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Finlandia in trincea, l’attivista sami Janne Hirvasvuopio a TPI: “Vi racconto la resistenza del popolo più antico d’Europa”

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Janne Hirvasvuopio ha 33 anni e discende da una delle prime comunità indigene del Vecchio Continente. Ora però, con la svolta a destra del Paese, teme per l’autonomia della sua gente: “Stavolta non avremo rappresentanti in Parlamento”, dice a TPI. Ma la battaglia continua

«Ai finlandesi piace sentirsi dire che vivono nel miglior paese al mondo. Non riescono a vedere i loro stessi difetti. Il razzismo è ancora un problema». Janne Hirvasvuopio è nato 33 anni fa nei pressi di Helsinki, da madre finlandese e padre sami, il popolo indigeno più antico d’Europa. Papà Hirvas era originario di Vuotso, piccolo villaggio nel sud della Lapponia, una terra che i sami abitano da 5mila anni, molto prima che esistessero i confini nazionali. Per questo preferiscono il termine Sápmi, terra dei sami, che indica un vasto territorio a nord dalla Norvegia alla Russia.

«È lì che ho i ricordi più affettuosi della mia infanzia», racconta Hirvasvuopio. Oggi è un attivista per i diritti del suo popolo e membro della comunità LGBTIQ+, con molti ruoli politici: assessore del comune di Espoo, assistente dell’ex ministra dell’Ambiente Emma Kari, responsabile di alcune commissioni delle istituzioni sami e candidato alle elezioni parlamentari dello scorso 2 aprile con i Verdi. La caduta del partito, però, e la vittoria dei conservatori di Coalizione Nazionale non gli hanno permesso di ottenere un seggio. La sconfitta della premier uscente Sanna Marin, ex alleata dei Verdi, segna una svolta verso destra e adesso la paura è che il nuovo governo possa complicare l’autonomia del suo popolo. «Questa volta i sami non avranno un rappresentante in Parlamento ma continuerò la battaglia per i nostri diritti più di prima», spiega.

La carriera di Hirvasvuopio è iniziata per le stesse ragioni che obbligarono sua nonna ad abbandonare la sua casa. Erano gli anni ‘60 quando lo Stato finlandese comprò ed espropriò forzosamente alcune abitazioni nell’area di Vuotso per radere al suolo l’intero villaggio e fare spazio a una diga accompagnata da un gigantesco bacino idrico. La zona perse parte dei pascoli di renne e la sua ricca tradizione di pesca del salmone, le due principali attività del territorio, mentre gli abitanti furono trasferiti in lande più povere.

Lo sfruttamento delle risorse naturali lapponi ha una lunga storia che parte dai cercatori d’oro e continua ancora oggi con l’esplorazione delle miniere e la deforestazione. Nel 2019, Hirvasvuopio decise di partecipare alla campagna elettorale di Riikka Karppinen, una giovane politica candidata come deputata per la Lapponia, forte oppositrice dell’esplorazione mineraria nella palude di Viiankiaapa. Lei non ce la fece ma Hirvasvuopio continuò la lotta da dentro il Parlamento, come assistente di Kari, raggiungendo l’obiettivo di creare nuove zone protette grazie a una legge sulla protezione delle aree naturali.

L’importanza della terra
«La terra è diversa quando sai che qui ci sono le radici degli antenati», scrive Nils-Aslak Valkeapää nella poesia La terra è diversa. Diversa è anche la concezione di proprietà secondo la cultura sami: «Ci sono differenze tra la proprietà nel senso occidentale, quella privata, e nel senso sami, cioè l’uso collettivo. Io preferirei dire che è la terra che usiamo piuttosto che la terra che possediamo», spiega Hirvasvuopio. Per secoli, infatti, i sami si sono mossi come nomadi lungo tutto il nord seguendo le renne. Poi però sono arrivati i confini nazionali e le imposte dei vari Stati sulle loro terre.

