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Guida Bardi
Home » Esteri

Gli uomini dovrebbero portare il velo

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La blogger yemenita Hind Aleryani racconta la sua esperienza personale sull'universo femminile e quello maschile in Medio Oriente

Quando eravamo più giovani giocavamo tutti insieme nel giardino di mia zia. Bambine e bambini, senza distinzione. Siamo cresciuti insieme. Correvamo, giocavamo, ridevamo.

S&D

A volte facevamo la lotta per gioco. Guardavamo insieme la tv. Piangevamo insieme per la fine dei cartoni tristi. Siamo diventati un po’ più grandi e abbiamo iniziato a studiare insieme. Ogni volta che litigavamo minacciavamo di andare a fare la spia alla maestra. Eravamo soliti farci scherzi a vicenda. Ridevamo di cuore.

E così i giorni passavano.

Mia cugina e io stiamo guardando fuori dalla finestra. Osserviamo il giardino in cui mio cugino e i suoi amici stanno giocando. Questo è il giardino dove una volta giocavamo insieme. Un tempo questi erano nostri amici, erano i ragazzi con cui ci divertivamo insieme.

Cos’è successo? Perchè noi siamo prigioniere in casa mentre loro giocano a pallone in giardino in libertà? Siamo diventati più grandi? Il nostro corpo è cambiato? Siamo divenute un oggetto di tentazione che è necessario nascondere dalla vista delle altre persone? Non sono quelli i ragazzi che conosciamo da quando eravamo piccole?

Cos’è cambiato? Perché ora siamo come estranei? Perché devo correre via e nascondermi ogni volta che sento il suono delle loro voci? Solo perché il tono della sua voce è cambiato?

È per questo che non siamo più amici? Dovremmo comportarci diversamente gli uni verso gli altri? In modo diverso da come ci comportavamo ieri? Abbiamo iniziato a comportarci in modo timido e ansioso ogni volta che ci rivolgiamo la parola, abbiamo smesso di giocare insieme. Mia cugina e io abbiamo iniziato a guardare insieme le soap-opera messicane, come se fossimo due cinquantenni.

E così i giorni passavano.

Sono a scuola, ci stanno insegnando cosa esattamente una donna dovrebbe coprire. I suoi capelli sono tentazione, le sue ciglia sono tentazione. Mi sono ricordata del mio cantante preferito. Anche i suoi occhi erano belli, e i suoi capelli magnifici. Perché lui non indossa il velo? Mi sono posta questa domanda, ma tuttavia non sono riuscita a trovare una risposta.

Mi ricordo che mi fu vietato di giocare in giardino perché avevo raggiunto la pubertà. Ma ai miei amici maschi non fu vietato. Non erano in pubertà anche loro? Perché loro non sono stati imprigionati in casa? Continuavo a non saper rispondere.

E così i giorni passavano.

Lo sento dire di continuo: “Una donna è un gioiello che è necessario proteggere (ovvero coprire)”. Qualche volta si arriva addirittura a dire che una donna è come una caramella: “Se la scarti (ovvero togli il velo) le mosche la prenderanno d’assalto”.

Accendo la tv e ritrovo quello stesso cantante che adoro così tanto. Si accarezza i morbidi e setosi capelli, ostentando la sua bellezza. Le sue braccia sono nude, il suo petto è scoperto.

Perché questo oggetto di tentazione non è coperto? Perché lui non è segregato in casa? Le donne non sono forse tentate da lui? Secondo alcuni una donna non dovrebbe guardare certe cose. Ma allora non dovrebbe essere lo stesso anche per gli uomini? Non riuscivo a trovare alcuna risposta.

E così i giorni passavano.

Sono all’università. Vedo alcune persone mentre distribuiscono un piccolo libro religioso Tentazioni di una donna. I suoi capelli, i suoi piedi, i suoi occhi. “Una donna deve coprire uno dei suoi occhi, perchè tutti e due insieme sono una tentazione troppo grande”. Giuro, c’è scritto così nel libro! Sembra che non ci sia più nulla di cui parlare se non di quanto una donna sia una tentazione.

Ho deciso di osservare gli sguardi degli uomini. Volevo sapere come le donne avrebbero attratto gli uomini con le loro tentazioni. Davanti a me cammina una donna che indossa un abaya attillato (una sorta di lunga coperta nera). Ah! L’ho scoperta. Lei è un oggetto di tentazione.

Continuo a osservare. Davanti a me cammina una donna, anche lei con un abaya, anche se più largo, che le lascia scoperto il viso. L’uomo la guarda. Ah! Dunque anche il suo viso è una tentazione. Una terza donna mi cammina di fronte. Il suo viso è coperto e lei indossa un largo abaya, lungo dalla testa ai piedi.

L’uomo la sta guardando. Ma come? Non capisco. Cosa c’è di allettante in un abaya nero? Niente occhi, niente piedi. Cosa sta guardando quell’uomo? In quel momento ho realizzato che non c’entra niente l’abbigliamento con tutto ciò. Gli uomini guardano in tutte le occasioni.

Però lui, con le spalle larghe, i capelli, gli occhi e le labbra non è considerato un oggetto di tentazione, neanche se tutte le donne del mondo lo guardassero lo sarebbe. Lui è un uomo. Non dovrebbe nascondersi in casa, nessuno lo chiama “gioiello”. In quel momento neanche io sarei voluta essere un gioiello. Avrei voluto essere un uomo libero.

E così i giorni passavano.

Sono in un paese occidentale. Alcune donne mi camminano intorno. Una indossa i pantaloni, un’altra una gonna corta e un’altra ancora un paio di shorts. Uomini e donne camminano fianco a fianco. È così strano, nessuno le fissa. Perché non vedo gli sguardi che lanciavano gli uomini nel mio paese? Quegli sguardi che facevano sentire una donna come se fosse nuda, quegli sguardi che odiavo. Quelli che mi facevano odiare l’essere al mondo, l’essere nata donna. Quegli sguardi che mi negavano la mia umanità. Perché qui non li vedo?

Tutte le donne sono agghindate. Perché non vedo quegli sguardi, anche se tutte le donne qua sono attraenti? Ne ho vista una correre e ridere e mi sono ricordata che a me correre era proibito. Mi sono ricordata la finestra di mia zia, mi sono ricordata come io fossi un oggetto di tentazione e dovessi essere coperta.

Mi sono ricordata di come un uomo nel mio Paese possa vestire di bianco mentre io devo essere coperta di nero. Mi sono domandata: perché gli uomini non si vestono di nero? Perché gli uomini non celano il proprio volto? Ma non sono riuscita a trovare una rispostap

E così passano i giorni.

*Hind Aleryani è una giornalista e blogger yemenita. Il suo articolo è stato pubblicato su ‘Your Middle East’.

*Traduzione a cura di Eleonora Cortopassi

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