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El Niño minaccia il clima del pianeta

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Dal Sudamerica all’Africa, persistono alluvioni e siccità anomali causate dal fenomeno metereologico El Niño

È uno dei più forti fenomeni atmosferici registrati negli ultimi cinquant’anni. El Niño è un fenomeno climatico che si manifesta di solito ogni cinque anni, o in un periodo tra i tre e i sette anni.

Si genera nella parte centrale e orientale della zona equatoriale dell’oceano Pacifico, quando la temperatura della superficie dell’acqua aumenta di almeno 0,5 gradi per un minimo di cinque mesi.

La prima testimonianza del fenomeno viene attribuita ad alcuni pescatori sudamericani del Diciassettesimo secolo, che riscontrarono stupiti quanto fosse stranamente calda l’acqua dell’oceano.

Il nome El Niño – bambino in spagnolo – è stato scelto per ricordare la nascita di Gesù perché è nel mese di dicembre che questo fenomeno si percepisce maggiormente.

Nel 2015 El Niño – soprannominato Godzilla – ha portato a una vera e propria esplosione di colori nel deserto di Atacama, che si trova nel nord del Cile. Qui ci sono le immagini.

Solitamente i Paesi colpiti sono quelli del centro e sud America, del sudest asiatico e dell’Oceania, anche se si ritiene che possa avere ripercussioni sull’intero clima terrestre.

A risentirne, questa volta, sono anche alcuni Paesi africani colpiti dalla carestia: Somalia, Malawi, Kenya ed Etiopia.

“Siccità e devastanti alluvioni sono i segni distintivi di questo fenomeno”, ha affermato Michel Jarraud, segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale.

L’effetto di El Niño cambia completamente sulle due sponde dell’oceano. Negli Stati Uniti ci si aspetta un inverno più freddo e piovoso del solito, mentre nella regione delle Ande si teme si possa ripetere la catastrofe dell’ultimo grande Niño del 1997/98, che con le sue alluvioni distrusse o danneggiò 135mila case e comportò un danno economico stimato sui 7,5 miliardi di dollari.

Altre aree del mondo, invece, a causa di El Niño devono fare i conti con l’estrema siccità. Le foreste dell’Indonesia hanno bruciato per settimane sprigionando, solo nel mese di settembre, una quantità giornaliera di anidride carbonica maggiore rispetto a quella prodotta dall’intero Regno Unito.

In Papua Nuova Guinea più di venti persone sono morte di fame o dopo aver bevuto acqua contaminata. In tutto il Pacifico, secondo l’ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, ci sarebbero più di quattro milioni di persone che rischiano di contrarre nuove malattie o di morire di fame.

Oltre ad alluvioni, frane e mancati raccolti, il problema riguarda anche la pesca. La corrente calda che El Niño porta verso est è povera di elementi nutritivi, al contrario della corrente ordinaria che porta il plancton in superficie dalle profondità dell’oceano. La sua mancanza comporta una presenza minore di pesci, e si rivela un danno enorme per le comunità del Pacifico.

El Niño dovrebbe persistere fino alla prossima primavera, raggiungendo il picco della sua potenza tra dicembre 2015 e gennaio 2016.

L’Australia si sta preparando a un’estate bollente. Le conseguenze del fenomeno si dovrebbero sentire soprattutto nella parte meridionale del Paese, dove alle alte temperature e alla penuria d’acqua va anche aggiunto l’aumento del già elevato rischio incendi.

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