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L’Ucraina è il nuovo Afghanistan: le prossime europee siano un referendum per la pace (di E. Basile)

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

L’Ue compra, a caro prezzo, il gas
dagli Usa. La corsa al riarmo alimenta la crescita
statunitense. E la relazione speciale tra Germania
e Russia è finita per sempre. Il progetto neo-con
ha raggiunto tutti i suoi obiettivi. Ma il costo umano ed economico è
altissimo e il negoziato resta l’unica via d’uscita.
Solo gli elettori però possono imporlo ai Governi

Come si sa, Antonio Gramsci in una nota dal carcere negli anni Trenta scrisse che un mondo stava morendo e che i contorni del nuovo universo non erano netti all’orizzonte. Nell’interregno tra i due diversi ordini, forze irrazionali e oscurantiste avrebbero dominato. Nell’interregno nascono i mostri. L’attualità di questa dichiarazione ci colpisce.

S&D

È davanti agli occhi di tutti, anche dei più fanatici sostenitori della riscossa dell’Occidente collettivo contro il male col quale viene identificato il resto del mondo, (Pep Borrell docet, il «giardino» europeo assediato dai barbari) che la strategia Usa e Nato manca di razionalità politica.

La politica in subordine
Con Machiavelli, nasce l’epoca moderna. Viene creata l’autonomia della politica dai dogmi religiosi ed etici. Naturalmente anche prima di Machiavelli la politica era stata pura gestione del potere ma era stata camuffata da visioni religiose e falsamente etiche. L’autore de Il Principe mette a nudo il re e riconsegna alla strategia politica le sue caratteristiche essenziali aprendo alla modernità laica le scienze politiche.

Oggi l’operazione sotto-culturale che viene portata avanti è la soggezione dell’arte del compromesso al fine di ridurre i danni e perseguire il maggior bene possibile, ai dogmi etici naturalmente funzionali a un certo tipo di potere. La sconfitta dell’Ucraina è immorale, dichiara il Brookings Institute. In questo modo il ventunesimo secolo che avrebbe dovuto portare alla fine delle ideologie vede gli interessi geo-strategici occidentali travestirsi di radicalismo etico, di ossessione normativa. In questo modo ogni opzione razionale e realistica diviene oggetto di uno stigma quasi religioso incline a trascinarci in un universo medievale oscurantista.

Meglio della sottoscritta lo spiega Salvatore Minolfi nel suo eccellente libro “Le origini della guerra russo-ucraina”, edito dall’Istituto di studi filosofici di Napoli, lontano dai grandi circuiti e dalla promozione delle case editrici importanti come avviene oggi per tante pubblicazioni originali e di valore, ghettizzate nell’ombra mentre imperversano opere scontate e banali, incomprensibilmente pompate dai media.

La nuova tappa del trentennale progetto neo-conservatore americano, ugualmente presente tra i Repubblicani e i Democratici, è la guerra in Ucraina. Si abbandona la periferia (Afghanistan, Iraq, Libia) per dirigersi contro il centro, l’anello debole delle potenze del surplus, la Russia, per poter poi attenzionare la Cina. La politica non è, in questo caso, la continuazione della guerra con altri mezzi, come affermava Carl Schmitt, ma la manifestazione del suo vuoto.

Difendere l’egemonia statunitense messa in crisi dalle potenze emergenti e da un mondo multipolare agli albori, facendo affidamento sulla sola supremazia militare, indirizzare il conflitto contro una potenza nucleare, apparirebbe a qualsiasi studente di teoria politica internazionale ai primi anni universitari una aberrazione ma non ai giornalisti, ai politologi e ai diplomatici scesi a supporto della guerra per la “libertà dell’Ucraina”.

Quale libertà potremmo chiederci? La libertà di non divenire un Paese neutrale come l’Austria e la Svizzera? La libertà di non risolvere nell’ambito di una federazione i problemi concreti esistenti dal punto di vista linguistico, culturale e politico con le minoranze russofone? Povero popolo mandato al massacro, non mi stancherò di ripeterlo!

