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    Ma quale razzismo. Sono le donne il punto debole di Trump

    Le vicende razziali legate al caso di George Floyd, l'epidemia di Coronavirus e la crisi economica: il presidente Usa Donald Trump è in difficoltà nei sondaggi e non piace alle donne, suo vero punto debole nei consensi. Ma attenzione a darlo già per spacciato

    Di Massimo Romano
    Pubblicato il 19 Giu. 2020 alle 14:42 Aggiornato il 19 Giu. 2020 alle 14:44

    Non c’è dubbio. Le vicende razziali legate al caso di George Floyd, che hanno scosso il mondo intero e che non sembrano fermarsi, sono state un duro colpo per la ricandidatura di Donald Trump alla presidenza Usa. Da sempre, la popolazione afroamericana è legata ai democratici. Ed è anche la fascia di elettori nella quale si registra, però, la più alta percentuale di astensioni. Uno swing-State interno.

    Un vantaggio che Biden rischia di bruciare sul nascere

    Sul caso Floyd si sono schierati interi Paesi, il mondo dello sport, le aziende (con spot che hanno ottenuto il plauso anche dei brand concorrenti) ed è stata l’occasione per riunire finalmente tutto il Partito Democratico americano. L’occasione giusta per Joe Biden che, però, intervistato nel talk show radiofonico The Breakfast club commette una delle sue gaffe. Questa volta grave e pericolosa: “Chi è indeciso se votare per me o per Trump non è un vero nero”. Una frase razzista, ingenua e criticata aspramente, tanto da obbligare il candidato Dem alle pubbliche scuse.

    A differenza del suo avversario, Biden sembra un mero osservatore in tutta questa faccenda e non è in grado di sfruttare la sua occasione migliore. Non riesce a trovare lo spazio che vorrebbe. Trump è tutti i giorni in televisione grazie alle sue conferenze stampa, il suo sfidante è costretto a comunicare con i suoi elettori da casa, in streaming.

    Crisi economica. La storia dice che a farne le spese è sempre il presidente uscente

    Nel 1932 Herbert Hoover pagò il costo della Grande Depressione, uscendo sconfitto contro Franklin Delano Roosevelt. Nel 1992, la recessione costò la rielezione a George H.W. Bush che perse contro Clinton. Barack Obama si salvò per il rotto della cuffia perché la crisi del 2009 arrivò subito dopo la sua elezione.

    L’ex stratega di Bill Clinton, James Carville, diceva: “It’s the economy, stupid!”. La disoccupazione negli Usa sta toccando cifre record e non sta calando velocemente come avevano previsto gli esperti. La gestione della crisi dovuta al Coronavirus da parte della Casa Bianca, inoltre, sembra essere il fattore che sposterà maggiormente il voto degli americani. Almeno nei sondaggi. Ma tutto questo basterà a battere il Tycoon?

    Le donne. Il vero punto debole di Donald Trump

    Joe Biden, continua a guadagnare terreno nei consensi rispetto al presidente in carica. Tra le fasce della popolazione sbilanciate in favore del candidato democratico, le donne. Il candidato Dem registra un vantaggio di 20 punti percentuali su Trump in questa fascia di elettorato.

    Secondo l’ultimo sondaggio di Gallup, solo il 36 per cento delle donne approva l’operato del presidente, rispetto al 49 per cento registrato tra gli uomini. Il divario è tra i più alti dall’inizio del mandato. L’insoddisfazione delle donne potrebbe avere un effetto concreto sull’esito delle elezioni, soprattutto se questo sentimento spingerà le più giovani ad andare a votare.

    Gli Stati Uniti sono d’altronde uno dei pochi Paesi occidentali con una percentuale maggiore di donne rispetto agli uomini. Se si analizza l’elettorato degli Stati che garantiscono un numero più alto di Grandi Elettori (quelli che decidono di fatto la vittoria delle elezioni), vediamo che Texas, New York, California e Florida sono quelli con la percentuale più alta di elettorato femminile.

    Mai far arrabbiare una donna…

    Solo a gennaio, per la prima volta nella storia, il numero delle donne che lavoravano negli Stati Uniti superava quello degli uomini. La pandemia ha distrutto in pochi mesi questo primato. Le donne che hanno perso il lavoro sono un 10 per cento in più degli uomini. Negli Usa, per esempio, sono donne il 73 per cento degli addetti dei negozi di abbigliamento, il 71 per cento di quelli di oggettistica ed il 75 per cento dei fiorai. Nel settore dell’ospitalità, ristoranti ed alberghi, sono sempre maggioranza.

    Anni di dichiarazioni e comportamenti sessisti di Trump, una gestione della pandemia maldestra e lacunosa, in parte responsabile della crisi economica e della disoccupazione attuale. Sono fattori che potrebbero convincere le donne a schierarsi compatte per Biden.

    Trump. Tanti soldi ma una comunicazione povera

    Se il presidente Usa macina miliardi in raccolta fondi (e certamente i soldi non gli mancano), dal punto di vista della comunicazione non decolla. Dopo aver litigato con Twitter, che alla fine di maggio aveva sottoposto alcuni suoi tweet al fact-checking, si è poi trovato con un post rimosso dallo staff di Facebook per l’uso di un simbolo nazista. Non è bastato il suo ordine esecutivo, che ha reso tutti i social network responsabili di ciò che pubblicano, per frenare la democrazia.

    Pochi giorni fa ha dichiarato fiero che la prima donna sulla Luna sarà americana. Ma durante la visita alla Saint John Paul II National Shrine, ha obbligato la moglie a sorridere per una foto di rito. Lo sforzo di Melania, visibilmente controvoglia, ha scatenato l’ironia del web. E l’ira delle donne. E Biden? Per il ruolo di vicepresidente sta scegliendo una donna afroamericana. In lista Kamala Harris, Val Demings, Keisha Kance Bottoms, Susan Rice, Stacey Adams.

    Ma attenzione ai sondaggi, alla desiderabilità sociale e all’“effetto Bradley”

    I sondaggi sono tutti a favore di Joe Biden. Ma sappiamo come sono i sondaggi. Anche Hilary Clinton era avanti nelle intenzioni di voto rispetto al Tycoon. Nel 1982 Tom Bradley, sindaco di colore democratico di Los Angeles, si candidò a governatore della California e, nonostante i sondaggi lo dessero in netto vantaggio, fu sconfitto da George Deukmejian, il rappresentante bianco dei repubblicani. Effetto Bradley.

    È la desiderabilità sociale e impatta sulla veridicità dei sondaggi. Una distorsione idealistica, che in gergo si chiama “bias di risposta”. In sostanza, nei sondaggi, un soggetto che viene intervistato è spinto a rispondere nel modo più “politicamente corretto” per guadagnarsi o godere di una “buona reputazione”. Ma alla fine vota in maniera diversa. Un po’ come quando, per una decina di anni, la maggioranza degli italiani diceva che non avrebbe mai votato per Berlusconi…

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