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Home » Esteri

La fossa comune nella giungla

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Più di 30 cadaveri di immigrati di etnia rohingya sono stati trovati nella provincia thailandese di Songkhla, al confine tra Thailandia e Malesia

I cadaveri di più di 30 persone sono stati trovati il primo maggio scorso nella giungla nella provincia thailandese di Songkhla, vicino al confine tra Thailandia e Malesia.

Qualche cadavere era sepolto in fosse poco profonde, mentre altri erano stati semplicemente nascosti sotto a coperte e vestiti e lasciati a cielo aperto.

La polizia thailandese ha fatto sapere che si tratta dei corpi di immigrati di etnia rohingya provenienti dalla Birmania, ma che per il momento non è chiaro se siano stati uccisi o se invece siano morti di fame o di qualche malattia.

La polizia ipotizza che i decessi siano avvenuti mentre i rohingya erano nelle mani di trafficanti di essere umani che li avrebbero chiusi in alcune gabbie nella foresta mentre aspettavano il pagamento della tariffa richiesta per trasportarli in Malesia.

Uno dei sopravvissuti ha riferito al quotidiano thailandese The Nation che i migranti sarebbero stati uccisi con colpi di arma da fuoco e a bastonate da trafficanti di esseri umani.

L’uomo ha aggiunto di aver sentito dire che i migranti uccisi in vari campi lungo il confine thai-malese sarebbero più di 500.

Per anni, le organizzazioni per i diritti umani ed i giornalisti investigativi hanno riferito di fiorenti reti di traffico di esseri umani che operano con il sostegno e la protezione di funzionari corrotti nel sud della Thailandia.

L’anno scorso, il Dipartimento di Stato americano nel suo Trafficking in Persons Report (Rapporto sul traffico di esseri umani) ha declassato Thailandia al livello 3, il peggior rating possibile, per non aver fatto abbastanza per combattere il traffico di esseri umani e perché una parte delle forze predisposte a combattere i trafficanti risulta invece direttamente o indirettamente coinvolta in questi crimini.

I rohingya sono un gruppo etnico di religione musulmana presente soprattutto nell’Arakan, una regione della Birmania occidentale, dove vivono una realtà di abusi e persecuzioni.

Per i rohingya che decidono di scappare dalla Birmania, la Thailandia è spesso una inevitabile stazione di passaggio. Qui ai rohingya non viene riconosciuto lo status di profughi e di conseguenza vengono trattati come “immigranti illegali” e rischiano l’espulsione immediata.

A volte vengono rinchiusi in sovraffollati centri di detenzione dove si ritiene che, in base ad accordi illegali, alcuni vengano trasferiti direttamente nelle mani di bande di trafficanti di esseri umani dove, oltre a ricevere un trattamento crudele, i migranti perdono ogni prospettiva di assistenza da parte delle autorità.

Per via della connivenza tra autorità thailandesi e trafficanti di esseri umani, Human Rights Watch (Hrw) ha chiesto l’apertura di un’indagine indipendente con il coinvolgimento delle Nazioni Unite: “La tratta di persone in questa area della Thailandia è fuori controllo da molto tempo, gli alti funzionari thailandesi lo hanno ammesso”, ha detto Brad Adams, direttore di Hrw per l’Asia.

“La scoperta di una fossa comune in un campo di smistamento gestito da trafficanti di esseri umani purtroppo non è una grande sorpresa. Il lungo coinvolgimento di funzionari thailandesi nel traffico di esseri umani significa che per scoprire la verità e punire i responsabili è necessaria un’indagine indipendente con il coinvolgimento delle Nazioni Unite”.

Come i precedenti governi thailandesi, la giunta militare guidata del golpista Prayuth Chan-ocha non consente all’ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) di condurre le pratiche di accertamento dello status di rifugiati dei migranti di etnia rohingya.

“Ogni anno decine di migliaia di Rohingya fuggono dalla Birmania a causa della terribile situazione dei diritti umani e finiscono per essere ulteriormente abusati e sfruttati nelle mani dei trafficanti in Thailandia”, ha detto Brad Adams.

“La scoperta di queste fosse comuni dovrebbe convincere il governo thailandese a combattere le reti di trafficanti che arricchiscono i funzionari sulla pelle di persone estremamente vulnerabili. Invece di ammassare i rohingya in centri di detenzione, il governo dovrebbe garantire loro sicurezza e protezione “.

Alessio Fratticcioli è un giornalista italiano fondatore del sito asiablog.it e collabora con The Post Internazionale. Il suo articolo è stato pubblicato qui.

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