragazzo scappato da Aleppo perché non vuole più uccidere (prima puntata) 
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