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    Odio online, la Francia inizia la discussione di una legge per limitarlo. In cosa consiste e a che punto è l’Italia

    Di Maria Elena Gottarelli
    Pubblicato il 4 Lug. 2019 alle 18:09 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:28

    Mercoledì 3 luglio, in Francia, l’Assemblea Nazionale ha iniziato la discussione di un disegno di legge volto a limitare la proliferazione dei discorsi e commenti di odio online.

    Negli ultimi giorni si è parlato molto di hate speech, vale a dire quell’ondata incontrollata d’intolleranza che pervade in modo inquietante tanto i social network quanto la vita reale. Dalla comandante Carola Rackete alla capitana della nazionale di calcio femminile Sara Gama passando per Emma Marrone e Giorgia Meloni, le donne sembrano i principali bersagli di questo conato collettivo di insulti.

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    Si tratta tuttavia di un fenomeno non solo italiano ma globale. Il 3 luglio la Francia ha compiuto un passo in direzione della lotta contro i discorsi di odio online. L’Assemblea Nazionale ha iniziato la discussione di un disegno di legge che mira a obbligare i giganti di Internet quali Facebook, YouTube e Twitter a cancellare messaggi violenti o discriminatori entro 24 ore.

    Il testo della possibile legge è stato proposto dalla deputata LRM di Parigi (La République en marche, il partito del presidente Emmanuel Macron) Laetitia Avia.

    Come spiega il quotidiano francese Le Monde, la legge si pone l’obiettivo di incidere sul funzionamento delle grandi piattaforme online imponendo loro delle direttive precise:  in particolare, quella di cancellare determinati messaggi entro un certo periodo di tempo (24 ore).

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    In realtà, una legge per regolare il traffico di commenti online esiste già, ma il suo impatto è molto limitato per via della sua complessità e della quasi assenza di sanzioni. Il nuovo testo propone sanzioni più rigide nei confronti delle piattaforme Internet che non oscurino i commenti d’odio segnalati dagli utenti (fino al 4 per cento dell’incasso annuale mondiale).

    Come riportato sempre da Le Monde, le grandi piattaforme sono in larga parte favorevoli a questa legge, anche se lo scorso 1 luglio tre lobby hanno sottolineato le possibili difficoltà nell’applicazione della norma in quanto il suo margine di interpretazione sarebbe troppo ampio.

    Un altro problema sollevato dai detrattori della legge è quello relativo alla censura e alla libertà di espressione. Fino a che punto è legittimo limitare il diritto di espressione del proprio pensiero? Ne va della definizione di hate speech, discorso di odio.

    In Francia, la legge attuale stabilisce che per “discorso di odio” si intendono commenti violenti e discriminatori relativi all’origine, l’etnia, la religione, l’orientamento sessuale oppure discorsi che incitano al terrorismo.

    E in Italia? L’ultima modifica alla legge contro il cyberbullismo è stata apportata nel 2017, quando il Parlamento ha stabilito la creazione di canali di comunicazioni anche per i minori a partire da 14 anni. Al tempo stesso, sono state inasprite le pene per le piattaforme che, in seguito a una segnalazione, non cancellano il commento di odio.

    Come osserva Giovanna Boschetti su Repubblica, il passo in avanti compiuto dal Parlamento non è sufficiente (lo dimostra il dilagare della retorica dell’intolleranza, attualmente sotto gli occhi di tutti).

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    “Se non si rafforzano alcuni strumenti, il rischio è che le leggi e il codice penale rimangano lettera morta”.

    “Il diritto- continua- esiste, ma non è possibile esercitarlo in modo immediato. Basterebbero misure molto semplici ad esempio i siti potrebbero indicare in modo chiaro come contattare lo staff per ottenere la rimozione di alcuni contenuti”.

    E conclude: “Anche i provider possono fare la loro parte, mettendo a disposizione personale qualificato a intervenire, anche instaurando un dialogo tra gli utenti e gli operatori, e tra operatori stessi”.

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