Una speranza vana
Avevo sperato nelle preoccupazioni elettorali di Biden. La cosiddetta “war fatigue” sottolineavano tanti analisti con un cinismo impressionante, avrebbe potuto minare il successo della campagna presidenziale. Vi sarebbe stato un interesse alla mediazione, almeno a un armistizio coreano dato anche l’orrore delle perdite subite durante la debole controffensiva di Kiev.

Gli Usa hanno raggiunto gran parte dei loro obiettivi geostrategici che almeno sette amministrazioni Usa da Ronald Reagan in poi hanno perseguito. Gli interessi energetici, innanzitutto. Il gas Usa a prezzi proibitivi per l’Europa rimpiazza in gran parte quello russo. Il complesso industriale della difesa ha ricevuto gli incentivi necessari a far marciare l’economia statunitense. La separazione della Russia dall’Europa e la fine della relazione speciale russo-tedesca sono state infine ottenute.

Il riequilibrio dei poteri tra vecchia e nuova Europa con una preminenza della seconda sulla prima è evidente anche ai ciechi. Ormai guardiamo impotenti alla fine delle ambizioni di difesa europea e autonomia strategica dell’Ue. In conclusione si tratta di un bel bottino che poteva suggerire una tregua.

Eppure l’investimento di 101 miliardi, l’ultimo promesso dal segretario di Stato Usa, Tony Blinken, nel suo recente incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev insieme alle bombe a grappolo e agli F16, purtroppo ci induce a pensare che l’Ucraina resterà l’Afghanistan di Europa, con un conflitto endemico capace forse di erodere alla lunga il potere economico e politico di Mosca ma anche la sovranità dell’Europa ormai in ginocchio, un “protettorato Usa” come Brzezinski con la sua solita lucidità la aveva già descritta.

L’unica soluzione
Come uscirne allora? Come immaginare Sisifo felice e tentare di trascinare la pietra fino in cima alla montagna anche se sappiamo che ricadrà a valle? Bisogna sperare nel bene e nella ragione anche quando essa appare lontana. La vecchia Europa, i popoli di Germania, Francia, Italia, dovrebbero far sentire la propria voce alle prossime elezioni europee premiando chi è contro la guerra, premiando chi non vuole tradire gli interessi nazionali e favorire la crisi economica-energetica che si ripercuoterà su imprese e famiglie.

Se il cuore dell’Europa prenderà le distanze dalla strategia Usa in ambito Nato qualcosa può ancora cambiare. Belgio, Lussemburgo, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta, Cipro, Slovenia, Bulgaria, Ungheria seguiranno. Una dialettica potrà aprirsi in seno alla Nato e all’Ue.

La Russia potrà essere indotta a più miti consigli se come indica la saggezza cinese si esce dall’ottica della guerra fredda e si ritorna ai principi dell’ Onu e dell’ Osce: rispetto della sovranità territoriale e integrità delle frontiere ma anche non interferenza negli affari interni di un Paese, indivisibilità della sicurezza e quindi non espansione di un’alleanza militare a spese della sicurezza di un altro Stato.

Il ritiro delle truppe russe potrebbe essere negoziato negli anni insieme alla graduale abolizione delle sanzioni. L’Ucraina federale e neutrale, con autonomia linguistica e regionale, libera di commerciare con l’Europa come con la Russia sarebbe l’auspicabile futuro. Questa l’unica possibile soluzione, questo il bene comune del popolo ucraino, dell’Europa e della Russia.

Un’utopia? Sì probabilmente come la democrazia lo è, oggi impoverita e sotto attacco, e in grado di trasformarsi ovunque in una oligarchia, nel potere delle multinazionali finanziarie e delle marionette politiche. Spetta alle forze dell’opposizione perseguire unite un’alternativa alla divisione dell’Europa e alla sua perenne instabilità. Spetta ai cittadini rifiutare la crisi economica e l’impoverimento.

Spetta a noi tutti allontanare il rischio di un conflitto nucleare e la divisione del mondo in blocchi militari l’un contro l’altro armati. L’unico fucile contro la guerra sono le nostre idee, la ragione. Come qualcuno, tradito dai suoi epigoni, affermava “spes contra spem”, ripetendo il motto che fu di Giorgio la Pira, mutuato da Paolo di Tarso nella lettera ai romani. Bisogna avere speranza anche quando le circostanze reali la scoraggiano. Appelliamoci all’ottimismo della volontà.

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