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Home » Esteri

Guerra a Gaza: dove prendono le armi Israele e Hamas?

Immagine di copertina
Credit: AP Photo

Dall’inizio della guerra a Gaza Tel Aviv ha riempito i suoi arsenali con bombe da 900 chili, munizioni di artiglieria e veicoli corazzati mentre il gruppo terroristico palestinese può contare per lo più su mortai, lanciarazzi, droni e fucili mitragliatori di epoca sovietica

Proseguono i combattimenti tra le forze armate israeliane e i miliziani di Hamas nella striscia di Gaza. Il bilancio delle vittime non smette di aumentare, ma da dove continuano ad arrivare le armi?

Il governo israeliano stima che l’attacco a sorpresa compiuto da Hamas il 7 ottobre scorso abbia ucciso 1.200 persone.

Da allora, entrambe le parti si sono lanciate missili, razzi, colpi di mortaio e non solo l’una contro l’altra. Secondo le Nazioni Unite, i missili e le bombe sganciate da Israele hanno ucciso oltre 25mila persone a Gaza. Hamas ha lanciato oltre 13mila tra razzi e colpi di mortaio contro il territorio dello Stato ebraico e ha ucciso almeno 189 soldati israeliani.

Come studioso dell’industria della difesa globale e del commercio internazionale di armi, so che sia Israele che Hamas riescono a produrre alcune delle proprie armi ma ottengono la restante parte da fornitori esteri.

Dove prende le armi Israele
Fin dalla sua fondazione nel 1948, Israele è stato profondamente consapevole di essere circondato da Paesi ostili molto più popolati. La sua strategia di difesa ha enfatizzato la necessità dell’autosufficienza e del ricorso a tecnologie avanzate. Questa filosofia è stata rafforzata e perfezionata dall’esperienza maturata nelle passate guerre del 1948-49, 1956, 1967 e 1973, così come nei precedenti conflitti a Gaza e in Cisgiordania.

E la spesa nazionale per il settore difesa corrisponde a queste priorità. Nel 2022, Israele ha speso il 4,5% del Prodotto interno lordo (Pil) per la propria difesa, una quota che risulta la più bassa degli ultimi decenni ma che è aumentata in termini pro capite – arrivando a 2.623 dollari – più di qualsiasi altro Paese del mondo, escluso il Qatar.

Per essere un piccolo Paese, Israele possiede un’industria della difesa molto apprezzata che, in caso di escalation, può aumentare la produzione anche con breve preavviso. Tre aziende israeliane figurano tra i primi 100 produttori di armi al mondo: Elbit Systems realizza munizioni e artiglieria; Israel Aerospace Industries produce droni; e Rafael si occupa di sistemi di difesa aerea. Rafael e Israel Aerospace Industries hanno collaborato per sviluppare l’apprezzato sistema di difesa missilistica Iron Dome. Gli Stati Uniti hanno finanziato il programma e circa la metà dei componenti di Iron Dome sono prodotti in America.

Grazie all’affermazione di queste imprese, Israele è passato dall’essere un importatore netto di armamenti a diventare il decimo esportatore di armi al mondo. Gran parte del suo successo nel settore degli armamenti è il risultato di grandi capacità imprenditoriali e della spinta all’innovazione che caratterizzano l’intera economia israeliana, nonché dei legami tra civili e militari. Poiché alla maggior parte degli israeliani viene richiesto di prestare servizio nelle forze armate, i cittadini israeliani sviluppano capacità decisionali e di leadership già in giovane età. Inoltre tendono a ricevere compiti con alti livelli di responsabilità. Tutto ciò contribuisce a una cultura imprenditoriale nazionale votata al modello startup.

Israele però importa armi anche da altri Paesi. Secondo il database sui trasferimenti di armi dello Stockholm International Peace Research Institute, il 68 per cento delle armi importate in Israele tra il 2013 e il 2022 proveniva dagli Stati Uniti. Un altro 28 per cento arrivava dalla Germania. L’import è in parte finanziato dai 3,3 miliardi di dollari di aiuti militari assicurati ogni anno allo Stato ebraico dagli Usa, insieme ai 500 milioni di dollari offerti da Washington a Tel Aviv per la cooperazione in materia di difesa missilistica.

Dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas, gli Stati Uniti hanno fornito allo Stato ebraico più di cinquemila bombe MK-84, un ordigno da 2.000 libbre (circa 900 chili, ndt). Alla fine dello scorso dicembre, gli Stati Uniti avevano inviato in Israele munizioni di artiglieria, veicoli corazzati ed equipaggiamenti di base per il combattimento a bordo di 230 aerei cargo e 20 navi.

Gli aiuti militari statunitensi allo Stato ebraico comprendono anche le armi in deposito. Per anni, il Pentagono ha immagazzinato armi in Israele, presumibilmente perché siano utilizzate dalle forze armate americane. Ma durante il conflitto a Gaza gli Stati Uniti hanno permesso a Israele di attingere da questo arsenale.

In effetti gli Usa hanno deciso di inviare in Ucraina alcuni degli armamenti custoditi in questi depositi, il che consente ai magazzini presenti in Israele di essere riforniti con attrezzature ancora più avanzate. Le bombe e le munizioni meno sofisticate spedite in Ucraina libereranno spazio nei magazzini, che saranno riforniti con missili e razzi teleguidati provenienti dagli Stati Uniti.

Dove prende le armi Hamas
In risposta all’embargo imposto da Israele, Hamas ha costruito un elaborato ed esteso complesso di tunnel sotto la striscia di Gaza e attraverso il confine egiziano. Il gruppo palestinese ottiene la maggior parte delle sue armi dall’Iran. Queste vengono trasportate attraverso l’Egitto e introdotte clandestinamente a Gaza attraverso la rete di gallerie sotterranee sotto la Striscia.

Ma tra le armi a disposizione di Hamas figurano anche fucili d’assalto Ak-47 provenienti da Cina e Russia e lanciarazzi prodotti in Corea del Nord e Bulgaria.

Nel commercio globale di armi, un settore a dir poco opaco, può essere difficile determinare chi venda armi a chi. Un’arma prodotta in un Paese potrebbe finire nelle mani dei miliziani di Hamas attraverso uno o più intermediari di altre nazioni. Come per altri beni non ad uso militare, anche nel settore degli armamenti esiste il fenomeno della contraffazione, che da sempre fa parte del business delle armi. I combattenti di Hamas ricorrono a un’ampia varietà di armi risalenti all’era sovietica, che sono state copiate e prodotte in Cina e Iran.

Il gruppo produce anche alcune armi a Gaza. Le fabbriche locali, alcune delle quali si trovano proprio all’interno della rete di tunnel sotterranei sotto la Striscia, fabbricano mortai, razzi, fucili mitragliatori e munizioni per armi leggere.

Alcuni Paesi, come la Russia, concedono a Hamas il permesso di imitare i loro prodotti per la difesa. L’Iran invece offre agli ingegneri di Gaza una formazione sulle tecniche di progettazione e produzione di armi. Ironicamente, quando l’esercito israeliano distrugge edifici e armamenti a Gaza, il materiale ricavato dalle macerie viene riciclato dalle fabbriche d’armi di Hamas.

Con il proseguimento della guerra, Israele sarà probabilmente in grado di rifornire i propri arsenali sostituendo le armi ormai esaurite, purché Washington continui a offrire a Tel Aviv sostegno politico e militare. Ma con Israele che occupa gran parte della Striscia di Gaza, sarà molto più difficile per Hamas rifornirsi.

L’articolo è stato originariamente pubblicato in lingua inglese su ©TheConversation.com

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