Nel corso della storia ogni Paese ha portato avanti diverse strategie di assimilazione. Nel 1751, il Codicillo Lappone concesse ai sami di attraversare i confini tra Norvegia e Svezia, ma a condizione di scegliere la propria cittadinanza. Nel 1902 una legge norvegese impose di garantire la proprietà della terra solo a chi avesse parlato la lingua nazionale, mentre la Svezia concesse i diritti di caccia e pesca soltanto ai sami che avevano conservato il loro tradizionale stile di vita.

Il caso della Finlandia, però, è diverso. «La Finlandia non ha varato vere e proprie leggi per assimilare il popolo sami. Si è trattata di un’assimilazione più sfumata. Ed è per questo che è più difficile per i finlandesi capire che anche loro sono stati colonizzatori». La motivazione di questa tendenza, secondo Hirvasvuopio risiede nella storia del Paese, per secoli sotto il dominio di Svezia e Russia, con l’indipendenza arrivata solo nel 1917. «I finlandesi sono abituati a considerarsi vittime, non carnefici. Quindi non riescono a capire che le azioni che hanno compiuto fanno parte di un passato coloniale», sostiene.

Da tre legislature si sta tentando di concedere ai Sami più potere sulle questioni che li riguardano attraverso una riforma del Sami Parliament Act, uno degli strumenti che definisce i rapporti tra il governo finlandese e il Parlamento Sami, presente anche in Svezia e Norvegia con funzioni principalmente lobbistiche. La revisione di una delle clausole concederebbe di avere più voce in capitolo su temi come il disboscamento o la costruzione di un parco eolico. «Ma non vuol dire che i Sami abbiano potere di veto», precisa Hirvasvuopio. La Commissione per gli Affari Costituzionali, che avrebbe dovuto approvare la riforma ha però accantonato la questione con la fine della legislatura, lasciando il posto alla campagna elettorale. E ora, con la svolta a destra, questo obiettivo diventa sempre più difficile.

Tra ritardi e intimidazioni
Le principali ragioni del ritardo riguardano soprattutto le reticenze del Partito di Centro, una delle formazioni della coalizione dell’ex premier Marin. «Il Centro è molto noto per le sue politiche a favore della deforestazione, del disboscamento e dell’industria della cellulosa. Hanno paura di perdere il sostegno delle industrie», dice l’attivista. L’ennesimo fallimento sulla riforma del Sami Parliament Act potrebbe complicare anche il lavoro del Truth and Reconciliation Commission Concerning the Sami People, un’iniziativa per discutere gli effetti delle politiche finlandesi sui Sami. Ne fanno parte esponenti del Governo e del Sami Council, una ong con sede in Norvegia che si occupa di diritti e di promozione culturale.

Da quattro anni, Hirvasvuopio riceve periodicamente insulti e intimidazioni sui social. Poi a San Valentino, è arrivata una cartolina: «Ho già ucciso. Stai zitto», la prima minaccia di morte mai ricevuta. Il dibattito sul Sami Parliament Act ha finito per peggiorare la situazione, con gli esponenti del Centro ad alimentare la tensione. Uno di loro, Mikko Kärnä, è arrivato a definire le istituzioni Sami «apertamente razziste ed etnocentriche», criticando il deputato dei Verdi Iiris Suomela, che ha denunciato l’infiltrazione dei finlandesi nel parlamento indigeno. Il Sami Parliament Act avrebbe dovuto infatti cambiare anche la definizione di cosa si intende per Sami e di chi può considerarsi tale. Tra chi è stato accusato di razzismo c’è anche Hirvasvuopio. 

«La paura c’è e non è infondata. Ma se guardiamo a quanto abbiamo ottenuto come popolo così piccolo, siamo riusciti a decolonizzare molto di quello che ha fatto la Finlandia. Stiamo combattendo una battaglia ma non la stiamo perdendo», dice Hirvasvuopio. I Sami sono stati capaci di accantonare le loro differenze per salvaguardare la loro autonomia. Lo hanno dimostrato con il sami Parliament Act, che resterà un tema nevralgico anche nella prossima legislatura. Una perseveranza riassunta dalle parole del loro inno: «Sempre vigili, mai piegati agli incursori assassini, ai mercanti maligni o astuti, ingannevoli esattori! […] Nessuna concessione alla guerra né versamento di sangue fraterno. Popolo Sami, popolo di pace!».

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